29 ottobre 2018

La scommessa di Dyson





Dyson e l'auto elettrica, un connubio che potrebbe spiazzare le Case tradizionali, oppure segnare il de profundis per l'imprenditore brit. Da quando nel 1993 il suo filtro antiparticolato per Diesel fu rifiutato, dando così il via alla più brillante crescita di ripiego del mondo industriale moderno con la sua azienda di aspirapolvere top end, si direbbe che il baronetto inglese abbia conservato nel cassetto la sua predilezione per il mondo automotive e che ora, con i suoi progetti a lungo termine, ne veda la possibilità realizzativa. Al di là dell'orgoglio britannico, però, Dyson sa bene che il mercato più promettente per l'elettrico è quello cinese e lo spostamento delle attività produttive in Asia segue tale logica. L'investimento per ora è di 2 miliardi di sterline, quasi un miliardo e 750 milioni di euro, cifra notevole anche per un'azienda che fa incrementi del 40% nel fatturato sull'anno precedente. La scommessa più rischiosa è quella sulle batterie a elettrolita solido, quelle che hanno assorbito a oggi metà dell'investimento complessivo e che Toyota, con investimenti stellari all'attivo, ha dichiarato sarebbero pronte per la produzione nel 2020, proprio l'anno in cui Dyson ha pianificato il lancio della sua prima auto. Ma per trovare uno spazio di mercato nel confronto con i colossi del settore, che possono fruire di economie di scala assai maggiori rispetto a un'azienda il cui background è quello dei piccoli elettrodomestici, occorrerà un dumping che potrebbe portare la società britannica finanziariamente fuori dai giochi. Tesla ha trovato la sua collocazione giocando d'anticipo e con prodotti alto di gamma. Avere lo stesso successo con auto popolari è tutta un'altra storia. Se VW, come ha dichiarato, venderà allo stesso prezzo delle attuali auto di segmento C le sue prossime elettriche, per Dyson la scommessa potrebbe avere esito fatale.

Niente limiti alla potenza









Siamo alla vigilia del SEMA, il salone delle elaborazioni di Las Vegas, e oltre a una serie di novità riguardo i Ram, con un restyling ancora più hard per i modelli 2019, Mopar ha in serbo un nuovo motore V8 ad alte prestazioni. Visto che ormai gli yankee si dividono tra fughe elettriche in avanti e  rivisitazioni tecniche del passato, FCA, che di investimenti high tech ne ha fatti pochi, insiste sulla seconda categoria. Così rispolvera il nome di elephant engine per il nuovo 426 cid, che facendo l'equivalenza dai pollici cubi fanno 6.978 cm3. Una bella bestia, dunque anche più del 6.2 che equipaggia attualmente le Challenger e Charger Hellcat da 717 CV. Posso solo immaginare cosa spari fuori un sovralimentato di quella cubatura, ma per il momento Mopar non ha rivelato ancora nessun dato tecnico. Mi toccano però due considerazioni per fare il punto. Primo. Se ci si basa sul teaser, il fatto che l'elefante abbia cattive intenzioni nei confronti della Hellacat intenta al furioso burnout la dice lunga. Secondo. Per una strana abitudine tutta a stelle e strisce (ma ci sono pure esempi europei tipo la M5), alcuni motori vengono omologati con potenza nettamente inferiore alla realtà. E' il caso della Corvette L88, che a fronte dei 441 CV dichiarati ne erogava quasi 550, ma venendo ai giorni nostri, le Hellcat messe al banco sparano 750 cavalli, mentre le Demon da 840 superano i 900 CV. Detto questo, pare che dovremo attendere fino a domani per sapere cosa aspettarsi ufficialmente dal pachiderma.

26 ottobre 2018

Al di là del lusso









Cosa c'è oltre il lusso? Forse la perdita del senno, quantomeno a guardare certe sortite. Rolls Royce con la Bespoke era certa di aver raggiunto il massimo (di sicuro quanto a prezzo) nell'ambito delle berline di ultralusso. Ma per uno dei suoi clienti ha deciso che si poteva fare qualcosina in più. Tipo contattare una delle Case creatrici di gioielli più esclusive al mondo, Fabergé, per dare un conveniente alloggio allo Spirit of Ecstasy, la famosa statuetta che da sempre sta sul partenone delle Rolls. Le uova di Fabergé sono famose, ne vennero prodotte 59 dal gioielliere tra il 1885 e il 1917, tutte per lo zar (Fabergé divenne gioielliere di corte) tranne 7 per il nobile Alexander Kelch che le regalò alla moglie. Realizzazioni mitiche per raffinatezza e preziosità, le prime richiedevano un anno di lavoro per la loro creazione. Dunque RR ha commissionato al gioielliere un particolare uovo in oro bianco a 18 carati, con l'aggiunta di 10 carati di diamanti bianchi e una ametista da 390 carati affettata in 12 spicchi, da collocare sul radiatore della Bespoke ad avvolgere la già preziosa statuetta, esclusività decisamente decadente e quasi anacronistica destinata a un anonimo acquirente già possessore di uova, ça va sans dire. L'uovo si apre all'accensione del motore e si richiude al suo spegnimento. In un certo senso si tratta dunque di una protezione per la statuetta, una gabbia dorata che però impedisce l'installazione dell'abituale meccanismo a scatto che la fa ritrarre quando viene toccata. Una protezione molto più preziosa della statuetta stessa, quindi, ma sono certo che la Rolls dell'anonimo Paperone si muoverà solo in ambienti controllati. C'è chi può...

Al record in famiglia









Se l'argomento è AMG e nello specifico la nuova GT 63 S 4MATIC+ 4-Door Coupé (un tantino chilometrico il nome, n'est-ce pas?), può mancare, prima o poi un bel giro tirato sul Ring? Eccolo infatti. Con 7:25:41 pone la tedesca al vertice tra le vetture a 4 posti, anche se la Jaguar, a guardare i tempi, ha fatto meglio con la sua XE SV Project 8, 7:21,23. Come mai? Semplice, il marchio indiano per il proprio lap ha preparato la vettura rimuovendo i sedili posteriori allo scopo di ridurre il peso. L'auto non era perciò in condizioni standard e quindi AMG ha guadagnato di diritto la prima posizione. Certo, siamo lontani dal tempo assoluto attualmente in vigore, 6:44.97 della Lambo Aventador SVJ, e pure l'animale verde opaco (leggi GT R) sta ancora sotto di una bella quindicina di secondi, 7:10.92. Ma se devi fare una scelta tra famiglia e loisir e vuoi prendere due piccioni con una fava, stiamo mica male: 639 CV, 900 Nm e uno 0-100 in 3,2 secondi sono sufficienti a toglierti qualunque sfizio anche sulle strade normali.

25 ottobre 2018

In Cina debutta l'assistente olografico

















Che il mondo a Est sia diverso dal nostro lo sappiamo tutti. Valori, criteri, priorità sono del tutto differenti, così come ciò che è cool. Esistono però contaminazioni tra i diversi Paesi, legate al fatto che il ruolo di qualcuno di essi è ritenuto più di tendenza rispetto ad altri. Così accade che per il rilancio della Suv Bestune T77 (che prima si chiamava Besturn e in verità somiglia parecchio a una Seat), la FAW, uno dei 5 produttori di vertice cinesi, fornisce un assistente olografico intelligente che spunta dal cruscotto in posizione centrale e che è configurabile come un ragazzino, un robot, oppure una studentessa giapponese delle superiori, uno dei must dell'attrattiva femminile in patria ma a quanto pare anche in Cina. Tralascio le valutazioni sulla perversione orientale, ma osservo che FAW nella caratterizzazione dei personaggi ci si è messa di buzzo buono: la figurina è configurabile con 5 set di vestiti per ciascuna scelta e rivolgendosi a lei con comandi vocali si possono ottenere 43 diverse azioni sui comandi della vettura. Per il resto l'auto è piuttosto tradizionale: motore 1.2 turbo a 4 cilindri da 143 CV e 204 Nm abbinato a un doppia frizione a 7 marce. L'opzione più ricercata pare però quella che fa indossare alla figura abiti dello stesso colore arancio scelto per il lancio della rinnovata vettura. Più cool di così!

Rinasce elettrica la Toyota MR2





Ve la ricordate la MR2? Ricordo che eoni fa partecipai alla presentazione (della terza serie, non della ferrarina) e che per i tempi era una spider con qualche freccia all'arco, dato il milleotto centrale da 140 CV, la trazione posteriore e il cambio sequenziale a 6 marce (in opzione). Beh, sembra che il marchio abbia intenzione di proporne una nuova edizione, fatte salve le abituali lungaggini che affliggono ogni rumor riguardo le sportive jap. C'è comunque molta attenzione al ritorno economico, argomento sempre critico con le sportive destinate a nicchie di mercato, e allo scopo il brand sta studiando possibili joint venture, come per la Supra progettata con BMW. Ma c'è anche un'ulteriore opzione, a costi ancora più bassi: farla elettrica. Adottando la nuova piattaforma specifica TNGA, infatti, si potrebbe collocare il motore elettrico dietro i due sedili, confermando l'equilibrio dei pesi dell'antenata, mentre il peso delle batterie sarebbe come usuale spalmato sul pianale, a ridotta altezza da terra. Trattandosi di una sportiva e di un fun vehicle, poi, l'autonomia sarebbe meno cruciale che per un commuter e ciò contribuirebbe da un  lato a ridurre il perso degli accumulatori imbarcati e dall'altro a limitare i costi di produzione, mantenendo la MR2 nel range della vetture divertenti ma accessibili. Una sorta di Tesla Roadster, quindi. Al di là delle valutazioni specifiche, in tutta la faccenda spicca un dato che fa capire come mai ci sia tanto interesse per l'elettrico da parte di (quasi) ogni costruttore. Costruire elettrico costa poco, molto meno che con meccaniche tradizionali. Una volta sviluppato un pianale, tutto il resto si compra fuori, motori, batterie, sistemi di controllo; mentre l'allestimento dell'abitacolo è secondario nella piramide dei costi. Quindi, in un mercato saturo che assorbirà sempre meno, limitare la parte meccanica, l'unica non gestibile con software e algoritmi, sarà sempre più la chiave per garantire ancora profitti accettabili.

23 ottobre 2018

L'evoluzione del benzina arriva dagli States





I progressi techno non hanno un andamento continuo; piuttosto si può parlare di fenomeni a gradino, che danno luogo a grandi novità concentrate in un periodo di tempo molto limitato, seguite (o precedute) da lunghissimi periodi di stabilità progettuale. E proprio il campo dei motori a combustione è emblematico di quanto affermo: per almeno un trentina d'anni dopo l'exploit VW della riscoperta in chiave moderna del Diesel si è andati avanti con una evoluzione monoclonale del concetto, interrotta solo da qualche piccola escursione nel campo dei motori a benzina. Poi il recente ritorno dei motori elettrici (dopo la fiammata agli albori della motorizzazione) e la crescita esponenziale di questi sistemi, insieme con quelli ibridi, a sostituire (ma non è ancora detto) il motore a gasolio. Rimandono tuttavia i segmenti di vertice, dove si può spendere di più per soluzioni non di massa e la creatività può avere sfogo. Così GM ha brevettato un nuovo motore ad alto rapporto di compressione, fino a 16:1, caratterizzato da un doppio sistema di sovralimentazione e dotato di un compressore volumetrico a basso flusso e un turbo a forte portata. Il sistema lavora secondo il ciclo Atkinsons e impiega attuatori elettroidraulici per le valvole; ricorda però nel concetto il 4 cilindri millequattro VW pensionato anticipatamente qualche anno fa. Vanta inoltre un'escursione in ambito ibrido, poiché il volumetrico è azionato da un motore elettrico tramite un variatore continuo per mantenerlo nel range ottimale di funzionamento e ridurre l'assorbimento sul sistema elettrico dell'auto. Dal canto suo il turbo ha un avvolgimento elettrico che può tanto accelerarlo quanto recuperare energia, un po' come in F1.  Il brevetto è relativo a un 4 cilindri anteriore, ma il sistema porebbe essere applicato al V8 destinato alla nuova Corvette C8 a motore centrale, che dovrebbe debuttare nel 2020. Staremo a vedere se gli yankee osano oppure restano nella tradizione.

Yankee hybrid





Di ibrido si parla molto dalle nostre parti, ma in US l'argomento è ancora lungi dall'aver assunto una dimensione ragguardevole. Il motivo è semplice: l'aggiunta della parte elettrica causa un aggravio di costo dei modelli e gli yankee (presi in gruppo) reagiscono sempre male agli aumenti. Ma i tecnici americani sanno bene che non ci si può sottrarre al trend techno; così l'approccio all'argomento passa attraverso questionari ai clienti. E' il caso di Chevrolet, che per la nuova Camaro ha diffuso tramite un forum del modello un questionario nel quale chiedeva quale sarebbe stata l'accoglienza di una Camaro equipaggiata A) con il 2 litri turbo da 279 CV per una potenza complessiva di 370 cavalli; B) con il V8 LT1 da 6,2 litri da 456 CV per un totale di 553 CV. Gli incrementi di listino prospettati erano, rispettivamente, di 4.000 e 8.000 dollari. No comment della dirigenza sui risultati, ma l'argomento resta di attualità da quando la concorrente storica, la Ford Mustang, ha annunciato per il 2020 una versione ibrida equipaggiata con il 2.3 litri a quattro cilindri già parte della gamma.

22 ottobre 2018

E' cinese il primo stabilimento delle elettriche VW





Il gruppo VW ha annunciato la posa della prima pietra dello stabilimento nell'area di Shanghai, in Cina, destinato a produrre unicamentre vetture elettriche basate sulla recente piattaforma modulare MEB. L'inizio dei lavori di fatto ha bruciato Tesla, che pianifica la realizzazione di una analoga unità produttiva nella zona; l'impianto entrerà in funzione nel 2020, realizzando le vetture della joint venture VW-SAIC. Tra le tecnologie che verranno adottate in produzione ci saranno la realtà aumentata e quella virtuale, mentre la fabbrica costruirà anche gli accumulatori destinati ai propri modelli. La prima auto a uscire dalle linee dovrebbe essere una Suv derivata dalla concept ID Crozz, ma in quanto stabilimento pilota la produzione potrebbe/dovrebbe estendersi anche a modelli destinati al mercato europeo.

Dal video alla strada la one off McLaren









Seguendo quella che per certi versi sta diventano una prassi tra i costruttori di super/ipercar (https://auto-thrill.blogspot.com/2013/11/piu-reale-o-piu-virtuale.html; https://auto-thrill.blogspot.com/2017/10/gt-solo-virtuale-per-i-fan-della-s2000.html; https://auto-thrill.blogspot.com/2015/05/cyber-viper.html; https://auto-thrill.blogspot.com/2015/01/alpine-corre-sullo-schermo.html), anche McLaren ha deciso di passare dal virtuale al reale con un modello. La McLaren Special Operations (MSO), divisione dedicata ai progetti one off del brand brit, infatti, ha deciso che la BC03, codice interno della concept virtuale ideata per il gioco, sarà realizzata in esemplare unico per un cliente fedele, la cui identità non è stata divulgata (probabilmente uno yankee) ma la cui solidità economica dev'essere uno statement assodato. Allo stato la MSO ha già deliberato due progetti: la X-1 del 2012 e la MSO R dell'anno scorso. La BC03 sarà una vettura da circuito, spinta dal V8 di 4 litri biturbo (evoluzione dell'iniziale da 3,8) e dal sistema ibrido di sostegno della P1, che prevede due motori elettrici sull'asse anteriore. La potenza complessiva, se i dati virtuali sarano confermati, sarà di 1.151 CV, con coppia massima di 1.275 Nm erogata sulle quattro ruote per un peso di 1.000 kg, per il fantastico rapporto peso/potenza di 868 g/CV. Ovviamente una serie di parametri ergonomici andranno però modificati, a partire dalla posizione di guida a mo' di sidecar da competizione della Ultimate Vision Granturismo; l'auto definitiva avrà perciò qualcosa della Speedtail, street legal race car al debutto venerdì prossimo.

19 ottobre 2018

L'anti Tesla di Audi





La Audi  E-tron GT è la risposta del gruppo VW a Tesla. La sportiva a 4 porte, infatti, ambisce a contrastare nel segmento delle berline di lusso il primato della saloon a stelle e strisce. Per farlo l'autonomia è stata portata a 400 km secondo il ciclo WLTP, mentre la struttura telaistica dell'auto è studiata per la prima volta in un'auto elettrica per le performance stradali. Ciò significa che il pianale non ospiterà come ormai prassi per le elettriche il pacco accumulatori, alzandone così l'altezza da terra, ma che quest'ultimo sarà spostato (dove?)  per consentire un pavimento vettura piatto e basso. Un passo epocale che sono ansioso di vedere esplicato in concreto, anche perché la scocca è la stessa della Porsche Taycan e quindi rappresenta quella che sarà nel futuro (?!) la soluzione adottata per le sportive. Certo che però sul piano prestazionale c'è ancora da fare. Sì, perché se il motore deriva come annunciato dal Suv E-tron, bisognerà fare meglio di uno 0-100 in 5,5 s e di una V max di 200 orari, per contrastrare i 4,3 s e 250 km/h di una Model S. Ma il lavoro continua e vedremo l'auto definitiva al salone di Los Angeles in novembre, con l'abilitazione al sistema di ricarica a 350 kW che dovrebbe dare l'80% dell'autonomia in meno di 12 minuti. Una volta di più l'industria dell'auto sembra un po' sperduta nello sviluppo dei modelli elettrici, finendo per ripercorrere con la nuova fonte energetica le strade già battute con i modelli tradizionali. Per carità, amo le sportive, ma l'auto elettrica è una cosa diversa e semplicemente non ha senso realizzarla per battere i record al Ring. Meglio studiarla invece per ricariche lampo e autonomie che facciano da buffer fino a una diffusione ragionevole dei punti di ricarica, con velocità massime da guida automatica, tipo la Nissan Leaf.

Shelby e la corsa ai cavalli Usa









Un leak su Instagram di @sinsister_lifestyle ha rivelato l'aspetto della nuova Ford Mustang Shelby GT500. L'auto è decisamente aggressiva, con l'alettone fisso posteriore in carbonio e il doppio spoiler anteriore. Sull'esemplare della foto le ruote da 20 pollici sono quelle opzionali in carbonio, mentre sotto il cofano c'è un V8 di 5,2 litri ad albero piatto sovralimentato con un compressore volumetrico,  che eroga più di 700 CV. L'intento è chiaramente quello di porsi come alternativa muscle alla Challenger SRT Hellcat, anche se, visto che le Shelby sono in serie limitata, il confronto andrebbe fatto con una delle 3.000 Challenger SRT  Demon da 840 CV (e 1.044 Nm). Sembra che, visto l'ottimo andamento dell'economia Usa, la corsa alla potenza delle muscle car sia ripresa e che si stia ripresentando la triste situazione internazionale degli anni '60 e '70, quando noi poveri europei guardavamo con invidia le americane supermotorizzate mentre ci toccava andare in giro con le automobiline giocattolo. Ora al posto di queste ultime ci saranno quelle da luna park a batteria.

18 ottobre 2018

Dodge Ram 1500 Limited, the american touch































I pickup in  Usa sono un'istituzione. Forse per le radici pionieristiche della popolazione o per un senso pratico più sviluppato di quello vigente da noi, hanno sempre avuto un mercato ricco e variegato. La concorrenza tra marchi, quindi, ha cercato di dare a ogni mezzo, per distinguerlo, una connotazione particolare. Dodge, che nel 1981, al debutto, aveva concepito il Ram come un mero veicolo utilitario, forse
addirittura un po’ più “cassone” della concorrenza, è poi evoluta verso un’estetica più muscolare e modaiola, con l’escursus delle
grandi potenze: la versione SRT-10 aveva infatti il V10 della Viper da
8,3 litri. A dire il vero il motore era proprio il suo: costruito in ghisa, grosso e pesante, è stato il canto del cigno del concetto no replacement for displacement; ma per la sportiva è stato poi ricostruito in lega.



In Europa li abbiamo sempre visti a piccole dosi, con
limitati stock di importazione. La svedese Klintberg & Way
Automotive, parte del gruppo Anders Hedin Invest, ha ottenuto però
nell’ottobre scorso da FCA la qualifica di importatore ufficiale per
l’Europa dei marchi Ram e Dodge. Ne vedremo di
più, quindi, anche se magari maggiormente in Germania che nel nostro
Paese, notoriamente penalizzato dal superbollo. La quinta generazione,
marcata 2019 è la più evoluta: look robusto e funzionale, estetica
curata, funzionalità perfetta. Un mezzo da lavoro (i truck sono
formalmente autocarri) ma anche da divertimento, grazie al motore
potente (e leggendario per il marchio), l’HEMI V8 da 5,7 litri che eroga
395 CV a 5.600 giri e 556 Nm a 3.950.  Il
Ram è sì un pickup, ma dotato di tecnologia all’avanguardia in molti
sensi. Così, pur con quel muso alto, l’aerodinamica è curata e c’è un
sistema di paratie attive nella mascherina che, insieme alle sospensioni
ad aria che abbassano l’assetto in velocità, migliorano il Cx, mentre il
V8 ha la deattivazione di 4 cilindri ai bassi carichi e i fari sono full
led con sistema adattivo.



L’impatto è d’effetto. Il cofano è
talmente alto che ci puoi appoggiare il gomito con naturalezza, la
cabina richiede un minimo di arrampicata, anche con le lunghe pedane
esterne, il posto di guida ha un che di navale. I cerchi da 20 pollici
in alluminio spazzolato alleggeriscono l’insieme ma la lunghezza di
quasi 6 metri si percepisce tutta nella sua imponenza. Quattro versioni:
Big Horn, Laramie, Laramie Longhorn e Limited, con dotazioni crescenti,
dal professionale al lussuoso, ma comunque ben equipaggiate sin dalla
base e con uno spazio a bordo decisamente inusuale dalle nostre parti:
la “vaschetta” portaoggetti davanti al bracciolo centrale potrebbe
ospitare comodamente un trolley e anche in 6 si sta larghi e molto
comodi, con un comfort acustico notevole (c’è la riduzione attiva del
rumore attraverso gli altoparlanti) e un perfetto filtraggio delle
asperità stradali. I sedili in pelle
prevedono anche dietro regolazione dello schienale e climatizzazione,
mentre è possibile ottenere i Rambox nelle sponde laterali del cassone,
due ampi ripostigli stagni e illuminati internamente che aumentano la
versatilità del mezzo. Allo stato dell’arte poi l’infotaiment, con Apple
Carplay e androidauto e la sicurezza attiva, con tutte le più recenti
assistenze elettroniche. Se poi le dimensioni vi spaventano c’è il
parcheggio autonomo, in linea e perpendicolare. Spazio ovunque, quindi, anche nel cassone posteriore, che può
caricare fino a 1.164 kg in 1.740 litri di volume.





Il Ram è un mezzo
pratico e capace, ma si guida come un’auto, anzi, come una sportiva.
Quasi 400 cavalli sono parecchi anche con un peso che sfiora le 2
tonnellate e mezza e il pickup si muove agile, stabile sulle sospensioni
ad aria che prevedono diversi livelli, da quello, basso, per le alte
velocità a quello, alto, da fuoristrada. Ce n'è anche uno ultrabasso per facilitare l'accesso alla cabina. Nel corso del test, svoltosi in
circuito in Svezia, ho apprezzato l’accelerazione fluida e l’ottimo
comportamento delle sospensioni, che nonostante il baricentro ad alta
quota nella posizione Aero mantengono un assetto piatto con limitati
coricamenti in curva. Il cambio automatico a 8 rapporti non è un fulmine nei passaggi di marcia ma si aziona comodamente tramite una manopola sul cruscotto. Accanto ad
essa i tasti per scegliere il tipo di trazione: sulle ruote posteriori,
integrale permanente, integrale con le ridotte, con il blocco del
differenziale posteriore.



Dotazione che permette al Ram di muoversi
tranquillamente nell'off road impegnativo, come ho verificato su uno
specifico terreno di prova, affrontando anche i guadi profondi con
naturalezza. Unico handicap quello delle dimensioni, che penalizzano nei passaggi più stretti. Ma se ci passi vai ovunque. La sensazione è di trovarsi su un mezzo inarrestabile,
robusto, ma anche molto cool. Un modo di muoversi diverso e
gratificante, che unisce indubbie doti di praticità a prestazioni on e
off road di riferimento. Roba da yankee. Ma che piacerebbe parecchio anche a noi.















17 ottobre 2018

Kia Ceed 1.4 T-GDi Evolution























La nuova Kia CEED, progettata in Europa, costruita a Zilina, in Slovacchia, e giunta ormai alla terza serie, continua la storia del modello che, perso l'accento nel nome (inizialmente era cee'd, ora è l'acronimo di "Community of Europe with European Design"; ndr), prosegue nella sua evoluzione dopo 1,28 milioni di vetture prodotte. Declinata in versione berlina e station wagon, e presto in shooting brake e crossover, anche per questa edizione è stata mantenuta la garanzia settennale, must del marchio, a complemento di una vettura ormai del tutto all'altezza delle migliori protagoniste del segmento, notoriamente il più combattuto e remunerativo del mercato.





Il design del frontale è stato rivisto riprendendo il motivo stilistico aggressivo della Stinger, la sportiva prestazionale del marchio: più aggressivo e basso, dà maggior slancio alla vettura ed è equipaggiato con fari a tecnologia full Led, luci diurne comprese. L’auto è realizzata sulla nuova piattaforma K2, che ha consentito di realizzare un corpo vettura più largo del precedente di 20 mm e a parità di passo mostra minori sbalzi anteriore e posteriore, aumentando così lo spazio disponibile sia ai posti avanti sia a quelli dietro. Anche i gruppi ottici posteriori sono a Led e l’area di carico della sportwagon risulta più accessibile, con un volume utile di 625 litri; nel caso della hatchback il bagagliaio è invece di 395 litri. Cerchi da 16 o 17 pollici, questi ultimi sulle versioni top.





Internamente spicca la plancia lineare e realizzata con materiali di buona qualità, che monta in posizione centrale lo schermo touch del sistema di infotainment, dotato di Apple CarPlay e androidauto. L’ergonomia dei comandi è buona così come la posizione di guida, i sedili hanno una conformazione adeguata alle tratte più lunghe e la seduta correttamente sviluppata; trattengono poi bene nelle curve. Quelli posteriori sono reclinabili nella proporzione 60/40, anche mediante leve collocate nel bagagliaio. Molto ampia la dotazione di di sistemi di assistenza alla guida, tra i quali spicca il Lane Following Assist, evoluzione del controllo di corsia che mantiene la vettura al centro della carreggiata verificando la posizione degli altri veicoli. La tecnologia utilizzata è quella della guida autonoma di livello 2 e il montaggio è il primo in Europa: impostate velocità e distanza dal veicolo che precede, l’auto mantiene la traiettoria correggendo autonomamente direzione e velocità fino a 180 km/h.





L'auto del test monta il nuovo motore turbo a benzina di 1,4 litri, che eroga 140 CV e 242 Nm; le alternative sono un mille turbo da 120 CV e 172 Nm e due Diesel (Kia continua a crederci) millesei completamente nuovi da 115 o 136 CVche promettono emissioni e consumi ai limiti inferiori del segmento. La trasmissione è a doppia frizione a 7 marce, ma c'è anche un cambio manuale a 6. La prima cosa che ti colpisce è la silenziosità; l'atmosfera ovattata fa auto di classe superiore. La spinta è buona e insieme all'ottima scalatura delle marce garantise riprese brillanti anche senza sfruttare gli alti regimi. Peraltro il motore rende di più tra 3.000 e 5.000 giri; sopra si plafona un po' e sotto i 2.000 giri risulta pittosto pigro. Sfruttando l'automatismo la marcia è comunque sempre ottimale. Le sospensioni hanno una taratura di compromesso che non penalizza la tenuta e i coricamenti sono limitati anche andando forte; la CEED ha una comportamento abbastanza brioso che non disdegna qualche bella tirata, vista anche la frenata ben dosabile e pronta. Lo sterzo è ragionevole per una berlina e le manovre si compiono facilmente visto il buon raggio di volta.





In definitiva un'auto piacevole e pratica, che il prezzo tra 20 e 30mila euro a seconda di allestimento e motorizzazione la colloca in posizione di evidenza rispetto alle concorrenti, forte di una dotazione high tech al massimo del segmento.




16 ottobre 2018

Dodge Challenger. One world apart

























Discreta? E' come andare in giro in tenuta da Samurai. Silenziosa? Naa. Animale? Esageratamente, la muscle car più bestiale di tutte, anzi la capostipite della razza. Sì, perché la Dodge Challenger è praticamente identica dal 1971, icona inossidabile di un mondo fatto di cavalli e CID, la cilindrata espressa in pollici cubi. E di cavalli nella SRD Hellcat ce ne sono davvero tanti: 717 per la precisione, erogati a 6.000 giri con l'ausilio di 880 Nm già a 4.200. Sono numeri astronomici per un'auto che non ha la struttura di una supercar ma l'aspetto del Generale Lee di 40anni fa. Ma l'apparenza inganna. Sotto la pelle, infatti, c'è una vettura moderna e assettata come si deve, capace di gestire la cavalleria grazie alle sospensioni a controllo elettronico e a una messa a punto davvero eccellente.



Da fuori è un salto indietro nel tempo. Una due porte lunga un chilometro, bassa e larga, con la linea di cintura che si rialza sotto il finestrino posteriore. Le ruote sono da 20 pollici e calzano dei 275/40 davanti e dietro. Strano, avrei pensato di trovare gomme più larghe al retrotreno e più strette sull'altro asse. Cerchi sportivi un po' vecchio tipo, carini ma niente di più. La Challenger non ti cattura per l'estetica, questo è certo; è un po' asciutta, quasi scarna e in bianco spicca ancora meno. Ma la presenza ce l'ha senza dubbio, non fosse altro per le dimensioni. Dentro la plancia è lunga mezzo metro ed è realizzata nel tipico stile US, con indicatori analogici e digitali mischiati ma tutti rivolti verso il guidatore. Al centro della plancia uno schermo per info e tarature, ma anche qui niente di che. Dalle nostre parti le auto da oltre 80k euro sono un bel po' più curate. I sedili cominciano a rivelare l'anima dell'auto: ben profilati e avvolgenti, si regolano perfettamente, come la pedaliera in alluminio traforata. Il volante invece è quasi pacchiano: con quel cuscino centrale fa molto berlina da città, ma devo dire che la presa è ottima.



Beh basta chiacchiere. Salto in macchina, finalmente, dopo aver atteso il mio turno anche troppo. Sulla Hellcat ci sono due chiavi, una nera e una rossa. Con la prima, destinata al valet service la Challenger ha solo 500 CV; così, tanto per star sicuri se la dai alla moglie per fare la spesa. Precauzione utile, perché con la seconda la pressione del compressore volumetrico raggiunge il massimo e hai sotto... il sedile 717 cavalli. Dubbi su quale chiave abbia connesso?



Ruggito da sotto il cofano; l'auto è settata in Race, con tutto disinserito. Niente controllo di stabilità, niente controllo di trazione, tutto sotto la mia responsabilità. La pista di prova è molto breve ma ha alcuni saliscendi interessanti e un tratto lento e tortuoso. Questa Hellcat ha il cambio automatico a 8 rapporti (c'è anche manuale a 6) con le palette al volante e ho inserito la guida manuale. Via. La spinta è forte, possente e sul rettilineo dopo la prima curva scarico seconda e terza, ma devo alleggerire perché sui 140 orari la Hellact scoda vistosamente di potenza. Reagisce però immediatamente ai comandi dello sterzo e sente il gas, che si può dosare in maniera millimetrica. Nell'arco di un giro me la sento già in mano. Credevo di aver a che fare con un toro imbizzarrito e invece mi trovo tra le mani un oggetto reattivo e preciso, con il quale fiondare le traiettorie per migliorare l'aderenza delle gomme dietro, pronte a perderla a ogni istante. La coppia è devastante e l'auto ti proietta in avanti con veemenza a ogni piccola pressione sul gas, ma è davvero difficile stare a tavoletta, semplicemente perché non riesci a metterla giù tutta. Ci sarà un motivo se AMG e BMW hanno adottato la trazione intregrale, no?



Giro dopo giro, comunque, la confidenza aumenta e pure il divertimento, condito da un sound da brividi che devo dire si avverte però più fuori che dentro; l'insonorizzazione è di qualità. Su una pista così corta riesco giusto ad appoggiare una quarta, prima di staccare, ma con l'aumento della confidenza scopro che il vero gusto (quanto meno su questo tracciato) non è tanto quello di andare a manetta quanto pennellare le curve in controsterzo e derapata. In questi frangenti la Challenger è docile e precisa e con poco sforzo ti spari i due tornanti in una sola azione, quasi fosse guida sul ghiaccio. I freni marchiati Brembo sono perfetti, nessun cedimento nemmeno su questo toboga e pedale sempre duro e dosabile. L'assetto è piatto e rigido e gli ingressi precisi, con appoggi rapidi nonostante la mole.



Sulla Challenger ti senti sicuro, hai sì quel senso di superiorità stradale che ti danno le supercar, ma c'è pure una sorta di pane e salame dell'automotive, una confindenza istintiva che non ha eguali. Attenzione però a non tirare troppo la corda. I cavalli sono decisamente veri e a fare troppo il ganassa si corrono rischi seri, non fosse altro per le velocità stellari che si raggiungono in un attimo.



Cerco di stare in macchina il più possibile ma alla fine mi tocca scendere. Così la vedo sparire oltre la curva con un colpo di tuono alla guida del tester dopo di me. Ma sono sicuro che non avrà la mia stessa confidenza con il mezzo. Ecco l'effetto Challenger, scendi e te la credi subito. La voglio. La vorrei. Ma il bollo da oltre 7.000 euro è un deterrente terribilmente efficace.

08 ottobre 2018

Porsche Ibride by Vonnen











Porsche ha rinunciato al Diesel, Ok. Punterà in alternativa su elettriche (in prospettiva) e ibride, bene. Ma per ora i modelli di quest'ultimo tipo sono limitati nella gamma di Stoccarda: se volete una 911, una Cayman o una Boxster con assistenza elettrica no way, nope. Ma a tutto c'è rimedio, pagando ovviamente. Per la precisione 75.000 $, questo il costo del kit di trasformazione che Vonnen, azienda di Santa Clara (California) creata dall'ex specialista di sospensioni del marchio teutone Elephant Racing, ha messo a punto. Il sistema è applicabile ai modelli costruiti dal 2012 al 2016 e prevede la sostituzione del volano con un motore/alternatore e l'installazione di un inverter sotto la cappelliera. Anteriormente un pacco batterie raffreddato ad acqua da 1 kWh che lavora alla tensione di 400 V e può erogare una corrente fino a 400 A, più l'unità di controllo che tiene sotto controllo i dati dinamici per stabilire durata e vigore dell'assistenza elettrica. Non è prevista infatti la marcia in sola modalità elettrica, poiché Vonnen punta alle prestazioni e, sulle turbo, all'eliminazione del lag di risposta al gas. Il sistema aggiunge fino a 175 CV addizionali e una coppia di 203 Nm al motore a combustione con un amento di peso inferiore a 55 kg nello stage 1, il primo livello di potenziamento ibrido. Ne è previsto infatti un altro assai più performante, che funziona a 800 V e prevede una potenza elettrica di 350 CV con coppia massima di 399 Nm. In questo caso il peso aumenta di 89 kg, ma le prestazioni sono da vera supercar e una 911 così equipaggiata vede scendere lo 0-100 da 4.4 s a 2,6 s. Se perciò avete fretta, con un investimento mica male ma nemmeno devastante vi fate la superPorsche senza attendere le ibride ufficiali. Interessa?

Hyperloop: Europa batte Usa





E' da un po' che Hyperloop non fa più notizia, ma la brace cova sotto la cenere. La società, dopo la scelta open source da parte di Elon Musk, si è divisa in due: Virgin Hyperloop One, californiana, e HTT (Hyperloop Transporation Technologies), europea. Proprio quest'ultima lo scorso 2 ottobre ha presentato il Quintero One, concept della capsula passeggeri che dovrà correre nei tubi sottovuoto. Il revealing è avvenuto in Spagna a Puerto de Santa Maria, sede della Airtificial, partner di HTT, di Airbus e Boeing. Ora è previsto un giro di presentazioni nel mondo, prima che il veicolo torni in Francia a Tolosa (stessa sede di Airbus),  ove si trova il quartier generale della società. La capsula è lunga 32 m e la cabina 15, pesa 5 tonnellate ed è realizzata in Vibranio, materiale composito che nel nome ricorda un po' Superman e Kripton. Per ora non ci sono altri dati significativi: HTT ha infatti fornito un po' di miscellanea riguardante le ore di progettazione (21.000),  quelle di montaggio (5.000), il numero di rivetti impiegati (75.000), quello di sensori (75) e di pannelli di fibra di carbonio (82), per un totale di 7.200 m2; nulla di realmente qualificante. Sono iniziati però a Tolosa i lavori di realizzazione di un tubo di prova lungo 1 km e ciò segnerà un punto a vantaggio di HTT rispetto alla concorrente yankee, poiché i test in California si sono svolti con modelli a grandezza rdotta. HTT intende comunque realizzare il suo primo impianto proprio in US, da Chicago a Cleveland, forte dei test con passeggeri che inizieranno nel 2019. Probabile infatti che con gli States in fase di boom il ritorno economico in prospettiva sia assai più promettente da quelle parti che in Europa.

05 ottobre 2018

Se le nuove scarseggiano...





A fine mese ricorre l'annuale appuntamento del SEMA, il salone delle elaborazioni di Las Vegas. E in tema di special equipment la statunitense Superformance, nota come produttrice di repliche delle auto da corsa degli anni '60, presenterà una Ford GT40 nella livrea originale ma dotata dell'attuale V6 biturbo di 3,5 litri. La vettura è stata battezzata Future Forty e celebra i 50anni della vittoria dell'ovale blu alla 24ore di Le Mans nel 1968. L'auto è equipaggiata da uno speciale scarico MagnaFlow, che promette di aumentare (ma ancora non si sa di quanto) i 656 CV del motore di serie; nata inizialmente come una concept per il salone, è poi piaciuta così tanto a Doug Campbell, PR della Superformance, da farne la propria auto personale e spingere i vertici della società a pianificare una piccola produzione della vettura. Date le consegne con il contagocce delle GT by Ford, è possibile abbia visto giusto.

Balla che ti passa







Forse invece di ballare sulle note degli Abba (con risultati peraltro parecchio goffi) farebbe meglio a rivolgerere l'attenzione all'economia reale. Parlo di Theresa May che, messa alle strette dalla concorrenza alla leadeship di Johnson, pare preoccupata più di mostrare un atteggiamento muscolare verso la Ue che di fare il punto sulle onerose perdite cui va incontro la Gran Bretagna. Ultima possibile mancanza, quella di Nissan che in caso di Hard Brexit, ovvero della mancanza di un accordo e quindi dell'introduzione di dazi su beni e merci in uscita dall'isola, potrebbe traslocare in un altro Paese. Lo stabilimento di Sunderland impiega 8.000 persone ed è attivo dal 1986, una delle prime transplant sul territorio brit e un investimento di grande portata. Un comunicato ufficiale del brand ha puntualizzato che il futuro dell'impianto è a rischio se non verrà firmato un accordo che mantenga la convenienza dell'attuale tasso di esportazione delle auto là costruite, pari a circa il 50% della produzione. Il warning segue la recente defezione di Panasonic, che ha trasferito la sede in Olanda e le dichiarazioni di Airbus, anch'essa in procinto di trasferirsi se le cose andranno per il peggio.

04 ottobre 2018

Renault presenta l'elettrica low cost





Dopo aver inventato l'auto low cost con Dacia, Renault punta ora a trasferire il concetto sulle elettriche. Al salone di Parigi attualmente in corso ha presentato infatti la K-ZE, concept con profilo Suv destinata inizialmente ai mercati asiatici e più avanti anche a quello europeo. Le dimensioni sono quelle di una Twingo e la vettura sarà costruita dalla cinese eGT New Energy Automotive Co, società in joint venture tra Renault, Dongfeng e Nissan nata con la mission di realizzare auto elettriche a prezzo contenuto. A questo riguardo, poiché in una elettrica gran parte del costo deriva dagli accumulatori e nello specifico è proporzionale alla loro capacità, la K-ZE avrà un'autonomia di circa 250 km, pochi rispetto a quella che ormai è la media (dichiarata) corrente e per di più calcolati con il vecchio sistema NEDC e non con il recente WLTP. Ma per la circolazione in ambito urbano potrebbero bastare e in questo senso la dotazione dovrebbe essere abbastanza ricca da soddisfare le esigenze del traffico cittadino: telecamera posteriore, sensori di parcheggio e schermo centrale per navigatore e connessioni saranno di serie. L'auto è stata realizzata sulla piattaforma

CMF A attualmente impiegata dalla Kwid venduta sul mercato indiano, implementata per l'elettrificazione con parti specifiche; una soluzione che riduce di molto i costi complessivi. Il suo debutto orientale è previsto nel corso del 2019; quello nel Vecchio Continente potrebbe richiedere però molto più tempo, data la grande differenza nelle dotazioni di sicurezza necessarie per ottenere l'omologazione europea rispetto al meno esigente mercato asiatico. Un fattore che influirà molto sul prezzo finale.

Per la serie "Fuori dalla porta..."












...si rientra dalla finestra". Parlo del Wankel, il motore rotativo che con la sua assenza di vibrazioni e la compattezza in relazione alla potenza pareva avesse un futuro radioso qualche decennio fa. Poi la stretta sulle regole anti-inquinamento ha reso le cose più difficili pur se qualcuno ha continuato a crederci: Mazda ha infatti prodotto la RX-8 fino al 2012, anno in cui ha gettato la spugna per l'impossibilità di contenere il tasso di incombusti al di sotto delle norme in vigore. Ma le doti meccaniche e (in parte) termodinamiche del motore rotativo sono ancora lì a decretarne la superiorità rispetto ai motori a pistoni. In particolare, il suo rapporto peso/potenza è superato solo dalle turbine; in più si adatta molto bene al funzionamento a gas. Tutto ciò ne fa il propulsore ideale per un range extender, un generatore che assicuri all'auto elettrica un'autonomia addizionale (di emergenza o di estensione) che tolga il conducente dagli impicci qualora la mitica colonnina di ricarica non si veda all'orizzonte. Così Mazda, leader indiscussa della tecnologia Wankel, ha messo a punto un generatore con motore rotativo che equipaggerà una delle due auto elettriche che lancerà nei prossimi anni. A esser sinceri l'idea è già stata cooptata da altri gruppi: la seconda foto si riferisce infatti a un prodotto dell'austriaca AVL. Ma il fatto che proprio il brand che più ha creduto e investito sul Wankel riesca a riutilizzarlo in sedicesimo è una sorta di vittoria per l'ingegnere tedesco che nel 1957 realizzò il prototipo del motore.

01 ottobre 2018

L'icona si rinnova in ottica sportiva





La SL è senz'altro uno dei modelli simbolo della Mercedes. E sinora è stata concepita come una lussuosa cabrio, privilegiando comfort e stile nelle direttive progettuali. Ma forse il debutto delle elettriche EQ ha spostato il baricentro delle vetture di Stoccarda un po' troppo verso la mobilità pura. Così per equilibrare un piccolo travaso high tech dalla AMG e la nuova SL, prevista per il 2020, cambierà attitudini sotto il vestito, diventando nettamente più orientata al piacere di guida. Quindi elementi tipici come la capote in tela resteranno a mantenere l'iconicità del modello, ma il telaio sportivo in alluminio MSA, lo stesso della prossima AMG GT, sospensioni, sistemi di sterzo (anteriore e posteriore) e unità motrici ibride renderanno le SL una sorta di AMG sotto altre spoglie, mentre l'architettura del veicolo migrerà verso quella tipica delle auto di Affalterbach con cabina arretrata e lungo cofano. Sotto quest'ultimo i propulsori andranno dal 6 in linea di tre litri con assistenza elettrica da 22 CV del sistema ibrido ai V12 destinati ai mercati orientali, con la versione AMG V8 da 600 CV + 30 CV elettrici al vertice della gamma. Trasmissione automatica a 9 marce standard più la Speedshift a doppia frizione per i modelli più sportivi; trazione posteriore ma con l'opzione del 4Matic. E' addirittura possibile venga allestita anche una versione 2+2, ma di sicuro non c'è ancora nulla.

L'istrione ce l'ha fatta ancora una volta





Sembra che alla fine una scappatoia l'abbia trovata, il nostro. Parlo di Elon Musk e del parziale esito della causa intentatagli dai federali per quello che dalle nostre parti è in pratica l'aggiotaggio. Multa di 40 milioni e dimissioni da presidente di Tesla per i prossimi tre anni. Come spesso accade nelle vicende legali legati agli eventi borsistici, sembrano punizioni del tutto pro-forma, perché Musk rimarrà ceo di Tesla e sanno tutti che è questo e non quello del presidente il ruolo strategico. Comunque la SEC ha stabilito che per questi tre anni dovrà essere nominata una figura di garanzia nei confronti del mercato, che limiti gli eccessi tipici del tycoon e l'impatto dei suoi tweet sui mercati. I 40 milioni sono stati suddivisi in 20 che pagherà Tesla e 20 a carico di Musk e sono destinati al risarcimento degli azionisti danneggiati dalle ipotesi privatistiche del marchio ventilate dall'ad in settembre. Faccenda chiusa? Forse, anche se il Dipartimento di Giustizia non esclude una indagine separata su Elon Musk. Resta da notare comunque che i provvedimenti di Oltreatlantico sono sempre concreti, non come dalle nostre parti. Qui chi viene danneggiato resta solo con i danni e prima di vedere un soldo...

Solo inutili o anche pericolose?

I test di guida autonoma proseguono tra difficoltà tecniche, indagini, e trascurabile impatto economico. C'è da domandarsi se si tratti ...