In ogni cambiamento epocale c'è chi guadagna e chi perde. Ma nell'attuale geo-religione esite un vulnus di base che vanifica qualunque sforzo per ridurre le emissioni.
Ridurre le emissioni di gas serra, questo il refrain imperante. E gas serra vuol dire essenzialmente anidride carbonica, mentre a sua volta CO2 vuol dire attività umane, dall'industria all'agricoltura, dalla sovrapopolazione alla deforestazione.
Ma alla base di tutto c'è la pretesa di generare un cambiamento epocale e completo senza cambiare nulla, in concreto, nel sistema economico e industriale che governa il mondo.
Se l'industria continua a produrre a ritmi crescenti è evidente che le emissioni cresceranno. E non venitemi a raccontare di aziende sostenibili; il più delle volte il bilancio deriva da artifici contabili o matematici sulla provenienza dell'energia impiegata, facendo finta di non sapere che ancor oggi nel mondo l' 80% di essa deriva da fonti fossili o, peggio, direttamente dal carbone, vedi Germania e Cina. Per quanto fotovoltaico o eolico si faccia, la parte sostanziale dell'energia industriale viene da fonti fossili e solo in qualche Paese anche dal nucleare, unica fonte concentrata e continua priva di emissioni.
Quindi il problema è il modello, non i prodotti. E calandoci sull'automobile, qualunque sistema di trazione si impieghi, tradizionale o elettrico, è la produzione stessa del bene che genera CO2.
Se le Case impegnate nella transizione elettrica continuano a sfornare nuovi modelli e pretendono di farceli cambiare ogni tre anni, il tasso di emissione netto non farà che crescere.
Oggi non c'è più alcuna ragione di cambiare auto a intervalli così ravvicinati se non quella di mantenere l'industria che le produce. Le vetture odierne resistono per decenni alla ruggine e i motori a combustione superano di slancio i 300mila chilometri, mentre quelli elettrici vanno molto oltre. Considerato che in media un automobilista fa tra i 12 e i 15mila km annui, cambiando auto ogni 10 anni avremmo ancora usati capaci di resistere a lungo e non produrremmo nuova anidride carbonica; certo che però le Case ne avrebbero un bel contraccolpo.
Sostituire quindi le vetture a scadenza ravvicinata semplicemente non ha senso, poiché così si spreca inutilmente la quota di gas serra inerente la passata produzione, accumulandone altra quando non occorrerebbe; e in tutto ciò gli enti normativi hanno una grande colpa, perché non posso credere non sappiano fare semplici bilanci ambientali.
Non sono un fautore della decrescita felice, ma continuare a perpetrare il consumismo, pur ammantato di ambientalismo, non risolve nulla e fa guagnare solo chi è più veloce ad adeguarsi, basta vedere la continua crescita di claim del tipo sostenibile o ecocompatibile riferiti a prodotti decisamente tradizionali.
Se poi si vuole tirare in ballo l'inquinamento vero e proprio, quello delle città, occorrono bilanci credibili e onesti su chi e cosa lo determini, evitando il facile indice accusatore sulle auto e domandandosi quanto conti sul totale il consumo di suolo a scapito della vegetazione.
Non è facile trovare la quadra in un mondo dove sono tornati pandemia e venti di guerra, ma lo sforzo di concepire un sistema economico finalmente a favore dell'uomo dovrebbe prevalere, se vogliamo davvero salvaguardare il pianeta.
Evitando il delirio infantile di volere tutto senza cambiare nulla.