31 gennaio 2018

La scelta difficile





L'inquinamento torna alla ribalta. Dai test tedeschi sugli effetti dell'NOx su cavie umane alla possibile procedura di infrazione della UE nei nostri confronti per i troppi sforamenti dai limiti nelle città, è tutto un fiorire di deliri e desiderata che poco hanno a che fare con la realtà, ma tanto con la politica. Ho sentito di tutto, vaneggiamenti sull'uso dell'idrogeno come fosse disponibile alle fontanelle, wishful thinking sulle elettriche che risolverebbero in toto il problema, messa fuori legge dei motori Diesel, proprio quelli con la maggiore efficienza e quindi la minor produzione di CO2. Occorre chiarezza, ma anche scienza. Non è che il primo che passa per la strada abbia la bacchetta magica e trovi una soluzione semplice e a basso costo. Se ci fosse l'avremmo già adottata. La verità è che tutto il nostro sistema di vita si basa sul rapporto costo/beneficio. Si accetta un rischio per averne un vantaggio. Così se la mobilità è necessaria, se la minor fatica di vivere pure e la salute anche, occorre un compromesso tra le diverse esigenze che ridistribuisca in quota vantaggi e pedaggi. Iniziamo dalla salute. La vita media è cresciuta, salvo la lieve flessione registrata dall'ISTAT nel 2015 e 2016. Questo vuol dire che globalmente l'ambiente in cui viviamo è migliore di un tempo, anche se ci sono criticità su alcune patologie che possono avere nell'inquinamento una aggravante. Non dico che i policiclici aromatici siano salutari né che l'ossido di azoto sia solo il gas esilarante, ma occorre pesare il danno a loro imputabile sui benefici che una mobilità vasta e diffusa genera, magari anche soltanto tramite l'ambulanza Diesel che ti porta a cardiologia d'urgenza. L'automobile è un mezzo (di trasporto), non il colpevole. Se non serve non la usi. Ma ti devono dare un'alternativa che non ti riporti nell'800 con i carretti che raccolgono le deiezioni equine e che non ti costringa a viaggi in bicicletta sotto la pioggia se non  l'hai scelto davvero tu. Gli investimenti nei trasporti pubblici costano moltissimo, il loro risultato è spalmato negli anni e in tempi di bilanci striminziti non vedo grandi cambiamenti nel prossimo futuro; non ci sono soldi. In più, l'imperante filosofia di gestione del pubblico che deve guadagnare come le multinazionali fa a pugni con quella di servizio che dev'essere utile. Insomma non se ne esce in quattro e quattr'otto: bisogna invece lavorare seriamente e con pervicacia sull'argomento, mettendo in conto bilanci stellari e tempi molto lunghi. Nel frattempo, però, non mettiamoci a credere alla fata turchina.  Prima che la mobilità elettrica possa risolvere anche solo una minima parte della mobilità generale passeranno anni. E non facciamoci nemmeno fuorviare dalle scelte industriali, ovviamente basate sul guadagno; basamoci invece su quelle scientificamente migliori anche se a pelle non ci piacciono. Se poi ci saranno contrazioni ulteriori della vita media sarà meglio indagare prima su disoccupazione e sfruttamento. 

30 gennaio 2018

Honda Jazz 1.5 i-VTEC 130 CV



































Di Jazz ne hanno fatte parecchie, più di 1,2 milioni; siamo infatti alla 3a generazione. Un modello storico, dunque, la cui linea si è però evoluta in armonia con le tendenza attuali. Ora quindi l'auto si presenta come una piccola monovolume, compatta e spaziosa. Non immagini la belvetta che si nasconde sotto le vesti da commuter (inter)urbano. Sì, perché la Jazz, equipaggiata con
questo motore, guadagna prestazioni eccellenti e un comportamento da GTI
davvero inaspettato.



Come altre vetture del segmento B, la Jazz è cresciuta dimensionalmente fino a sfiorare i 4 metri, 3,995 per la precisione. Ciò determina un abitacolo ampio che sfrutta bene la struttura tendenzialmente squadrata della vettura, caratterizzata dal frontale nel mood Honda che prosegue nel cofano motore con la stessa inclinazione del parabrezza, da una linea di cintura alta e a cuneo sottolineata dai finestrini che si restringono verso la coda e dal portellone verticale che cela un vano da 345 litri, ampliabili a 1.314 con i sedili abbassati. L'abitacolo funzionale ha la particolarità unica della seduta del divano posteriore sollevabile che lascia così oltre al bagagliaio un secondo grande spazio per stivare oggetti anche ingombranti; i sedili anteriori sono ben conformati e trattengono effiacemente gli spostamenti laterali, pur con la seduta un po' corta. La plancia mostra materiali di qualità migliorabile ma è rifinita adeguatamente e è dotata di un'ergonomia corretta, con lo schermo touch da 7 pollici del sistema di infotainment al centro e un cruscotto a strumenti circolari con il tachimetro in evidenza. La corta leva del cambio è piazzata a una spanna dal volante e quest'ultimo, a calice, offre una buona presa e ha i comandi ausiliari sulle razze.



Il motore di 1.5 litri eroga 130 cavalli a 6.600 giri con una coppia massima di 155 Nm a 4.600; ha l'iniezione diretta in posizione laterale nella camera di scoppio con iniettori multiforo e pistoni con camera di combustione nel cielo. E' accoppiato a un cambio manuale a sei marce, con l'opzione di uno a variazione continua con 7 pseudo-rapporti; le ruote sono da 16 pollici con pneumatici 185/55, meno esagerati di certa concorrenza ma bastano, credetemi.



Al minimo potresti non accorgerti che il motore è acceso, tale è l'assenza di vibrazioni e rumore. La risposta all'acceleratore è prontissima e regolare, con l'unico neo di una certa tendenza a mantenere il regime un po' più a lungo di quanto gradirebbero i sincronizzatori del cambio. La Jazz va liscia come l'olio e come solo le Honda sanno fare, permettendo una guida molto rilassata anche a basso regime, dove il motore sfodera un'erogazione che permette di tenere le marce alte. Attorno ai 4.000 giri avviene la variazione di fase sull'aspirazione del sistema VTEC e il sound diventa più aggressivo e roco (e molto piacevole); un suono vecchio tipo che ti accompagna fino ai 7.000 del limitatore senza un buco di erogazione. Tirando, la piccola Honda diventa una vera sportiva, con il cambio eccellente dagli innesti corti e precisi che favorisce le accelerazioni e una tenuta sicura con appoggi rapidi grazie alla rigidità della scocca e alla taratura delle sospensioni.



Viene proprio voglia di andare forte con questa Jazz 1.5 e allora scopri che l'auto ti segue esattamente come vuoi, senza colpi bassi e senza cadute di efficacia. Certo, forse la rapportatura è un po' corta, ma si tratta di una piccola molto sportiva che ama gli alti regimi e capace di dare la paga ad auto più titolate. Ma comunque dotata di una doppia anima: tranquilla ed efficiente portando a spasso la nonna, aggressiva e veloce quando scegli la colonna sonora di un aspirato come si deve. I consumi dipendono molto dal piede e indugiando con il gas salgono inevitabilmente, ma sono sempre accettabili. Una bella macchina questa Jazz, multiuso e con tanta grinta, ma poco vistosa. L'ideale per sdrumare al semaforo l'incauto gasato di turno.












29 gennaio 2018

La Tesla che mancava























La gamma Tesla è ormai piuttosto completa, ma a essere pignoli una tipologia manca all'appello: la wagon. Non ci sono infatti in listino auto del brand con carrozzeria famigliare. Proprio quella che invece interessava a un imprenditore inglese, che voleva assolutamente portare a spasso il suo cane in modo il più possibile confortevole ma ecologico. Così si è rivolto alla Qwest, un società di engineering del Norfolk, per farsi costruire la sua Model S station personale. Dopo un anno di lavoro ecco il risultato, che sarà esposto al prossimo London Motor Show in maggio. La parte posteriore è realizzata in fibra di carbonio ed è stata incollata alla scocca in alluminio dopo aver tagliato la parte posteriore standard. Ciò ha permesso di ridurre di 14 kg il peso complessivo e di mantenere inalterate le notevoli prestazioni della P90D, che continua a fare lo 0-100 in 2,8 secondi. Il costo dell'elaborazione è però di ben 70.000 sterline, circa 80.000 euro, mica male considerato che va aggiunto al costo della vettura. Peraltro l'idea è stata propizia, perché sembra che altri carrozzieri vogliano seguire le orme di Qwest: uno in particolare intenderebbe produrre una piccola serie di 20 Tesla SW. Certo che però con i costi della mano d'opera locale non sarà una trasformazione alla portata di tutti.



25 gennaio 2018

Honda Civic 1.6 i-DTEC



























Qualche tempo fa Honda ha vissuto il mercato europeo un po' di lato, rallentando modelli ed evoluzione; un vero peccato, vista la qualità dei prodotti del marchio. Ma ora ha ripreso la corsa e insieme ai nuovi modelli arriva anche un nuovo motore, un Diesel 1.6 per la Civic, vettura best seller nel 2017. La nuova gamma di segmento comprende quindi tre motori, tutti turbo: l'1.0, l'1.5 e il 2.0 VTEC a benzina e, appunto, l'1.6 i-DTEC a gasolio. Diversamente da altri costruttori giapponesi, Honda ritiene che il motore Diesel, pur in calo di consensi, avrà ancora un grande futuro in Europa e ciò giustifica lo sviluppo di un motore ad hoc per questo mercato, un propulsore di piccola cilindrata che ha nella riduzione di emissioni e consumi il suo lato saliente, con l'impiego di una nuova struttura che contiene tanto il catalizzatore ad accumulo di NOx, quanto il filtro antiparticolato. Il primo filtro non richiede l'aggiunta di urea cone i DeNOx, ma effettua la riduzione dei composti con la stessa iniezione supplementare di gasolio necessaria a bruciare l'accumulo di particolato anche nel DPF. La centralina tiene conto dei differenti livelli di saturazione dei filtri e attiva il processo di rigenerazione distintamente a seconda di quale dei due sia necessario. Il risultato è una piena rispondenza ai criteri Euro 6d, mentre le emissioni di CO2 si limitano, pur adottando i nuovi sistemi di misurazione (reali) più restrittivi, a 92 g/km.



La Civic Diesel ... sono due: una versione a quattro porte di stampo più classico e una hatchback con il portellone. Entrambe condividono la nuova piattaforma alleggerita, irrigidita e dotata di nuove sospensioni e la linea da coupè, più sobria per la 4 porte e più aggressiva, particolarmente nei gruppi ottici posteriori per la 5 porte. Indubbiamente sono auto giapponesi, quindi caratterizzate da quell'abbondanza di linee e profili che ammalia gli stilisti del Sol Levante, ma la Civic è gradevole e d'impatto, con un corpo vettura che ormai si colloca attorno ai 4 metri e mezzo (4,518 la hatchback, 4,648 la berlina). Il frontale basso è caratterizzato da quelle che sembrano prese d'aria inferiori attorno ai fendinebbia (solo la sinistra è traforata), più grandi sulla 5 porte. Più aggressiva la coda, che riprende il disegno delle prese d'aria e sulla 5 porte mostra un  alettone superiore che regge anche il tergi posteriore il quale però si colloca esattamente a metà della visuale dal retrovisore; non il massimo per la visibilità. Comunque molta l'attenzione all'aerodinamica, migliorata rispetto al modello precedente anche grazie al fondo scocca carenato.



Contrariamente alla elaborata linea esterna, l'abitacolo è sobrio e mostra finiture di buona qualità. L'ergonomia del posto guida è accurata e il sedile collocato piuttosto in basso, cosa che rende più intuitivo il controlo della vettura nella guida sportiva. I sedili hanno un alto livello di contenimento ma la seduta un po' corta; bello il volante a calice di ottima presa e ampio lo spazio per gli oggetti, data la consolle centrale sdoppiata in una parte superiore e una inferiore (con quest'ultima che incorpora il sistema di ricarica wireless per il cellulare), oltre al vano sottostante il bracciolo centrale che però scorre con un sistema non immediatamente intuitivo. Al centro della plancia lo schermo touch da 7 pollici del sistema di infotainment e del navigatore; quest'ultimo però mostra una avvertibile imprecisione nelle rotte indicate. Il vano bagagli è ampio ( da 478 a 1.245 litri la cinque porte, 519 la quattro), con andamento regolare del piano e un'area sottostante anch'essa ben sfruttabile data l'assenza della ruota di scorta.



Il motore a 4 cilindri eroga una potenza di 120 CV a 4.000 giri con una coppia massima di 300 Nm a 2.000. E' estremamente silenzioso (l'auto è dotata di parabrezza acustico) a ogni regime ma per mostrare la grinta richiede di essere trattato un po' come un benzina, allungando le marce piuttosto che tendere a sfruttare la coppia a basso regime. La scocca più rigida, l'abbassamento del baricentro e le sospensioni riprogettate determinano un comportamento agile e preciso nella guida, con ridotte derive anche a forte velocità. Il nuovo cambio a 6 rapporti ha un'ottima sincronizzazione e innesti ragionevolmente corti, non è al livello dei migliori del marchio (davvero eccellenti), ma consente una manovrabilità più che adeguata e visti i rapporti assai lunghi e la maggiore disponibilità del motore sopra i 2.000 giri ciò si apprezza parecchio. I freni sono potenti ma con un pedale piuttosto sensibile, lo sterzo preciso e diretto quanto serve, mentre nella guida sportiva emerge la sostanziale neutralità della vettura, che rimane sempre controllabile e sicura. Ma soprattutto è la morbidità dell'insieme a colpire, quella sensazione di omogenietà e linerarità nella guida che Honda sa infondere ai suoi prodotti e che li rende sempre molto piacevoli da guidare. Per quanto riguarda la sicurezza, è di serie il sistema Honda SENSING che prevede il monitoraggio della velocità e della permanenza in corsia, con l'atout del sistema predittivo che tramite una telecamera e un radar è in grado di prevedere se un altro veicolo potrà tagliarci la strada.



La versione berlina mostra un assetto più da padre di famiglia, ma condivide il propulsore e la sua disponibilità, che secondo Honda si associa a consumi particolarmente bassi, con valori medi della percorrenza vicini addirittura ai 30 km/litro; numeri da moto e non delle più diffuse. In definitiva un prodotto allo stato dell'arte che mostra come il motore Diesel abbia ancora molto da dire. Fanatismi a parte.

22 gennaio 2018

Subaru XV 2.0i Premium















































Tra la XV che debuttò nel 2012 e questa completamente nuova ci sono di mezzo l'80% di parti inedite e una altrettanto nuova piattaforma, la SGP, Subaru Global Platform, molto più rigida della precedente e destinata ad equipaggiare anche i prossimi modelli del marchio, oltre alla recente Impreza. Subaru ha deciso di puntare in maniera ancora più decisa sulla sicurezza, peraltro da sempre un must del marchio grazie alla progettazione specifica e all'ottimo equilibrio dinamico delle sue vetture, e in quest'ottica la scocca con tre differenti vie di assorbimento delle forze in caso di impatto ha permesso alla XV di raggiungere le 5 stelle con un totale di 199,7 punti nel test JNCAP (il protocollo jap sui crash test), risultato migliore di sempre. Il nuovo corso del brand è quindi impostato all'ottenimento delle migliori e più sicure condizioni di guida sia mediante la struttura ad assorbimento di energia, sia grazie ai numerosi dispositivi di sicurezza attiva, il più funzionale dei quali è il sistema di telecamere stereo EyeSight, che agisce sinergicamente sia con il controllo di velocità autonomo e intelligente, sia con i sistemi di frenata autonoma pre-collisione e il mantenimento di corsia attivo con intervento sullo sterzo.



La Subaru XV si inserisce nell'affollato segmento delle Suv medie (è lunga 4,465 m) ma la forma filante sminuisce leggermente le dimensioni reali. Il frontale con i fari a led si avvale di un nuovo paraurti, mentre dietro è in evidenza il grande spoiler; ruote da 17" o 18" a seconda delle versioni.  Facile la salita a bordo grazie all'ampio grado di apertura delle porte, le posteriori quasi ad angolo retto; migliorata la visibilità grazie all'ampliamento delle superfici vetrate. Se tuttavia devo trovare un difetto a questa'auto, lo colloco nella scelta di mantenere una linea complessiva dell'auto molto simile al vecchio modello e tale da rendere difficile distinguerle; d'altra parte però Subaru, sportive a parte, ha sempre fatto dell'understatement la propria bandiera. Pure in ottica strategica va vista la scelta di non dotare la XV nuova serie di motori Diesel che, pur a listino 2018, saranno montati solo sulle scocche del modello precedente. I propulsori della XV sono dunque un millesei da 114 CV e 150 Nm e un due litri da 156 CV e 196 Nm, quest'ultimo oggetto della mia prova.



Salendo in macchina non ci si sente su una Suv, perché l'altezza complessiva non è poi così marcata, 1,595 m. E' invece di ben 220 mm l'altezza minima da terra della scocca e ciò mette l'accento sulla vocazione off road della XV, che la differenzia nettamente dalla concorrenza per le sue doti, appunto, più specialistiche. L'abitacolo è confortevole, con sedili dal buon contenimento e cuciture a contrasto che li impreziosiscono e proseguono sulla plancia, ora in materiali più evoluti e gradevoli al tatto e all'occhio. Su questa versione Premium al centro si trova il display touch da 8 pollici che comanda il sistema di infotainment dotato di applicazioni Apple Carplay e Android Auto e che visualizza pure le immagini della telecamera posteriore; altri due schermi, da 6,3 e 4,5 pollici sono collocati nel quadro strumenti e nella parte superiore della plancia per le altre informazioni. Bello il volante sportivo dall'ottima presa con i comandi sulle razze e intuitivi i controlli della climatizzazione nella consolle centrale. Più in basso la leva del cambio automatico Lineartronic a variazione continua, disponibile per la XV unicamente su queste versioni a benzina ma ormai ampiamente utilizzato dalle vetture delle Pleiadi. Il volume di carico arriva a 1.310 litri e il vano è regolare, con l'unico difetto di un'altezza un po' sostenuta del piano d'appoggio dato l'ingombro della trasmissione.



Accensione keyless, quindi una pressione sul tasto e il motore si avvia silenzioso, caratteristica che si apprezza poi anche in marcia dato il notevole comfort acustico a ogni velocità e una limitatissima trasmissione di vibrazioni alla scocca. Il percorso di prova prevede un tratto iniziale di fuoristrada e percorro un tratturo in cresta di un valletta con molta naturalezza, senza contatti con il terreno nonostante la presenza di profondi solchi nei quali ogni tanto la XV ogni finisce per piombare. Anche nel fango la trazione è ottima e il Lineatronic svolge efficacemente le veci delle ridotte, ma con il vantaggio di non doverle inserire. Una ripidissima dicesa è invece affrontata con un tocco al tasto XMode, che inserisce l'omonimo sistema in grado di fissare automaticamente la velocità di percorrenza da passo d'uomo fino a 20 km/h agendo semplicemente su freni e acceleratore. Superando i 20 orari il sistema rimane in stand by fino a 40 km/h; oltre si disinserisce. Sullo sterrato veloce si apprezzano le nuove sospensioni, che fanno letteralmente volare la XV sopra le asperità anche andando forte, risultato notevole e non comune in questa classe di vetture.



Tornando sull'asfalto, ho l'occasione di apprezzare una volta di più l'eccellente equilibrio dinamico delle Subaru, docili ai comandi e rapide nelle correzioni a ogni velocità. La XV segue fedelmente le traiettorie e si mostra del tutto neutra sia in inserimento sia in percorrenza, con limiti di tenuta così alti da far intervenire raramente il controllo di stabilità e con correzioni minime. Grazie al nuovo ancoraggio delle barre antirollio i coricamenti laterali sono molto limitati, anche andando a manetta. Bene, parliamo di manetta. L'accoppiata motore aspirato/Lineatronic non rende l'auto un fulmine nello scatto, ma imparando a sfruttare al meglio la progressione continua le andature alla fine sono decisamente spedite, mentre spingendo davvero a fondo il cambio si blocca automaticamente e in sequenza su una serie di pseudo-rapporti fissati tra le due pulegge che consentono prestazioni assai gratificanti, con il bel rumorino che solo i boxer sanno regalare e velocità che l'abitacolo silenzioso dissimula ma gli autovelox, ahimè, colgono. Quindi occhio, perché la XV è una falsa lenta e 156 cavalli non sono poi così pochi se messi alla frusta.



I freni sono adeguati e ben dosabili, lo sterzo è invece un po' brusco nella prima parte della rotazione e occorre farci l'abitudine per non ottenere azioni eccessive. La trazione, integrale permanente comme d'abitude, è tarata al 60% sull'asse anteriore ma può ripartirsi anche al 50% all'occorrenza; nelle curve veloci si apprezza il torque vectoring che rende puntuali le traiettorie. Non ho potuto valutare con precisione i consumi, ma mi sono sembrati del tutto accettabili, per di più visto che non ho certo risparmiato il motore. In definitiva un'auto di grande sostanza, che segna un notevole progresso rispetto alla versione precedente e che fa la differenza con la sua attitudine al fuoristrada; un veicolo totale buono per ogni occasione e che si distacca nettamente dalla concorrenza, dote che per qualcuno ha la sua bella importanza.


18 gennaio 2018

Spremere più cavalli dalla i8





Sinora per BMW le sportive vere sono sempre state marchiate M. Ma con l'avvento della serie i le cose hanno preso una piega un po' più complessa: per mantenere il claim del marchio legato al piacere della guida, infatti, con le vetture ibride sono state fatte scelte che non hanno incontrato del tutto le tendenze dei clienti abituali. Il concetto vale in specie per la i8, che i vertici BMW starebbero valutando come icona sportiva del nuovo corso. In quest'ottica, l'update recentemente rilasciato non pare sufficiente con i suoi 374 CV complessivi a soddisfare chi vuole una sportiva vera, sia perché sotto i 400 cavalli in un certo senso ci si deve accontentare, sia perché si sa che la potenza derivante dalla parte elettrica non è sempre disponibile. Secondo Alexander Kotouc, capo del product management, sarebbero dunque in corso modifiche alla parte motrice della vettura per ottenere maggior potenza, modifiche che potrebbero implicare la sotituzione del frullino a tre cilindri con un'unità più robusta e consona alla vocazione sportiva dell'auto. La decisione finale però, sarà presa sulla base di un bilanciamento assai accurato tra le esigenze del nuovo corso ibrido/elettrico che BMW (come in pratica ogni Casa) sta seguendo e il tradizionale gratificante concetto di guida sportiva. Nel cofano si potrebbe facilmente piazzare anche un V12, sempre secondo Kotouc, ma questo snaturerebbe la filosofia dell'auto (?!). Ma, soprattutto, in aperta contraddizione con il concetto di icona la Casa non ha ancora deciso se alla fine del corso produttivo previsto per la attuale i8 ce ne sarà una prossima. Forse cambiare strada implica anche cambiare claim. Buona fortuna.

Prestazioni d'epoca con la nuova Land V8









Per celebrare i 70anni del marchio Land Rover ha deciso di allestire una piccola serie di Defender con il V8 di 5 litri Jaguar, facendone così la più prestazionale Land mai costruita. Il progetto Defender Works V8, ideato dalla divisione Land Rover Classic e strutturato in 150 vetture che con ogni probabilità andranno a ruba tra i fanatici dell'oggetto, si basa sulle versioni 90 (nella foto) e 110 e grazie ai 405 cavalli e 515 Nm dell'otto cilindri garantisce alla bestia uno 0-100 in 5,8 secondi. Questa Land è di fatto il primo nuovo modello dal 1998, in attesa (ormai da tempo) della nuova off road base del marchio. La tramissione impiega un cambio automatico ZF a 8 rapporti con trazione integrale permanente, le sospensioni hanno un kit antirollio e i freni sono maggiorati, mentre le ruote da 18 pollici montano pneus 265/65. Le vetture sarano disponibili in 8 colori con tetto, codolini e barre a contrasto e interno in pelle con sedili Recaro, oltre a un completo sistema di infotainment; il tutto al prezzo base di 150.000 sterline, oltre 170.000 euro, optional esclusi. Nel corso del 2018, a celebrazione del 70esimo, saranno proposte in piccola serie altre versioni potenziate ma con motore Diesel, sorta di viatico che, nella ormai abituale ottica delle presentazioni infinite care al marchio indo/brit, termineranno con il lancio nella secodna metà dell'anno della nuova Defender.

16 gennaio 2018

Anche Koenigsegg pensa elettrico




 






















Anche i marchi più esotici ormai un pensierino all'elettrico ce lo fanno. E' il caso di Koenigsegg, che al prossimo salone di Shanghai potrebbe presentare una supercar a batterie, la Super EV. Per realizzare il progetto, il costruttore svedese ha stretto un accordo con la cino-israeliana Qoros, anche perché la struttura dell'auto è assai diversa da quella abituale delle vetture estreme del marchio nordico. Unico punto in comune, la scocca in carbonio, perché poi le quattro porte, i quattro posti e la struttura fastback determinano una linea decisamente fuori dagli schemi abituali. La collaborazione tra i due marchi ha un precedente nel motore privo di camme per l'azionamento delle valvole presentato l'anno scorso, ma anche Qoros non ha esperienza nel settore elettrico, quindi la  joint venture deve coinvolgere un fornitore terzo e dev'essere
più che altro di capitali, fatta eccezione per la innegabile esperienza
di Koenigsegg nella costruzione di vetture ad altissime prestazioni. E
dato che la Super EVpromette uno 0-100 in 3 secondi forse ce n'è
bisogno. L'autonomia dovrebbe essere di 500 km, ma sul tipo di batterie
buio. In ogni caso, visti i teaser, l'auto dovrebbe debuttatre con il brand Qoros.





15 gennaio 2018

GM sweeps the board





Il colpo di acceleratore della mobilità 2.0 mi ha colto di sorpresa. GM ha presentato infatti una Safety Petition al Dipartimento dei Trasporti Usa riguardo la quarta generazione della self-driving Cruise AV, in pratica ha chiesto l'autorizzazione a far circolare la prima auto al mondo priva di volante e pedali, quella il cui abitacolo potete vedere nella foto. La vettura è dotata del sistema di guida autonoma a livello 5, il più avanzato, quello che delega completamente al computer ogni azione della guida. Quindi volante e pedali non servono più, ci pensa l'intelligenza artificiale di cui è dotata l'auto a decidere ogni cosa. Si tratta di un passo epocale, il passaggio a una fase della mobilità completamente diversa da quella cui siamo abituati e che con quella attuale a poco o nulla a che fare. Il sistema autonomo infatti si basa sull'acquisizione di dati provenienti oltre che dai suoi sensori anche da database e sistemi di rilevazione esterni e di fatto per raggiungere la piena efficienza richiede come corollario l'internet of things. Al di là dell'impatto mediatico della notizia e del ruolo di primo piano che GM rivendica con forza a fronte di tutte le new entry del settore con questa novità, l'idea della Safety Petition (dice GM) è quella di azzerare gli incidenti e a tale scopo rendere la circolazione una serie di eventi ordinati, prevedibili, tracciabili e programmabili. Insomma è la fine di un'era, quella della libertà di movimento in senso stretto. Non ne faccio tanto una questione di sensazioni o di brivido prestazionale, quanto più semplicemente di scelte e di spontaneità. La Cruise AV è la prima ma altre seguiranno e se alla fine ci muoveremo in flussi ordinati come in Metropolis di Fritz Lang, il controllo del sistema ci ghermirà sulle scelte quotidiane legate agli spostamenti. Non voglio essere catastrofista, ma non è impensabile che il computer ti neghi la possibilità di raggiungere una meta se secondo lui su quella direttrice risulta esserci un ingorgo. E questo solo per iniziare perché con un piccola toccatina al software si possono promuovere o spianare località, iniziative, scelte politiche. Esagero? Forse, e devo dire che mi piace fare un po' la Cassandra. Ma sono anche conscio della tragica ineluttabilità della legge di Murphy: "Se una cosa può andare male, allora è certo che lo farà".

12 gennaio 2018

Le X7 sono già al montaggio

















BMW produce i modelli X per gli Stati Uniti e il mercato mondiale a Spartanburg. Con una produzione record di oltre 411.000 unità nel 2016, Spartanburg è attualmente il più grande impianto del marchio al mondo. Circa il 70% dei veicoli prodotti negli Usa viene esportato in oltre 140 paesi; secondo il Dipartimento del commercio degli Stati Uniti, la Casa tedesca è quindi il più grande esportatore di veicoli nel Paese. Logico dunque che le X7, previste per il 2019, siano già in pre-produzione sulla stessa linea di assemblaggio insieme ai modelli standard della BMW X5 e della BMW X6. Un team ottimizza il processo in serie dei nuovi modelli di veicoli in fabbrica e allena i dipendenti per la produzione seriale successiva. I veicoli di pre-produzione prodotti nello stabilimento di Spartanburg saranno poi consegnati agli esperti del dipartimento di sviluppo. Sempre in fabbrica il modello di pre-produzione riceve la sua versione del camuffamento, che aiuta a garantire un minimo di segretezza sull'aspetto finale del nuovo Sports Activity Vehicle del marchio. Ma il camuffamento avviene dopo, quindi le vetture in linea hanno quello che sarà l'aspetto definitivo.

La Supra avrà il brand Gazoo Racing





















Dopo aaanni di tira e molla sulla Supra, sembra che finalmente Toyota abbia preso una decisione. Come anticipavo a dicembre, spetterà per ora alla divisione motorsport Gazoo Racing il compiuto di primer per il ritorno dell'attesa sportiva jap in chiave (per ora) da gara. Al salone di Tokyo c'è quindi la TS050 Hybrid omologata in categoria LMP1 per le competizione Endurance, dotata di scocca in carbonio e motore 2,4 V6 a benzina più un sistema elettrico di supporto. Destinata alla prossima Le Mans, la vettura dovrebbe erogare un totale di 992 CV con trazione sulle quattro ruote, praticamente il livello prestazionale della attuale vettura da corsa. Per quanto riguarda la Supra, sarebbe proprio la Gazoo Racing a lanciare la riedizione della più pura sportiva Toyota con il proprio marchio e il debutto dovrebbe avvenire entro il 2018. La divisione sportiva avrà dunque da qui in avanti anche il compito commerciale di proporre auto prestazionali, che comunque dovrebbero tutte prevedere il supporto ibrido. Resta comunque in vigore la partnership con BMW che, pur tra alti e bassi, dovrebbe dar vita alla prossima Z4, auto che potrebbe condividere molto a livello tecnologico con la Supra.

11 gennaio 2018

Attacco alla Morgan











Al CES c'è sempre materiale avanti, che guarda al futuro in chiave sempre più elettrica. Ma qualche volta c'è anche uno sguardo al passato, pur in chiave rivista e (forse) copiata. Come la Vanderhall Edison, che si rifà chiaramente ai three wheeler della Morgan. Fantasia poca a dire il vero, dato che pure il brand inglese ha in listino la EV3 a batterie, ma qui si è puntato alle prestazioni, dichiaratamente assai più elevate rispetto all'originale brit. Grazie ai due motori elettrici a corrente alternata da 183 cavalli, infatti, la Edison vanta uno 0-100 attorno a 4 secondi, meno della metà del dichiarato per la Morgan. E nonostante il peso limitato a 635 kg, dispone di accumulatori da 30 kWh che assicurano un range di 322 km (la EV si ferma a 241). Insomma, gli investitori dietro al progetto Vanderhall devono aver annusato un business promettente (negli Usa) per i tre ruote elettrici, tanto da sfidare sul campo la capostipite dell'articolo. Per completare il quadro, la Edison offre un impianto audio da 600 W, fari a led, clima separato per i due posti e freni Brembo, con un vano di meno di 40 litri, pochi ma abbastanza per un bagaglio tipo moto. Il tutto per 34.950 $. Dubito che la Morgan si avvicini a questa cifra.

Sempre più cattiva la STI











Domani apre il salone di Tokyo e i jap ci inonderanno di novità come suole. Subaru, in particolare, ha rilasciato due teaser della Viziv Performance STI, che con ogni probabilità rivela quello che sarà l'aspetto della prossima WRX STI, l'ultima cattiva vera del mercato in questo segmento. La vettura deriva dalla concept vista l'anno scorso allo stesso salone ed è l'elaborazione in chiave sportiva a cura della Subaru Tecnica International, la sezione motorsport del marchio giapponese. Nessun dato tecnico, ma solo il concetto alla base della vettura, che dovrà assicurare "enjoyment and peace of mind", ovvero divertimento e relax mentale, frase piuttosto criptica che potrebbe nascondere l'introduzione di una tecnologia ibrida. In ogni caso si tratta di una tre volumi di chiara impostazione sportiva, come il grande alettone fisso posteriore lascia intendere. Al Tokyo Motor Show dovrebbero debuttare anche La BRZ e la Levorg in versione STI.

10 gennaio 2018

Quando VW ci crede...









Certo che quando i tedeschi puntano qualcosa sono peggio di un bracco. Mi riferisco in particolare a VW e alla sua virata elettrica che, guardando ai contenuti, si rivela sempre più concreta e drastica, specie per l'azienda che a suo tempo ha sdoganato l'uso del Diesel in chiave moderna. La nuova pietra miliare sulla strada delle auto a batteria è la creazione di una speciale divisione strategica per la mobilità elettrica, a capo della quale dal prossimo 1° febbraio sarà posto Thomas Ulbricht, sinora leader della divisione produzione e logistica. I piani di Wolfsburg prevedono l'implementazione della nuova piattaforma modulare elettrica MEB sulle prime vetture che debutteranno sul mercato (verosimilmente entro il 2020), la ID hatchback e la Suv ID Crozz, viste a oggi solo in veste concept. Il ruolo di Ulbricht, vista la sua esperienza operativa, sarà dunque quello di spianare la strada ai nuovi modelli trovando loro una collocazione produttiva in armonia con i modelli tradizionali e contemporaneamente curare con BMW, Daimler e Ford lo sviluppo del consorzio Ionity che dovrà creare la prima rete europea di ricarica rapida ad alta intensità (fino a 350 kW) con uno standard comune. VW dunque accelera la transizione e potrebbe catalizzare il cambiamento in tempi più rapidi di quanto si pensi. Fatto salvo quel che penso del passaggio alla e-mobility alle condizioni attuali e alla tecnologia concretamente disponibile.

09 gennaio 2018

Se Fisker ha trovato il grimaldello...





Se è vero che attualmente il collo di bottiglia delle auto elettriche è rappresentato dalla batterie, è altrettanto vero che proprio in questo campo la ricerca lavora duro per trovare una soluzione al binomio squalificante scarsa autonomia/lunghi tempi di ricarica. Tuttavia non c'è da aspettarsi il sacro graal: l'uso del litio rappresenta infatti il capolinea della resa energetica, in quanto elemento meno elettronegativo disponibile (sulla terra almeno). In pratica non ci sono accoppiate più efficienti di quella tra un elemento donatore di elettroni (elettronegativo) e il litio, cioè la struttura impiegata nei più performanti accumulatori odierni. Detto questo, la ricerca si è spostata sugli elettroliti, ossia quei media che permettono il transito di elettroni tra catodo e anodo. Al CES Si è vista la nuova Fisker EMotion, il cui management ha annunciato lo sviluppo di una batteria con elettrolita solido capace di duplicare la densità energetica degli accumulatori odierni, vale a dire di arrivare vicino ai 5 MJ/kg. Con tali valori e con l'uso di elettrodi nanocavi che hanno una superficie 25 volte superiore a una superficie piatta la corrente può essere molto più intensa; di qui la ricarica rapida, tanto rapida (dicono alla Fisker) da permettere un range di 800 Km in circa un minuto di connessione. Sono dati strabilianti, che di fatto sdoganerebbero la trazione elettrica su scala planetaria, costi a parte. Troppo ottimismo? Vediamo. Fatto salvo che si raggiungano i 5 MJ/kg, facciamo due conti. La benzina viaggia mediamente sui 46,9 MJ/kg, l'idrogeno sui 143 e l'uranio arricchito, giusto per per esagerare, 3.456.000. Il litio, se bruciato in aria, fornisce 43,1 MJ/kg. Ne consegue che  renderebbe assai di più un motore che bruciasse il litio, anziché usarlo come accumulatore. Comunque, per ottenere la stessa energia di un pieno da 50 litri di benzina (34 kg) con queste batterie a elettrolita solido occorrono 318 kg. Molto, ma non troppo. Quindi, riprogettando le vetture e con un costo moolto superiore a quello di un semplice pezzo di metallo che contiene un liquido, citando Mel Brooks, "Si può fare!!" Vuoi vedere che Fisker ha trovato la quadra?

Se interessa l'articolo, mettetevi in lista



































Il discorso su TVR è diventato virale tra appassionati da quando la mitica marca inglese ha chiuso i battenti. Non che le selvagge auto brit non fossero apprezzate prima, anzi, ma il fatto che non fossero più disponibili ha acceso l'interesse sui numerosi tentivi di rilancio del brand. Che finalmente è prossimo al ritorno in grande stile con la Griffith. L'auto si è vista al Goodwood Revival lo scorso settembre ed è la prima realizzata dal consorzio di danarosi imprenditori guidato dal tycoon dei videogiochi Les Edgar, che ha rilevato il marchio 4 anni fa. Attualmente sta svolgendo i testi finali in una località segreta (ma anche no, vedi video), con l'aspetto definitivo che si rifà all'originale Griffith ma con maggiore cura per l'aerodinamica (ora c'è un fondo piatto) e un motore Ford V8 da 5 litri sotto il cofano. La scocca è realizzata secondo il procedimento iStream di Gordon Murray, quello sviluppato per la fibra di vetro, adattato al carbonio e impiegato da Yamaha per il suo progetto auto. L'auto pesa quindi solo 1.250 kg  con una distribuzione al 50% su ciascun asse. Il V8 Usa rivisto da Cosworth eroga 507 CV, che fanno 2,47 kg per CV, sufficienti a garantire alla Griffith uno 0-100 sotto i 4 secondi e una V max di oltre 320 km/h. Il cambio è un Tremec manuale a 6 marce, la trazione ovviamente posteriore e l'auto è compatta, con una lunghezza contenuta in 4,314 m, meno di una Porsche 911. Ruote da 19 davanti e 20 dietro, con pneus da 235 e pinze freni a 6 pistoncini davanti e a 47 dietro. Prezzi a partire da circa 100.000 €, le prime 500 auto, le Launch Edition, disponibili dal 2019, ma solo per chi ha depositato le 5.000 £ della caparra un anno e mezzo fa. Da lì in poi la produzione dovrebbe collocarsi attorno alle 1.000 auto l'anno. La TVR sarà quindi ancora artigianale e per comprarla occorrerà mettersi in lista, ma con la certezza di adrenalina a fiumi vista l'assenza di controlli elettronici, da sempre un must TVR.







Che sballo il drift refueling









 

 OK, per lanciare una nuova auto si cercano sempre nuove idee. In genere si tratta di argomenti legati alle caratteristiche della vettura, alla sua potenza, alla sua comodità, alla sua interattività. Ma, secondo voi, cosa può essere venuto in mente alla BMW per sponsorizzare la nuova M5 in Usa? Beh, di record velocità tra gli yankee non è più il caso di parlare, non è più polite. Quindi è stato deciso di tentare un Guinness record di drifting, ovvero di stabilire la maggior distanza percorsa in un drift durante 8 ore. Beh, un compito decisamente impegnativo e impegnato, una di quelle cose di fondamentale importanza tipo stabilire chi riesca a realizzare lo stecchino più piccolo partendo da una sequoia. Ma, premi Nobel a parte, la realizzazione dell'impresa richiedeva una logistica non facile: quella di effettuare il rifornimento senza arrestare la vettura durante la sbandata continua. Così, attingendo alla tecnologia dei rifornimenti aeronautici, è stato creato il team del drift refueling, che ha affiancato con un 'altra M5 la vettura da record per rifornirla di 18 galloni sans cesse. Il video celebra questo importante risultato, che sicuramente troverà posto nella storia dell'autonobile. Chapeau!

08 gennaio 2018

Schermi avvolgibili anche sulle auto





L'interfaccia uomo-macchina è da sempre la chiave del'evoluzione dell'elettronica di consumo. E gli schermi ne sono la gran parte, specie da quando gli Oled sono diventati il prime product. Il prossimo passo è però quello degli schermi avvolgibili, che aprono anche nel campo auto tutta una serie di possibilità di evoluzione dei sistemi. Una società giapponese, la PI-Crystal Inc. ha sviluppato infatti insieme alla Organo-Circuit Inc un tipo di pannello a led organici su un supporto plastico avvolgibile. La tecnologia si basa sulla sovrapposizione di strati di transistor e Led a un substrato di resina sintetica ed è giunta a livello produttivo, tanto che l'azienda prospetta entro un paio d'anni la messa sul mercato dei primi esemplari di pannello. Il materiale composito pesa circa un chilo per metro quadro e ha un consumo assai basso, collocabile a circa un decimo dei più efficienti Oled disponibili oggi sul mercato. Uno dei segmenti di utilizzo della soluzione in campo auto potrebbe essere l'eliminazione del cruscotto in senso classico, sostituito da superfici attive sagomate che potrebbero fare allo stesso tempo da visualizzatore e sistema di comando in diverse zone dell'abitacolo.

I cavalli virtuali delle elettriche

























Il CES di Las Vegas è in pieno svolgimento. Il fatto che ormai il salone dell'elettronica in quanto primo dell'anno abbia preso il posto di quello di Detroit, storico appuntamento yankee, la dice lunga su quanto elettronica e trazione elettrica stiano prendendo piede sui concetti dell'automobile classica. Ma c'è un dato che mi colpisce, prendendo spunto dalla presentanda Byton, startup cinese con a capo l'ex boss BMW Carsten Breitfield. Sembra che per le auto elettriche la potenza sia disponibile in maniera illimitata. La concept cinese 4WD spara infatti ben 476 CV e 711 Nm, dati più tipici di una sportiva tradizionale che di una Suv, che peraltro dovrebbe costare solo attorno ai 50.000 €. Due motori elettrici, uno per asse, lunghezza attorno ai 5 metri e un interno che più multimediale non si può, con tanto di schermo da 50 pollici e connessione 5G a 10 Giga al secondo (dov'è disponibile, ovviamente). Sull'autonomia però si glissa, dichiarando semplicemente un range di 400 oppure 520 km a seconda del pacco batterie, la cui capacità non è dato sapere.



Bene. Sappiamo tutti che la potenza per un motore elettrico non è un problema, basta dargli da bere. La coppia pure, tra l'altro con il massimo allo spunto. Se date un'occhiata al video della drag race tra una Model X e una Ferrari 458 vedete bene che non c'è storia, il motore elettrico è nettamente superiore. Ma il problema vero è quanta strada ci fai a quelle prestazioni. Chi ha provato a girare in pista con una Tesla lo sa bene: dopo un paio di giri sei già in riserva e se vuoi tornare a casa ti tocca andarci a passo d'uomo. Il collo di bottiglia è sempre quello, la batteria. Quindi i dati roboanti su potenza, coppia , accelerazione, contano assai poco se sono sostenibili sono per qualche istante. Se poi vogliamo trasformare l'ansia da ricarica in un plus, come nelle gare di Formula E che sembrano più partite di Risiko che competizioni vere e proprie, allora vale tutto. La verità è che al di là delle formulazioni favolistiche, l'uso delle auto elettriche si prospetta come una vera e propria involuzione sia nella fruizione sia nel dato emozionale. Conti con il bilancino sull'autonomia, che se vuoi un minimo di sicurezza deve poi basarsi sul range extender a benzina, clima solo se gli vuoi sacrificare un bel tasso chilometrico, frenatura a recupero monopedale che invoglia ad andature letargiche e ragionate. Pensateci, un treno della metro tra un stazione e l'altra accelera fino a regime e poi frena, non va a 2 all'ora per mantenere basso il consumo, altrimenti non ci si muoverebbe più. Ho il sospetto che il futuro della nostra mobilità butti male.

Solo inutili o anche pericolose?

I test di guida autonoma proseguono tra difficoltà tecniche, indagini, e trascurabile impatto economico. C'è da domandarsi se si tratti ...