31 gennaio 2022

Maserati MC20, cattiva all'italiana

Una berlinetta che segna il ritorno del marchio alle sue nobili origini, fatte di raffinatezza meccanica e sportività genuina.

 

Mi ero fatto l'idea che questa MC20 fosse una sorta di TVR, selvaggia e cattiva con i suoi 630 CV su un peso di meno di 1.500 kg, 2,33 kg/CV. Mi aspettavo perciò un’auto da prendere con le pinze, da trattare con cautela. Niente di più sbagliato. La MC 20 è tutt’altro che incontrollabile e per nulla imprevedibile, anche se in qualcosa avevo fatto centro: selvaggia può diventarlo davvero, ma solo se lo vuoi, una specie di dottor Jekyll e mister Hyde, anche se il paragone finisce lì perché non si può certo dire che la MC 20 abbia uno styling sotto tono. 


Le 2.000 ore di lavoro alla galleria del vento della Dallara, partner tecnico dell’intero progetto, hanno dato il loro frutto e il risultato è un profilo pulito ed efficiente, diviso tra la sezione superiore elegante e verniciata e quella inferiore tecnica in carbonio a vista, con le prese d’aria sul cofano anteriore e quelle posteriori che viste negli specchietti sembrano i reattori di un caccia. A me piace soprattutto la coda, semplice, lineare pur con la copertura in policarbonato incisa da feritorie a forma di tridente che lascia vedere il V6, e priva di appendici vistose; solo un piccolo spoiler sul bordo che lascia intatta l’eleganza del profilo. Una supersportiva così diversa dalle precedenti auto del marchio, che cerca il difficile compromesso tra la pista e la circolazione nel traffico.


Le porte hanno l’apertura a farfalla che rende agevole calarsi sul sedile, assai sagomato ma confortevole. Il posto guida è razionale e conformato in modo da non distrarre dalla guida. Domina il nero per evitare riflessi, declinato in pelle, Alcantara e fibra di carbonio, come sul piccolo tunnel centrale tra i sedili. Qui c’è il selettore della modalità di guida, Wet, GT, Sport, Corsa ed ESC Off, che definisce i parametri di motore, cambio, sospensioni e controllo di trazione a seconda delle condizioni dell’asfalto, oltre al tasto per la retromarcia e a quello per passare da cambio automatico a manuale. Più dietro i comandi di alzacristalli e sistema audio. Il volante in pelle e carbonio, bello e di diametro ridotto, limita i controlli all’indispensabile visto in chiave sportiva: avviamento, Launch Control e sulle razze gli ausiliari per telefono e infotainment. Dietro, i grandi paddle del cambio, fissi ma raggiungibili nella maggior parte dei casi. Il cruscotto digitale da 10,25” cambia a seconda della modalità di guida inserita; al centro della plancia c’è un altro schermo delle stesse dimensioni per l’infotaiment, collocato però piuttosto in basso e quindi fuori visuale. Peccato sia però lo stesso della 500 elettrica, scelta discutibile su un’auto di questo prezzo. 

 
La scocca è in fibra di carbonio, con telai in alluminio anteriore e posteriore. Le sospensioni hanno due bracci superiori e uno inferiore sia all’avantreno sia al retrotreno, realizzando uno schema semivirtuale che consente di stabilizzare l’impronta a terra dello pneumatico. L’obiettivo è di fornire trazione all’asse posteriore, l’unico connesso alla trasmissione Tremec a doppia frizione e 8 rapporti. Il V6 di 90° da 3.000 cm3 esatti è il primo progettato e realizzato a Modena; eroga 630 CV a 7.500 giri con coppia massima di 730 Nm tra 3.000 e 5.500 giri. Un motore piccolo al colpo d’occhio, che può essere collocato in basso nel vano motore grazie alla coppa dell’olio asciutta con tre pompe di recupero a portata variabile. Sotto la candela principale c'è una precamera connessa tramite fori al cilindro, brevetto Maserati. Un’ulteriore candela laterale aiuta nei passaggi di regime. L’iniezione è sia diretta a 350 bar, sia indiretta e i due turbocompressori con waste gate elettriche sono esterni alla V dei cilindri e controrotanti per rendere più lineari i condotti di ammissione delle turbine, riducendo così inerzia e lag.


Sul tracciato di Modena, breve e non particolarmente veloce, proprio quando è il mio turno di guida si scatena un temporale. Devo attendere che finisca e la pista si asciughi un po’, poi posso partire, ma con il selettore su Wet, che taglia la potenza ed è assai prudenziale con il controllo di trazione. A lenire parzialmente la delusione di non poter sfruttare a fondo la meccanica ci pensano lo sterzo di precisione chirurgica e i freni Brembo carboceramici, dal pedale duro e corsaiolo che ne consente il perfetto dosaggio. L’allungo consentito dalla pista e dalle sue condizioni mi lascia un po’ di amaro in bocca, ma so che l’ambiente si sta asciugando e che tra poco potrò farmi una bella sgroppata su uno dei tracciati di prova dei collaudatori della Casa, che corre sulle colline tra Modena e Reggio Emilia, quindi mi consolo. 


E’ il momento, briefing sul tracciato e via. Un tocco al tasto sul volante e la MC 20 si avvia in settaggio GT, quello di compromesso e adatto alla guida di tutti i giorni. Per lasciare l’autodromo tengo il cambio in modalità automatica, con i rapporti che entrano fluidi ma non troppo veloci. Anche così il motore sembra un aspirato tanto la coppia è disponibile senza ritardo, già molto robusta da poco sopra i 2.000 giri, e la MC 20 scatta agile copiando bene il terreno, con le sospensioni tarate sul morbido che si possono però indurire premendo il bottone al centro del selettore in plancia. Non appena il traffico si dirada passo in Sport con il cambio in manuale e mi accorgo subito che la tonalità del motore cambia dopo i 3.500 giri, diventando più sportiva. Ci sono infatti apposite valvole di scarico che riducono la contropressione e accarezzano i timpani. 


Devo dire che il sound del V6 non è coinvolgente come quello di un V8, ma la tonalità rauca è molto racing e comunque gratifica. Ora le sospensioni sono rigide e si preme il tastino si ottiene l’effetto opposto a prima, ammorbidendole. Il cambio spara le marce in modo diretto e il controllo di trazione lascia spazio a qualche slittamento. Nel tratto seguente, un saliscendi con curve in vista abbastanza veloci seleziono la modalità Corsa e tutto diventa più diretto, il boost del motore è quello massimo e tutta la potenza arriva subito, mentre il controllo di trazione agisce solo limitatamente e si può attivare il launch control con il tasto sul volante, quello che ti fa raggiungere i 100 orari in 2,88 s e i 200 e in meno di 8,8. Anche così la trazione è sempre eccellente, grazie anche al differenziale autobloccante opzionale a controllo elettronico, e la vettura si mostra stabile ma soprattutto prevedibile, un po’ come con le muscle car americane, che ti permettono quei bei traversi morbidi e sotto controllo. Occhio al tachimetro, però, perché i 630 CV ti fiondano in un attimo a velocità stellari che i tuoi “compagni di strada” non mettono certo in conto. 


Un plauso anche alle sospensioni, che copiano il terreno con precisione e non ti fanno saltellare qua e là mettendo in crisi l’aderenza. La MC 20 divora la strada e sono già alla fine del tracciato, ma non mi basta e torno indietro per godermi ancora un po’ quella sensazione di superpoteri e di controllo che ti dà quest’auto, davvero gratificante anche perché non ti stanca più di tanto, visto l’abitacolo confortevole e la possibilità di “rilassarsi” ogni tanto ritornando in GT. Alla fine devo cedere e la riconsegno con un po’ di rimpianto. Mi succede tutte le volte; è strano?

28 gennaio 2022

Tesla bada al sodo

Consolidati i guadagni del 2021, l'azienda Usa si concentra sul business esistente e posticipa modelli economici e veicoli futuribili.


Sei di quelli che attendono con ansia la Tesla Model Q, quella low cost? Beh, mettiti il cuore in pace, per ora non se ne parla. "Attualmente non stiamo lavorando sull'auto da 25.000 dollari", ha detto Elon Musk durante un videoincontro per annunciare gli straordinari guadagni nel quarto trimestre 2021 della Casa.
Troppi impegni concomitanti, due per tutti i nuovi stabilimenti in Texas e a Berlino, che attualmente lavorano soltanto su modelli di pre-produzione ma attendono la certificazione finale. E il tycoon ha aggiunto che userà il 2022 per valutare la creazione di nuovi impianti, leggi esplorare se ci sono Stati o Enti che contribuiscano agli investimenti in loco per allargare il (suo) business. 

Quindi niente aggiunte al listino nel 2022, con la crisi dei chip e dei materiali ciò ridurrebbe le disponibilità per i modelli esistenti. In definitiva, quindi, non sarà solo l'auto da 25.000 $ a passare la mano, ma anche Cybertruck, Semi e la nuova Roadster. Allo stato Tesla non ha più lanciato un prodotto davvero nuovo dalla Model Y del 2019 e forse, ma solo forse, le cose potrebbero cambiare il prossimo anno.
Sul Cybertruck si sono concentrate le domande dei partecipanti alla videocall. Il problema del ritardo, a quanto pare, è la quantità di tecnologia a bordo del pickup, che porta il suo prezzo fuori mercato. Ci vorrà del tempo per realizzare economie di scala che possano ridurre i costi; Musk ha detto che intende costruire 250.000 Cybertrucks all'anno, ma "Ci vorrà un po'" per raggiungere l'obiettivo.

 
Nel frattempo l'azienda è impegnata a lavorare su Optimus Subprime, automa dal nome evocativo che sposterà le parti all'interno della fabbrica, un altro passo verso la completa robotizzazione dei suoi impianti. Poi c'è la guida autonoma, quella di livello 6, che secondo Elon sarà disponibile quest'anno. Non è la prima volta che Tesla la dà per scontata, ma di fatto, sebbene promessa già nel 2019, ancora non è disponibile.

26 gennaio 2022

Metti che una bufera di neve...

Se incappate in un meteo estremamente avverso e rimanete bloccati, sarete più al sicuro con una motorizzaione tradizionale o elettrica? Un test svolto in Usa ci dà la risposta.


Provate a parlare di riscaldamento globale alle migliaia di automobilisti bloccati in queste giorni da neve e freddo sulle strade di Grecia e Turchia. Sì, lo so, non sono gli effetti locali ma quelli globali che contano; sta di fatto comunque che a Est quest'anno l'inverno sia stato decisamente rigido.
Questo però mi dà lo spunto per parlare di un problema non diffusissimo ma molto concreto, quando capita: come restare al caldo se ci si ritrova bloccati in auto da un tempesta per molte ore.
Con le vetture tradizionali si tiene il riscaldamento acceso e si cerca di tirare avanti il più possibile senza finire il carburante, ma sarà altrettanto semplice e sicuro con le auto elettriche?


Alla redazione di Car and Driver hanno focalizzato l'argomento e organizzato un test tra una Tesla Model 3 e una Hyundai Sonata, per mettere a confronto proprio la capacità delle due diverse tecnologie di tenere al caldo gli occupanti, ma soprattutto di verificare per quanto tempo ciò possa durare.
Innanzitutto è evidente che quanto maggiori saranno il contenuto del serbatoio o la carica dell'accumulatore, tanto più a lungo la condizione di accettabile comfort potrà durare. Ma non è consigliabile tenere al minimo un motore a benzina per lunghi periodi di tempo, il rendimento in queste condizioni è molto basso e il consumo, quindi, aumenta. D'altro canto sappiamo che la carica delle batterie risente negativamente delle basse temperature, riducendosi anche di oltre il 30%. Test svolti in passato hanno mostrato come le Tesla in tali condizioni abbiano performance migliori rispetto ad altri veicoli elettrici, ma sul modello in uso il riscaldamento era fornito tramite una resistenza, quindi con un consumo nettamente superiore a quello riscontrabile adottando una pompa di calore.



Bene, passiamo al test vero e proprio. Le auto sono state lasciate all'esterno con una temperatura di -3.3°C, scesa durante la notte a -12°C. Su entrambe il climatizzatore era sempre attivo, bypassando i sistemi che potessero disinserirlo dopo un certo lasso di tempo. La Hyundai aveva il pieno e la Tesla il 98% di carica; sono stati aperti i finestrini prima dell'inizio della prova facendo scendere la temperatura interna fino a 8°C, poi è stata fissata a 18°C per entrambe le vetture quella dell'abitacolo, valore accettabile tenendo conto che in auto si sta vestiti e che in posizione seduta si mantiene meglio il calore corporeo.
 

La prova è stata interrotta per la Tesla 37 ore dopo, quando l'autonomia è scesa al 17% con un range indicato di 80 km; per la Sonata lo stop è suonato invece dopo appena 24 ore, con un consumo di circa mezzo serbatoio. La differenze tra le due auto sono dovute unicamente a ragioni contingenti di praticità, poiché il risultato è stato ricavato unicamente dai residui di carburante e carica.
La Model 3 ha fatto registrare un calo medio della carica del 2,2% all'ora, il che individua una durata massima di 45,1 ore a batteria esausta. Per la Sonata il consumo è stato invece di 1.14 l/ora, che considerato il serbatoio da 60 litri le avrebbero consentito di andare avanti per 52,6 ore.
 

Vittoria del motore a benzina, quindi, ma solo se non si fanno i conti energetici: in termini di efficienza infatti la Tesla ha consumato 1,6 kWh all'ora e la Sonata oltre sei volte di più, 10,3 kWh all'ora.
Un divario però spiegabile con il fatto che un'auto elettrica può far funzionare il solo sistema di climatizzazione, mentre una tradizionale deve mantenere acceso il motore e considerato che il propulsore Hyundai è da 295 CV, l'inefficienza ci sta.
La temperatura è stata poi impostata a soli 18°C, rendendo più facili le cose per l'auto elettrica, mentre un aumento anche notevole per quella a benzina non avrebbe fatto differenza, così come se avesse fatto più freddo le cose sarebbero andate ancor peggio solo per la Tesla. Infine, c'è da dire che in condizioni di emergenza un guidatore non avrebbe tenuto acceso il motore in continuazione, ma lo avrebbe azionato di tanto in tanto per economizzare carburante, aumentando così ulteriormente l'autonomia.
 
Quindi se in termini energetici vincono le batterie, con una tradizionale si sta caldi più a lungo. La rivincita del serbatoio, particolare a basso costo in un'auto tradizionale ma estremamente costoso nelle elettriche.

24 gennaio 2022

Kia Sportage, generazione 4.0

La più venduta delle Kia offre versatilità, spazio e molta tecnologia, cui si aggiunge la consueta attenzione allo stile; un modello con personalità distinta e moderna.

La pandemia stavolta mi fa un favore: la Kia Sportage me la portano a casa e posso provarla in solitaria, guidando senza mezze misure e scegliendo il percorso. Non sono un asociale, anzi, ma le auto si testano meglio se si è soli a bordo.
La guardo bene: il frontale è massiccio e spicca sulle altre auto con quella mascherina nera imponente. E' lunga un filo più di 4 metri e mezzo, 4,515 per la precisione, ma d'impatto la diresti più piccola, forse perché le linee di cintura che salgono verso la coda danno un'impressione di compattezza. Anche in larghezza non è mica male, 1,865 m; di qui un aspetto che, grazie anche ai cerchi da 18" di questa versione GT-Line (ci sono anche da 19") fa solida auto prestazionale.


E in effetti i numeri ci sono: in questa versione 1.6 TGDi HEV AWD AT GT-line, lunga e complessa sigla che individua un motore a benzina a 4 cilindri turbo di 1.6 litri da 180 CV e 265 Nm più un motore elettrico sincrono da 60,1 CV e 264 Nm, la potenza complessiva è di 230 CV con 350 Nm, sufficienti per spingere con un certo brio anche una vettura che pesa tra 1.640 e 1.748 kg.
Kia non punta però tanto sulle prestazioni assolute (la Vmax è di 193 km/h e lo 0-100 si copre in 8,3 s), quanto sulla fluidità di erogazione e l'agilità in ogni condizione di marcia. La trazione è integrale a controllo elettronico e distribuisce istante per istante la coppia sui due assi; il cambio è automatico a 6 rapporti e prevede anche la funzione di veleggio per ridurre i consumi, suggerita dal sistema con l'accensione di un spia nel cruscotto che invita a sollevare il piede dall'acceleratore.


Apri la portiera e ti accoglie un abitacolo moderno e confortevole, con un bel volante multifunzione di foggia sportiva (anche riscaldabile) e un cruscotto completamente digitale, affiancato da uno schermo da 12,3" per le altre funzioni. I comandi base sono sul volante o nella plancia, questi ultimi, touch, azionano sia il clima sia il sistema multimediale tramite uno shift a portata di mano; ogni comando è relativamente intuitivo e non occorre studiare il manuale per abituarsi alla Sportage. Nella consolle centrale spiccano, in sequenza, il tasto di accensione, la rotella per azionare il cambio automatico e quella più piccola per il selettore della modalità di guida, che su questa versione 4WD prevede oltre alle Eco e Sport per l'asfalto, anche le modalità neve, fango e sabbia per massimizzare la trazione in fuoristrada. La Sportage non è adatta ad affrontare percorsi troppo impegnativi, ma sugli sterrati anche con una certa pendenza se la cava bene.

Ampio spazio per oggetti piccoli e non, con il pratico vano sotto l'appoggiabraccio, uno spazio con due portabicchieri estraibili a scatto in consolle e un ulteriore vano anteriore con sportello scorrevole dotato di ricarica wireless.
I sedili sono avvolgenti e confortevoli, con una regolazione elettrica efficace; peccato che il sostegno lombare non sia regolabile in altezza. Si sta comodi anche dietro, con un divano dotato di bracciolo estraibile e bocchette centrali per il clima.

La prima cosa che apprezzi della nuova Sportage è la silenziosità. I movimenti da fermo e a bassa velocità avvengono con il solo motore elettrico ma l'auto scivola sulla strada con un minimo impatto sonoro anche quando si accende il motore a benzina.
La dote che emerge subito dopo è l'ottimo assetto complessivo, dovuto sia alla notevole rigidità della nuova piattaforma N3 (che ha consentito di collocare le batterie da 1,49 kWh sotto il divano posteriore), sia alle sospensioni a controllo elettronico, che filtrano efficacemente asperità e avvallamenti garantendo un contatto preciso con l'asfalto. Il sistema reagisce immediatamente alle variazioni di condizione stradale e consente sempre un ottimo comfort, mentre lo sterzo diretto invoglia alla guida sportiva, vista anche la prontezza di erogazione del sistema ibrido. Intendiamoci, il concetto di guida sportiva va tarato su una Suv non leggerissima, ma non emergono pendolamenti nè avvertibili spostamenti di carico anche disattivando il controllo di stabilità, segno che la distribuzione dei pesi è ben calibrata. Dicevo della prontezza. Più precisamente è dovuta proprio all'assistenza elettrica, perché il cambio si mostra invece un po' lento nei passaggi di rapporto.


Il 4 cilindri è potente, ma ha il regime massimo a soli 5.500 giri ed eroga la coppia massima tra 1.500 e 4.500 giri; si comporta quindi un po' come un Diesel. Se perciò si indugia nella guida sportiva che viene naturale adottare viste le buone doti dinamiche della Sportage, è preferibile cambiare manualmente tramite le levette al volante, per restare nell'intervallo di regime ottimale ma anche per ovviare alla suddetta leggera inerzia del cambio. I freni sono potenti e progressivi e nella prima fase di rallentamento sfruttano la ricarica dell'accumulatore. Questa versione HEV non può essere caricata dall'esterno e sul cruscotto si può visualizzare la quantità di energia recuperata, il cui livello sale abbastanza in fretta; nella guida non si rischia quindi di rimanere senza il boost elettrico.
La Sportage non è mai troppo assetata: in media sta sui 14,5 km/litro, anche se in percorsi a forte andatura si può scendere a circa 12 km/litro. In modalità Eco e facendo attenzione si ottengono comunque ottime economie d'uso anche in città.


Allo stato dell'arte la dotazione di ADAS: di serie frenata automatica, centraggio in corsia, rilevazione automatica dei limiti di velocità e controllo dell’attenzione del guidatore. Anche la dotazione di accessori è completa, con clima trizona, fari e tergi automatici e sensori di distanza; sulla GT-Line il cruise control ha la  guida semiautonoma di Livello 2 e i fari a matrice di led, mentre sedili e divano sono riscaldabili.
Molto piacevoli il tetto apribile in vetro con schermo parasole azionabile elettricamente e le telecamere perimetrali che vengono visualizzate sul cruscotto, utili anche nelle manovre. In più si può far muovere l'auto stando all'esterno tramite il telecomando, funzione utile nei parcheggi a schiera molto stretti. Di livello infine la qualità del suono emesso dal sistema audio Harman Kardon.

In definitiva un'auto moderna e piacevole ma anche abbastanza potente da non dover "subire" il traffico, che afferma una volta di più l'elevato livello di tecnologia raggiunto dai prodotti del marchio Kia e offre un'abitacolo ampio e confortevole senza eccedere nelle dimensioni esterne.

20 gennaio 2022

BMW non abbandona

Il successo di vendite di BMW conferma la Casa nella sua decisione di continuare a sviluppare motori a combustione parallelamente a quelli elettrici

Nel corso del 2021 le autovetture del segmento luxury di BMW vendute nel mondo sono state 2,2 milioni, contro le 2,05 milioni del competitor Mercedes-Benz. Un successo storico per il marchio, che continua l'evoluzione dei suoi prodotti su una strada che, se guarda all'elettrificazione sul lungo termine, non rinuncia però allo sviluppo dei motori endotermici sul breve e medio. Una posizione nettamente differente quindi da quella della storica avversaria MB, ma anche della leader tedesca VW, entrambe dichiaratamente a favore sello sviluppo elettrico in netta alternativa alle motorizzazioni classiche.


Evidentemente, BMW condivide il discorso dell'ad Tavares di Stellantis a un anno dalla creazione del gruppo, durante il quale ha detto senza mezzi termini che l'elettrificazione è una scelta politica e non tecnica. Il termine fissato dalla UE per lo stop ai motori a combustione è ormai noto e molti costruttori hanno già mostrato di far buon viso a cattivo gioco, ma BMW preferisce continuare anche con le soluzioni endotermiche. Secondo Frank Weber, Development Director di BMW, la prossima Serie 7 sarà elettrica, ma offrirà anche nuove unità a 6 e 8 cilindri. 



Si tratta di pragmatismo tecnico ma anche meramente economico. Non in tutti i continenti, infatti, l’elettrificazione è imminente e in molti Stati l'uso dei motori a combustione resta il più conveniente per mere ragioni di mercato; incidentalmente è lo stesso anche in Italia. Quindi la scelta di una doppia strategia è logica ma anche conveniente.
Le prossime unità saranno dunque a norme Euro 7 e dovranno coprire il periodo di transizione verso la nuova mobilità; avranno comunque un'assistenza elettrica, perché il brand ha intrapreso ormai la strada dell'ibrido come argomento tecnico centrale.
E' da rilevare comunque che la scelta di produrre motori a elevato frazionamento è anch'essa in netto contrasto con la concorrenza. Se infatti è al capolinea il V12 di Monaco, che equipaggerà i 12 esemplari numerati della M760i Final V12 destinata al mercato Usa, 6 in linea e V8 saranno ancora la spina dorsale dei modelli più prestigiosi.
Un'impostazione assai diversa da quella degli altri marchi tedeschi e in particolare da quella dell'avversaria di sempre Mercedez-Benz, che monterà unità a quattro cilindri persino sulle prossime AMG della Classe C.


Dopo quella che sembrava un'accettazione prona dei diktat comunitari sull'automobile da parte dei costruttori, sembra oggi che in nome del principio di realtà si stia concretizzando una richiesta di revisione delle scadenze che tenga conto di difficoltà tecniche, contraccolpi economici ed esigenze concrete di mobilità per l'imminente futuro. 

19 gennaio 2022

I nuovi protagonisti

Con guida autonoma ed elettrificazione è più difficile fare analisi tecniche sull'architettura alla base dei nuovi veicoli, alcuni dei quali sfrutteranno piattaforme realizzate da aziende che un tempo non avevano nulla a che fare con l'automotive.

 


E' il caso di Qualcomm, l'azienda elettronica con sede a San Diego, California, che ha iniziato nel settore dei dispositivi mobili a metà degli anni '80, quando i suoi brevetti hanno stabilito lo standard di comunicazione per la rete cellulare 2G. La tecnologia wireless rappresenta ancora l'80% dei suoi ricavi, ma alcuni anni fa, quando è stato previsto il mercato in crescita per connettività, infotainment e sistemi di assistenza alla guida, ha contattato Google per lo sviluppo di un sistema operativo destinato all'auto e di un chipset che potrebbe supportare tale sistema. 

La sfida è quella di fornire un sistema chiavi in ​​mano in grado di incorporare qualsiasi cosa, GPS, Bluetooth, 5G/LTE, elaborazione di infotainment, cabina di pilotaggio digitale e sistemi avanzati di assistenza alla guida. Questi servizi sono raggruppati in tre sistemi denominati Digital Chassis, Digital Cockpit e Ride. Renault ha recentemente annunciato l'intenzione di incorporare tutti e tre in un nuovo veicolo; per questa offerta si avvale del sistema Snapdragon di Qualcomm, che funge da spina dorsale elettronica. 


Lo Snapdragon Digital Chassis di Qualcomm è progettato per supportare vari sistemi operativi esistenti e per essere aggiornabile nel tempo a mano a mano che emergono nuovi contenuti o a seconda delle scelte dei proprietari. Potrebbe darsi il caso, infatti, che il primo acquirente voglia funzionalità minime  mentre il successivo proprietario desideri aggiungere attrezzature e funzionalità. Il sistema è progettato quindi per consentire lo sblocco di nuove funzionalità anche anni dopo aver lasciato la fabbrica.
E ciò delinea anche il cambiamento nella struttura di guadagno sui prodotti automotive: Qualcomm infatti ottiene una royalty quando vengono attivate nuove funzionalità. Non si tratta quindi soltanto della fornitura di sottosistemi, ma dell'effettivo ingresso nella catena del ricavo di nuovi soggetti, che in definitiva si collocano in posizione di rilievo sul posizionamento di mercato del veicolo. 

Nel mondo dei personal computer, infatti, si dà rilievo al fornitore del microprocessore (Intel Inside), mentre in quello dell'auto sinora nessuno si preoccupava di chi produce l'elettronica dei veicoli. Sembra quindi che la rivoluzione elettrica possa cambiare le cose e avvicinare ancor più i veicoli al mondo consumer anche nei claim e negli argomenti di attrattiva per la clientela.

17 gennaio 2022

Dacia rallenta la transizione

La Casa low cost del gruppo Renault punta su leggerezza ed efficienza per ridurre le emissioni di CO2, così da non dover produrre ibridi plug-in ed EV per rientrare nelle norme UE  

L'ad De Meo l'ha detto la settimana scorsa, Dacia non seguirà il processo di elettrificazione a tappe forzate del gruppo Renault con lo stesso timing. Se il resto dei brand entro il 2030 seguirà i diktat comunitari sull'esclusione dal listino delle auto dotate di motori a combustione, la Casa rumena non farà altrettanto, concentrandosi su tecnologie più light che consentano di rispettare i vincoli con soluzioni più tradizionali senza alimentare spirali di aumento di prezzo pericolose per il mantenimento della posizione di mercato raggiunta.

Così alla Spring, unica auto elettrica in listino, si aggiungerà l'anno prossimo soltanto una versione ibrida della nuova Jogger a sette posti. L'approccio cauto è dunque fondamentale per mantenere il vantaggio di prezzo sulla concorrenza del marchio. Dacia ha impostato la produzione sul fornire alla propria clientela tutto ciò che è indispensabile ma senza fronzoli; quindi niente sedili elettrici o gadget di maniera. La politica di riduzione all'essenziale degli accessori ha però una ricaduta positiva sul peso complessivo dei veicoli, che essendo molto più leggeri hanno emissioni intrinsecamente più basse, limitando quindi la necessità del ricorso a costose tecnologie di elettrificazione per soddisfare i requisiti normativi. La Jogger, ad esempio, pesa da 1.176 a 1.223 kg, circa il 20% meno della concorrenza.

 La politica di fornire all'utenza una soluzione a minor costo non implica comunque il  rifiuto del passaggio alla tecnologia elettrica, ma solo la sua dilazione nel tempo, allo scopo di ammortizzare i costi dell'investimento per poter offrire la soluzione su tutta la gamma a un prezzo accessibile.
Dall'attuale bacino di possibile clientela attorno a 5 milioni, Dacia intende raggiungere la quota di 9,5 milioni con il debutto della Jogger e della rinnovata Duster, offrendo al mercato la concreta alternativa dell'acquisto di un veicolo nuovo a fronte dell'aumento del prezzo dell'usato legato alla crisi dei semiconduttori e alla carenza di materiali. 

Anche in questo caso la politica Dacia potrebbe mostrare un atout: il fatto di concentrarsi su tecnologie efficienti e poco complesse limita il ricorso a materiali costosi e di difficile reperibilità, offrendo comunque un prodotto efficiente e in linea con il mercato; un modo efficace, inoltre, di ridurre le attese per la consegna.

14 gennaio 2022

Sportage, l'evoluzione di Kia

Il count down organizzato dal marketing per il lancio della nuova Kia Sportage sta per finire: da domani inizia l'open day nelle concessionarie 

La quinta generazione della Suv, venduta sinora in 170.000 unità dal 2012 grazie al suo elevato rapporto qualità/prezzo, è ora sul mercato. Per il modello di maggior successo del marchio coreano appartenente al gruppo Hyundai c'è un'evoluzione di stile, atout da sempre molto importante per il marchio, e tecnologica, visto l'impiego della nuova piattaforma N3 che unisce la notevole rigidità all'ottimale posizionamento delle batterie per i modelli ibridi della gamma.

Nell'andamento della linea si riconosce la più recente filosofia di design Kia, Opposites United: un frontale muscoloso e morbido, quindi, in cui spiccano la griglia nera e le luci diurne che incorniciano internamente i fari Matrix LED, che contrasta con le linee tese della fiancata che si riuniscono verso l'alto nella coda e nei gruppi ottici divisi tra la carrozzeria e il portellone. Un profilo questo che ricorda quello della recente EV6 nello spoiler superiore, che dona all'insieme un tocco sportivo.

Il criterio di progettazione indirizzato al piacere di guida e al comfort ha prodotto un passo allungato a 2.680 mm, con 26 mm in più tra i sedili anteriori e posteriori, contenendo comunque in 30 mm la maggior lunghezza della vettura, che ora raggiunge i 4.515 mm. Più spazio anche per il carico, con un bagagliaio che ora ha la capacità di 587 l, 87 più della versione precedente. 

All'interno maggior cura dei particolari e materiali di qualità, con il cruscotto costituito da un display curvo da 12,3 pollici e un display touch multifunzione per ogni azionamento, sviluppati entrambi per garantire semplicità d'uso e intuitività delle funzioni. Il navigatore connesso garantisce poi un sistema di aggiornamento delle mappe over-the-air. Nella console centrale si trovano poi il quadrante di comando della trasmissione shift-by-wire e un alloggiamento per la ricarica veloce degli smatphone da 15W, mentre porte USB sono inserite nella struttura dei sedili.

Molta attenzione alla sicurezza, con la struttura rinforzata della scocca che si unisce agli airbag conducente, passeggero, a tendina laterali, centrale per i sedili anteriori e laterali bassi. Allo stato dell'arte la dotazione di ADAS, con il sistema anti-collisioni frontali e nelle svolte agli incroci e un controllo di velocità intelligente che si regola anche in base al limite di velocità e che agisce insieme al mantenimento della vettura al centro della carreggiata.
Ci sono poi lo Smart Cruise Control che, utilizza i dati di navigazione in tempo reale e avverte il conducente delle variazioni di tracciato in arrivo, il Blind-Spot Collision-Avoidance Assist per ridurre il rischio di collisione laterale e il Remote Smart Parking Assist, che consente di parcheggiare o uscire da un parcheggio stando all'esterno del veicolo.

La nuova Sportage è disponibile con propulsore a benzina, Diesel, ibrido, ibrido plug-in e a Gpl. La motorizzazione top è la plug-in Hybrid, dotata del 4 cilindri turbo a benzina T-GDI da 180 CV affiancato da un motore elettrico da 66,9 kW per una potenza complessiva di 265 CV con una batteria da 13,8 kWh. Quest'ultimo può essere ricaricato con una potenza massima fino a 7,2 kW garantendo così tempi di attesa ridotti.
La potenza scende a 230 CV nella versione Hybrid, ove lo stesso motore è accoppiato a uno elettrico 44,2 kW con una batteria da 1,49 kWh, mentre la versione mild-hybrid a benzina dispone di 150 CV. Struttura mild-hybrid a 48 V anche per la turbodiesel, che eroga 136 CV. Kia punta ancora sul motore a gasolio anche in questa fase di cambiamento epocale e, conscia delle notevoli doti intrinseche della soluzione, non esclude in futuro soluzioni ibride più avanzate anche con tale tipo di unità. E' disponibile un cambio a doppia frizione a 7 rapporti oppure quello manuale intelligente a 6 marce per le versioni con motorizzazioni Mild Hybrid, mentre le versioni Hybrid e Plug-in Hybrid sono dotate di un automatico sei rapporti di ultima generazione; a seconda delle configurazioni, la trazione è integrale oppure anteriore. 

La gamma si articola su 4 versioni, Business, Style, GT-Line e GT-Line Plus nelle differenti motorizzazioni, con la forbice dei prezzi che va dai 29.950 € della 1.6 TGDI MHEV ai 44.950 € della 1.6 TGDi HEV AWD AT.





13 gennaio 2022

A volte ritornano...

Mazda non ha buttato nel cestino la sua grande esperienza con il motore Wankel. Che ora fa capolino su un progetto depositato in Europa 

 


Ancora una volta la Casa giapponese va per la sua strada. Seguendo il percorso ideologico tracciato con i motori Skyactiv, anche in un’epoca in cui sono ormai i soli motori elettrici a tenere banco deposita un brevetto che suggerisce come potrebbe ancora lavorare su un revival del motore rotativo. Con ogni probabilità l’unità verrebbe inserita nella recente piattaforma a trazione posteriore, nella quale sarebbe parte di un sistema ibrido. In pratica l’evoluzione del progetto della MX-10 visto un paio di anni fa.



Il progetto descrive un'unità motrice progettata per essere collocata in posizione centrale e arretrata allo scopo di ottenere una distribuzione ottimale del peso e incorpora un sistema di raffreddamento condiviso tra le unità elettrica che e a combustione interna. Ma questa unità è chiaramente un Wankel, scelta nella versione a tre rotori per compattezza e potenza erogabile, pur se un motore a pistoni potrebbe comunque prendere lo stesso posto. La struttura sembra quella transaxle, con motori elettrici che azionano le ruote anteriori e realizzano in pratica una trazione integrale, ma la collocazione dell'unità come dal disegno non sarebbe possibile se il motore fosse a combustione, perché in tal caso gli ingombri sarebbero eccessivi.


Il documento comunque è ampio e prevede quindi anche architetture diverse, come le versioni con motore posteriore e trazione posteriore e quelle a motore e trazione anteriori, ma non è ancora chiaro se possa effettivamente prefigurare una vettura di produzione, quantomeno con il motore Wankel. Dal progetto si evince infatti che il motore rotativo eserciterebbe anche la funzione di trazione, oltre che di ricarica del sistema di accumulo, che Mazda ha individuato nell'uso di supercondensatori. In caso positivo, sarebbe il rilancio di una tecnologia che alla luce delle attuali stringenti norme anti-inquinamento ha dalla sua solo gli eccellenti rapporti peso/ingombro e peso/potenza, mentre sconta difficoltà a contenere gli inquinanti e a garantire affidabilità pari ai motori a pistoni. Tanto che Mazda potrebbe adottarlo anche solo in qualità di range extender funzionante a punto fisso per i suoi modelli a batteria.


11 gennaio 2022

La strategia della lentezza


Toyota è nota per muoversi sempre con molta cautela riguardo ogni sua scelta produttiva. Così, mentre altri produttori hanno promesso una rapida elettrificazione a tutti i costi, Toyota ha continuato a sostenere le sue auto ibride, nell’ottica di offrire prodotti realisticamente utili. Ma ciò non significa che l’azienda non si occupi di EV e che, nella tpica ottica jap, non abbia interessi nella catena di produzione dei componenti chiave delle auto elettriche, significativamente gli accumulatori.

Al CES, dunque, ha annunciato la pianificazione del lancio di un’auto con batterie a stato solido, un dispositivo al nichel-metal-idruro che dovrebbe equipaggiare in autunno la Aqua (la Prius dalle nostre parti) sul mercato giapponese. Le critiche alla decisione si concentrano sul fatto che si utilizzi una tecnologia vecchia (Toyota adottava le Ni-MH sulle Prius fino al 2016), che pur attualizzata resta meno performante dei prodotti a base di litio, ma il produttore ha affermato che i miglioramenti incrementali rispetto alle tecnologie esistenti hanno semplicemente più senso di una ricerca spinta all’estremo con obiettivi ancora troppo lontani.

Nel prossimo futuro, quindi, Toyota continuerà con i prodotti ibridi, ritenuti ancora i più adatti nella fase di passaggio verso l’elettrificazione, mentre lo sviluppo di batterie al litio a elettrolita solido continuerà fino a ottenere prodotti affidabili ma soprattutto a un costo accettabile. Il continuo rincaro delle materie prime rischia infatti di mettere fuori mercato il costo degli accumulatori al litio e l’alternativa con prodotti a minor costo e realizzati con materiali più facilmentre reperibili resta un punto fisso nella strategia di marketing.

 

Secondo la Casa, inoltre, un focus troppo concentrato sulle batterie mette in ombra quelo che invece è il problema fondamentale: l’implementazione di una rete che abbia il potenziale per ricaricare i veicoli in tempi davvero rapidi. Le moderne stazioni di ricarica non sono infatti ancora in grado di erogare la quantità di energia che renderebbe qualsiasi veicolo puramente elettrico in grado di aumentare la proprio autonomia alla stessa velocità con cui si potrebbe riempire il serbatoio di un veicolo a combustione.

10 gennaio 2022

La meta-era

Siamo sicuri che l'automobile di domani sarà ancora un mezzo di trasporto?
Le novità al CES ma anche le norme UE forse mostrano qualcosa di diverso

 

Il termine meta è la la parola magica. Sull'onda dei cospicui investimenti di vari attori del web, primo fra tutti Facebook, la lobby digitale con il metaverso vuole aprire a tutti i costi una sorta di realtà trascendente in cui avvolgere tutta l'umanità, incidentalmente non a costo zero.
In pratica la riedizione di Second Life, ma stavolta con la benedizione della pandemia che, grazie alla limitazione di spostamenti e contatti, aiuta la diffusione di un modo di connettersi che evita tutto ciò che è fisico.

Alienazione o progresso?

Non sono sicuro che ciò rappresenti un progresso. A mio parere non è che un'altra forma di alienazione che ci viene propinata al solo scopo di scucirci del denaro, visto che per la vita virtuale occorrerà pagare (ma con soldi veri) status, allestimenti e beni.
C'è inoltre un risvolto energetico devastante. Come già accade oggi con le criptovalute, i server destinati a generare le realtà virtuali consumano moltissimo e se la meta-paranoia si diffondesse arriverebbero a consumi stratosferici e a raggiunere la discutibile fame di sistema più energivoro del pianeta.
 
 
Cosa c'entra questo con l'automobile? Moltissimo. Basta guardare ai prodotti portati al CES di Las Vegas da Hyundai e Boston Dynamics, quella dei robot antropomorfi. La piattaforma modulare Plug & Drive della Casa coreana consente infatti una mobilità gestita da intelligenza artificiale per oggetti normalmente inanimati, facendo così da tramite tra umani e metaverso.
Capsule monoruota che ci aiutano a diventare amebe prive di muscolatura, dato che sono in grado di farci uscire di casa e caricarci su un trailer collettivo per portarci dove si può comprare qualcos'altro di inutile. 
 
Dal canto suo, Sony ha annunciato VISION-S, la sua seconda escursione in campo auto, definita dalla società un'iniziativa volta a contribuire all'evoluzione della mobilità. Sony ha iniziato i test di guida 5G nell'aprile scorso in Europa e prevede di sviluppare ulteriormente tecnologie incentrate su sicurezza, adattabilità e intrattenimento. Il veicolo mostrato utilizza la stessa piattaforma del prototipo precedente, attualmente in test su strade pubbliche; ha 7 posti e riconosce e analizza l'ambiente circostante in tempo reale per una guida autonoma totale.

Sony costituirà in primavera Sony Mobility Inc., attraverso la quale esplorerà le opzioni di ingresso nel mercato dei veicoli elettrici sfruttando al meglio le tecnologie di intelligenza artificiale e robotica insieme al robot di intrattenimento autonomo aibo e al drone Airpeak.
Eccolo quindi, il metaverso.

 

Il modello societario

Resta da capire cosa faranno gli enti normativi UE in testa. Se come sembra l'intento reale è quello di limitare la mobilità privata a favore di vettori condivisi, cosa c'è di meglio che saltare il fosso e impedire addirittura il movimento imprigionando le persone in una sorta di Matrix?
E  come si comporterà la lobby verde? Sarà prona a una netta riduzione di movimento pur a fronte dell'aumento dei consumi elettrici?
La saldatura delle due lobby sarebbe devastante, per la libertà in senso assoluto e per la crescita intellettuale della società. Che con i mondi virtuali sarà sempre più vicina al pensiero unico.

 




Solo inutili o anche pericolose?

I test di guida autonoma proseguono tra difficoltà tecniche, indagini, e trascurabile impatto economico. C'è da domandarsi se si tratti ...