27 novembre 2023

Da dove viene la CO2

In ogni cambiamento epocale c'è chi guadagna e chi perde. Ma nell'attuale geo-religione esite un vulnus di base che vanifica qualunque sforzo per ridurre le emissioni.

Ridurre le emissioni di gas serra, questo il refrain imperante. E gas serra vuol dire essenzialmente anidride carbonica, mentre a sua volta CO2 vuol dire attività umane, dall'industria all'agricoltura, dalla sovrapopolazione alla deforestazione.

Ma alla base di tutto c'è la pretesa di generare un cambiamento epocale e completo senza cambiare nulla, in concreto, nel sistema economico e industriale che governa il mondo.
Se l'industria continua a produrre a ritmi crescenti è evidente che le emissioni cresceranno. E non venitemi a raccontare di aziende sostenibili; il più delle volte il bilancio deriva da artifici contabili o matematici sulla provenienza dell'energia impiegata, facendo finta di non sapere che ancor oggi nel mondo l' 80% di essa deriva da fonti fossili o, peggio, direttamente dal carbone, vedi Germania e Cina. Per quanto fotovoltaico o eolico si faccia, la parte sostanziale dell'energia industriale viene da fonti fossili e solo in qualche Paese anche dal nucleare, unica fonte concentrata e continua priva di emissioni.


Quindi il problema è il modello, non i prodotti. E calandoci sull'automobile, qualunque sistema di trazione si impieghi, tradizionale o elettrico, è la produzione stessa del bene che genera CO2.
Se le Case impegnate nella transizione elettrica continuano a sfornare nuovi modelli e pretendono di farceli cambiare ogni tre anni, il tasso di emissione netto non farà che crescere.
Oggi non c'è più alcuna ragione di cambiare auto a intervalli così ravvicinati se non quella di mantenere l'industria che le produce. Le vetture odierne resistono per decenni alla ruggine e i motori a combustione superano di slancio i 300mila chilometri, mentre quelli elettrici vanno molto oltre. Considerato che in media un automobilista fa tra i 12 e i 15mila km annui, cambiando auto ogni 10 anni avremmo ancora usati capaci di resistere a lungo e non produrremmo nuova anidride carbonica; certo che però le Case ne avrebbero un bel contraccolpo.


Sostituire quindi le vetture a scadenza ravvicinata semplicemente non ha senso, poiché così si spreca inutilmente la quota di gas serra inerente la passata produzione, accumulandone altra quando non occorrerebbe; e in tutto ciò gli enti normativi hanno una grande colpa, perché non posso credere non sappiano fare semplici bilanci ambientali.
Non sono un fautore della decrescita felice, ma continuare a perpetrare il consumismo, pur ammantato di ambientalismo, non risolve nulla e fa guagnare solo chi è più veloce ad adeguarsi, basta vedere la continua crescita di claim del tipo sostenibile o ecocompatibile riferiti a prodotti decisamente tradizionali.
Se poi si vuole tirare in ballo l'inquinamento vero e proprio, quello delle città, occorrono bilanci credibili e onesti su chi e cosa lo determini, evitando il facile indice accusatore sulle auto e domandandosi quanto conti sul totale il consumo di suolo a scapito della vegetazione.


Non è facile trovare la quadra in un mondo dove sono tornati pandemia e venti di guerra, ma lo sforzo di concepire un sistema economico finalmente a favore dell'uomo dovrebbe prevalere, se vogliamo davvero salvaguardare il pianeta.
Evitando il delirio infantile di volere tutto senza cambiare nulla.

24 novembre 2023

Sodio per risparmiare

Il metallo alcalino più diffuso sulla terra si prospetta protagonista della nuova filiera di accumulatori a basso costo che equipaggeranno le Bev più economiche.

La ricerca sugli accumulatori è incessantemente alla ricerca di materiali e soluzioni che possano abbassare l'alto costo dei prodotti. Praticamente ogni modello di BEV, infatti, utilizza batterie al litio, che impiegano tutta una serie di materiali costosi e poco disponbili nel mondo.
Esistono diversi filoni di ricerca, ma quello dell'uso del sodio al posto del litio è ormai alla fase industriale, tanto che BYD ha firmato un contratto da 10 miliardi di yuan (circa 1,3 miliardi di euro) per un nuovo impianto di batterie a Xuzhou, città a metà strada tra Pechino e Shanghai.


Il costo inferiore del sodio è compensato dalla minore densità energetica delle batterie, mediamente 160 contro 250 Wh/kg e ciò implica maggior peso installato sui veicoli, anche perché il metallo ha una massa maggiore del litio. Ma la produzione di batterie di questo tipo allenterà la pressione sulle estrazioni di metalli preziosi, dal litio al cobalto, e di fatto creerà una nuova tipologia di prodotti destinati a veicoli più economici, lasciando il litio ai modelli di fascia alta.


Lo stabilimento, realizzato su un'area di 310.000 m2, è quasi pronto e la produzione inizierà a marzo 2024. In Cina ci sono già esempi di auto dotate di batterie al sodio e altri produttori stanno seguendo la stessa strada, come CATL, che ha annunciato ad aprile che le sue batterie agli ioni di sodio saranno installate sulla iCar di Chery Auto, e Hina.
Attualmente sembra che i costruttori si siano orientati su un pacco da 25 kWh con densità energetica di 120 Wh/kg per un'autonomia di 250 km; il peso di questo dispostivo è di quasi 210 kg, che salirebbero a oltre 400 per una capacità di appena 50 kWh.


Il successo delle batterie al sodio dipende perciò dalla tipologia di auto che ne saranno fornite: per non appesantirle troppo si tratterà tipicamente di modelli da città, altrimenti l'incremento di peso, che supera il 50%, renderebbe i già pesanti veicoli attuali dei veri carri armati.
E vista l'aria che tira, vedi il referendum parigino sulla tassa addizionale per le Bev più massicce, non è proprio il caso.

23 novembre 2023

Troppa ressa ai superchargers

La scelta di liberalizzare l'accesso ai superchargers sta creando problemi di congestione, che Tesla intende contrastare con una tassa addizionale.

Si sa che negli Usa tutto si risolve a suon di dollari, tempi di attesa compresi. Così Tesla, che  ha da poco aperto la sua rete Supercharger agli altri marchi riscontrando però un aumento esponenziale degli accessi, ha deciso di gestire l’afflusso nel più tipico spirito yankee.
Per contrastare l'affollamento la Casa ha perciò annunciato che addebiterà tariffe di congestione fino a 1 dollaro al minuto, con l'intento di velocizzare le operazioni di ricarica.


Già alcuni Supercharger applicano una tariffa di inattività che scoraggia a lasciare collegato un veicolo completamente o quasi carico troppo a lungo, ma la nuova tariffa di congestione inizia per tutti al raggiungimento del 90% della capacità dell'accumulatore.
La rete supercharger sta per diventare lo standard per diversi costruttori; Ford, GM e molti altri hanno infatti annunciato di voler adottare il sitema NACS di Tesla; è prevedibile perciò che a breve la struttura sarà sempre più trafficata.
Tesla non ha offerto dettagli su dove e quando verranno implementate le tariffe, dicendo però che solo ad alcuni caricatori sarà applicata la nuova tassa.

21 novembre 2023

TVR in chiaroscuro

Sempre più in forse il ritorno della TVR, in bilico tra difficoltà economiche e transizione alle BEV.

Da 10 anni si parla del ritorno della TVR nel novero dei produttori di auto sportive, da quando cioè Les Edgar e il suo team hanno rilevato l'azienda dalla proprietà russa. Agli inzi del 2018 è stata presentata la nuova Griffith e le cose sembravano procedere bene, con ordini in arrivo e il governo del Galles che aveva deciso di sostenere economicamente il rilancio del brand con un contributo alla riconversione di uno stabilimento di materiali da costruzione sito a Ebbw Vale.


Ma i molti intoppi degli ultimi 5 anni, Covid incluso, hanno rallentato la messa in produzione della nuova sportiva, dotata, ricordo, di motore V8 Ford elaborato dalla Cosworth per ottenerne 507 CV. Nel frattempo Ford ha messo in vendita una versione GT 500 da 771 CV della Mustang e il tuning inglese è quindi ormai superato, anche se il peso ridotto della Griffith, 1.250 kg, la rende comunque prestazionale. Per compensare, TVR promette una versione BEV della propria vettura, sulla cui realizzazione pesano però i tempi al futuro che la commentano sul sito della Casa, mentre la sponsorizzazione della Formula E annunciata nel 2022 non ha avuto seguito quest'anno. 


Sul sito si chiedono 5.000 £ di deposito per ordinare una Griffith e la prevista entrata in produzione per il 2024 non è ancora stata aggiornata, ma si parla solo della V8, mentre per l'elettrica è tutto ancora in alto mare, così come il lancio di addirittura due nuovi veicoli elettrici. E se in ambito tradizionale TVR può forse sfruttare ancora la sua aura di costruttore di vetture estreme e adrenaliniche, con il passaggio all'elettrico si trova a fronteggiare una molteplicità di concorrenti più o meno artigianali altrettanto dotate.
Un futuro difficile anche per un sognatore come Edgar.

13 novembre 2023

Il futuro di Tesla

La recente visita di Musk alla Gigafactory di Berlino prelude all'avvio della produzione anche in Europa della cosiddetta Model 2, primo modello da mass market.

Si parla da tempo della nuova auto compatta del produttore americano, la vettura che dovrebbe segnare il passaggio del marchio da quello che oggi è il mercato normale delle Bev, cioè ad alto prezzo, a quello della produzione di massa, cioè a un prezzo di attacco più accessibile.
Si tratta tuttavia ancora di speculazioni teoriche, perché Elon Musk, che sa certamente il fatto suo quanto a tecniche di marketing, non ha mai ufficialmente ammesso l'entrata in produzione di un veicolo elettrico entry-level, del quale peraltro non ha nemmeno confermato né smentito il nome. Ha affermato però più volte che un'auto più economica ha senso.


I motivi del silenzio Tesla sul nuovo modello sono ovviamente conservativi, visto che sarebbe in programma un rinnovamento della Model 3 e della Y, oltre al complesso avvio di produzione (forse ancora in forse) del Cybertruck. L' annuncio troppo in anticipo di un modello dal prezzo più basso rischia di rallentare le vendite di quelli esistenti; le previsioni danno per l’inizio del 2024 l'anteprima della vettura, con inizio dell'implementazione della struttura produttiva in Cina a metà del 2025 e il trasferimento in Europa solo più tardi.
Occorre considerare però che il prezzo medio di vendita di una Bev nel Celeste Impero è di 31.000 € al cambio, mentre in Europa siamo a 61.000 €. Ciò espone quindi a una forte concorrenza di mercato la produzione di un'auto da 25.000 euro in Cina, mentre rappresenterebbe un considerevole atout in Europa, dove a quel prezzo acquisti una Twingo E-Tech.


Lo sviluppo dei sistemi di montaggio avviene comunque in Cina e là Tesla sta lavorando a una nuova tecnologia produttiva per realizzare l'intero sottoscocca in pezzo unico, soluzione che abbatterebbe i costi fino al 50% secondo Musk.
Per quanto attiene l'Europa, la Casa texana prevede di raddoppiare la capacità dello stabilimento tedesco portandola a 1 milione di veicoli all’anno, ma deve anche gestire il malcontento degli operai locali, remunerati con paghe inferiori del 20% rispetto a quelle degli altri costruttori.
Nel corso della visita Musk ha dichiarato perciò che il personale riceverà un aumento salariale del 4% a partire dal mese in corso, con un bonus di altri 2.500 euro/anno a partire da febbraio 2024.
Visto la situazione negli Usa con lo sciopero della UAW, Elon Musk deve fare attenzione a non dare inizio a una replica europea delle contestazioni, cosa che metterebbe in difficoltà l'azienda assai più della concorrenza delle altre Case.

06 novembre 2023

Il business delle fine serie

Abitudine tipicamente teutone quella di vendere gli ultimi modelli di un'auto con un tocco di esclusività. Ora tocca all'Audi TT, la cui produzione termina quest'anno.

Con la TT finisce una produzione durata tre generazioni a partire dal 1998; il progetto iniziale doveva proseguire insieme a quello della R8 con una sostituta elettrica, ma visti i chiari di luna del gruppo riguardo le vendite delle elettriche, è doveroso usare l'imperfetto. Anche perché se già c'è una resistenza della clientela verso l'acquisto di Bev ordinarie, le cose diventano ancora più difficili con le sportive.


Anyway
, negli Usa sarà offerta un'edizione finale in tiratura limitata (solo 50 pezzi) basata sulla Roadster, con la capote  in tessuto grigia anziché nera. Audi voleva differenziare questo ultimo modello dalle altre TT, per questo è stata scelta la tinta Goodwood Green con interni in pelle Palomino Brown. Colori esclusivi, che rimandano però alla prima generazione; ricordo che alla presentazione della Roaster nel 1999 erano disponibili otto tonalità di verde.


Questa versione monta cerchi da 20 pollici con pneumatici 235/30 e sospensioni a controllo elettronico che permettono di abbassare l'assetto di 10 mm.
Il propulsore è il 2 litri turbo TFSI da 231 CV e 350 Nm, che trasmette il moto alle quattro ruote tramite un cambio S tronic a 7 marce.
Il tutto per la bellezza di 67.800 dollari, cui aggiungere la destination tax di 1.095 $. Mica male, visto che non si tratta nemmeno della versione con il 5 cilindri da 400 CV.
In definitiva la solita operazione nostalgia, il cui impatto sui conti sarà comunque limitato viste le sole 50 unità previste. In 25 anni le cose sono cambiate parecchio e credo sarà molto difficile che, situazione di vendita contingente a parte, una Bev possa prendere il testimone della TT.

02 novembre 2023

Mobilità in valigia

Si chiama MotoCompacto ed è l'ultimo prodotto Honda per la micromobilità. Negli Usa è già in vendita e potrebbe divenire l'alternativa più sicura al monopattino elettrico.

Tra i numerosi flop accumulati dalle Case automobilistiche nell'ultimo periodo si annovera quello dei monopattini, rispolverati dall'ambito dei giochi per bambini del secolo scorso per cercare di farne il mezzo elettivo della cosiddetta mobilità dell'ultimo miglio.
Definisco la faccenda un flop non già perché i monopattini non si siano diffusi (sono ahimè dappertutto), ma in quanto rivelatisi del tutto indipendenti dal prodotto auto, conquistando di fatto un posto (scomodo) tra i mezzi urbani e non solo. Scomodo (e aggiungo pericoloso) perché stai in piedi su una piccola piattaforma che appoggia su due ruotine minuscole, con possibilità di frenata minime e visibilità molto ridotta.
Oggi sono tutti per strada e quasi nessuno li tiene nel bagagliaio, ma è indubbio che, viste le complicazioni che le amministrazioni introducono a danno delle auto in città, un mezzo dell'ultimo miglio, se ti tocca parcheggiare a 2 km da casa, farebbe comodo.


Ed è proprio in questo senso che Honda ha lanciato a settembre MotoCompacto, micromoto elettrica foldable che ambisce a riguadagnare il ruolo di mezzo ausiliario da tenere nel bagagliaio per gli spostamenti a corto raggio.
Non è una notizia freschissima, quindi, ma l'occasione di riparlarne è il lancio ufficiale sul mercato Usa, al prezzo di 995 $.


MotoCompacto ha un'autonomia di 12 miglia, un filo più di 19 km, e raggiunge una velocità massima di 15 mph, 24 km/h. Ha un faro, un gruppo ottico posteriore e le pedane estraibili; niente frecce. Ma la sua caratteristica fondamentale è che ha la struttura di una valigetta di dimensioni medie, 74,2 x 53,3 x 9,4 cm, pesante 18,7 kg. Non una piuma, ma gestibile (e trasportabile) grazie al manubrio che può diventare anche una maniglia.
Le ruote sono in stile monopattino, ma stai seduto e quindi hai un maggior controllo del mezzzo dato che abbassi molto il baricentro; può trasportare un passeggero pesante fino a 120 kg, adatto agli standard yankee, dunque.
Ha un motore da 490 W con una coppia di 16 Nm, raggiunge la velocità massima in 7 secondi e si ricarica completamente in 3 ore e mezza con il caricatore che sta all'interno.

Honda intende promuoverlo ad ampio raggio, dall'ultimo miglio al commuting interno per aziende, a mezzo di puro divertimento.
Per l'Italia è troppo potente per non doversi dotare di assicurazione né avere l'obbligo del casco, ma sembra che anche i monopattini siano destinati allo stessa forca caudina, quindi...


Solo inutili o anche pericolose?

I test di guida autonoma proseguono tra difficoltà tecniche, indagini, e trascurabile impatto economico. C'è da domandarsi se si tratti ...