31 ottobre 2022

Tempi elettrici

Il test di accelerazione con la Kia EV6 GT mostra che una crossover elettrica può competere tranquillamente con una supercar.

Fino a non molto tempo fa, per fare lo 0-100 in meno di 4 secondi ci volevano almeno una M3 o una AMG (oppure una TT RS). E non è che passando alle supersportive i tempi scendano di molto: una Bugatti Chiron Pur Sport ferma il cronometro a 2,3 s, ma ci vogliono ben 1.500 CV. Oggi però un'auto elettrica con 5 posti a bordo può essere più scattante di molte supercar. E' il caso della Kia EV GT, alla quale bastano i suoi 585 CV per raggiungere i 100 orari in appena 3,5 s, una performance decisamente fuori dell'ordinario ma raggiungibile con facilità e senza nemmeno troppi tentativi.


L'occasione gli Electric Days, manifestazione organizzata dal brand coreano per mostrare la sua gamma elettrica e ibrida. Una EV6 GT ha così affrontato più e più volte lo sparo sul lungo rettilineo dell'area Expo di Milano, facendo provare il brivido di un'accelerazione da jet a molti.
Le cose cambiano, dunque, e l'istantanea disponibilità di coppia dei motori elettrici fa la differenza. Fatti salvi dunque i cronici problemi delle BEV, prezzo elevato, autonomia e disponibilità di strutture per la ricarica, resta il fatto che l'elettricità è sicuramente il modo ideale per azionare un veicolo; si tratta di aspettare che il progresso, la politica e l'economia globale evolvano verso questo tipo di soluzione.


Nel frattempo Kia promuove la sua via alla mobilità sostenibile: entro il 2035 gamma completamente elettrica (in ottemperanza al dictat europeo in merito), entro il 2045 completa neutralità sulle emissioni di CO2 e, tanto per seguire il mainstream, già dal 2028 la prima vettura a idrogeno; più in generale 14 nuovi modelli per il 2027.
La transizione da pura Casa costruttrice a fornitore di mobilità è già in corso e in tale ottica si colloca la collaborazione tra Kia Europe e Deutsche Bahn, che ha lo scopo di realizzare impianti di accumulo statici che riutilizzino le batterie dismesse quando la loro autonomia residua scende al di sotto del 70%.


L'impegno ecologico si estende poi al progetto Blue Carbon che prevede la creazione in Corea di distese di alghe e distese fangose che assorbono l'anidride carbonica dall'aria, oltre alla collaborazione con l'organizzazione The Ocean Cleanup che si occupa del recupero della plastica dagli oceani, con l'obiettivo di riciclare tale materiale negli equipaggiamenti di veicoli nuovi.

La mobilità elettrica è un sistema, un'ambito diverso da quello cui siamo stati abituati che richiede tempo per diventare concreto e utile. Vedremo quanto.

25 ottobre 2022

Oscillazioni

E' il leit motiv del mondo attuale: tutto è fluido, dai generi al consenso politico, dalle misure contro il riscaldamento globale alla tenuta in borsa dei trend setter di settore, tipo Tesla per intenderci.


Poco più di un anno fa Elon Musk era decisamente l'uomo più ricco del mondo, con un patrimonio stimato oltre i 300 miliardi di dollari. Oggi la sua fortuna è scesa del 35%, ma resta comunque il leader della classifica con i suoi 200 miliardi abbondanti.
Il fatto è che le sue ricchezze derivano principalmente dalle azioni Tesla e che l'azienda vende auto ad alto prezzo, quindi la recessione che tutti gli analisti annunciano alle porte non sarà positiva per la sua attività. Solo nell'ultimo mese, infatti, ha perso oltre 28 miliardi.


Ma per prendere di petto il periodo storico nel quale siamo entrati occorre necessariamente affrontare un concetto di stabilità anche nella produzione automobilistica. Il marchio Usa ha un catalogo che offre la Tesla Model S Plaid a 140.990 €, non esattamente a buon mercato. Anche la Model 3 ora è venduta a partire da 57.490 €; il brand non ha quindi certo una collocazione generalista che possa garantire un flusso di vendita costante e prevedibile.
Per questo Musk aveva promesso che la sua azienda avrebbe offerto anche una BEV a 25.000 dollari, per poi fare inversione di marcia sull'argomento, adducendo a motivazione l'eccesso di prodotti sul piatto, riferendosi a Cybertruck e Semi.


Ma ora Tesla è a una svolta e deve prepararsi (come gli europei) alla concorrenza cinese, che è in grado di produrre a costi molto inferiori con qualità ormai sovrapponibile ai prodotti del primo mondo.
Quindi riecco le esternazioni su un'auto più piccola e conveniente, la cui sostenibilità industriale sarebbe garantita dalla nuova piattaforma che dovrebbe costare in produzione circa la metà di quella adottata da 3 e Y. Non sono un profeta, ma il prezzo del litio l'anno scorso è raddoppiato e anche se Tesla con la sua produzione ha un ruolo attivo nel determinarne la quotazione il mercato resta nella mani di pochi.


Ipotizzare quindi una piattaforma a costo nettamente più basso è un azzardo perché il costo delle risorse necessarie è soggetto a forte speculazione e annovera nel mercato attori in forte contrasto commerciale. Attendersi quindi per la piccola Tesla un costo di 25.000 dollari non è realistico; più concreto invece attendersi una forchetta tra 25 e 35.000 $.
L'obiettivo di auto elettriche più convenienti per tutti è quello che Musk e Tesla promettono ormai da anni, però è decisamente ancora assai lontano.
Ma soprattutto non è detto possa collimare con il ruolo che l'auto potrà o dovrà prendere nella società prossima ventura  a seguito di decisioni politiche e industriali. 

Materia mobile, dunque, con buona pace di Musk.

24 ottobre 2022

Ahi ahi!

Ogni nuovo progetto ha i suoi intoppi. Ma quando i problemi riguardano un prodotto Tesla fanno sempre più notizia. Se poi riguardano un Semi...


Il futuro del trasporto su gomma, secondo Elon Musk, passa per l'elettrificazione dei veicoli pesanti. Questa l'idea alla base del Semi (pronuncia "semai"), il trattore da articolato pronto ormai alla consegna agli acquirenti negli Usa.
Tra i credenti nella soluzione ce ne sono anche di peso, come Pepsi Cola, che ne ha ordinati 100, ma sembra proprio che con questo modello qualche cosa sia andato storto durante un test su strada.


L'autore del video è un camionsta yankee, Serge The Car Hauler, che ha scorto il Semi attorniato da un mezzo di soccorso Tesla e da un'autogru. Quest'ultima potrebbe essere servita per aiutare l'autoarticolato Diesel sulla destra che sembra finito fuori dalla carreggiata, forse per evitare la collisione con il Semi che si sarebbe piantato all'improvviso nel bel mezzo della corsia d'ingresso alla highway.

D'altronde, se come dichiarato è capace di fare lo 0-100 in 5 s, le sue frenate potrebbero essere altrettanto vigorose, tanto da mettere in crisi il povero veicolo tradizionale alle sue spalle.

21 ottobre 2022

Taycan rilancia

Porsche sta sviluppando una versione ancora più potente della sua BEV che è attualmente in fase di test al Ring. Il modello dovrebbe raggiungere i 1.000 CV.

Quando Porsche ha lanciato la Taycan nel 2019, pochi immaginavano che sarebbe nata una rivalità con la Tesla Model S Plaid, poiché allora nessuno pensava al marchio Usa come a un produttore di sportive. L'ingresso della Casa di Zuffenhausen nell'area elettrica però ha cambiato le carte e Tesla si è ritrovata a fare test al Nürburgring, tanto che nei due anni successivi ci sono stati record reciproci sul giro. Porsche ha iniziato nel 2019 con la Taycan Turbo, 7: 42. Poi Tesla nel 2021 7:36 con la Model S Plaid, superati infine dall'attuale record di agosto della Taycan Turbo S di 7:33.35.


Visto il carattere di Musk, Porsche sa che Tesla è in agguato per riottenere il record e ciò spiega la presenza di due prototipi Taycan ancora più sportivi sul tracciato tedesco, così come il fatto che al volante di uno di essi ci sia il detentore del record Lars Kern.
Le indiscrezioni parlano di una potenza di 1.000 CV, in grado di rivaleggiare con i 1.020 della Tesla.

La domanda però è sempre la stessa: hanno senso elettriche di questa potenza con autonomie sotto i 300 km? Mah.


19 ottobre 2022

Cambio di paradigma

Dal salone dell'auto a quello della moto, da Parigi all'EICMA di Milano. Da un mondo che cambia forse in peggio a una manifestazione che conferma il primato mondiale e l'attrattività internazionale.

Mai si ricorda un momento in cui le cose siano state più diverse tra 2 e 4 ruote. Da un lato un mondo decadente e vicino a un cambio di stato radicale che lo porterà verso il segmento del consumer, dall'altro un settore che contribuisce al PIL europeo per 21,4 miliardi di euro con 389.000 posti di lavoro, con il nostro Paese al 46% della produzione continentale con 300.000 unità.
Nonostante la leggera flessione dei primi 10 mesi dell'anno, il settore mostra una complessiva stabilità, con un aumento del 16,5% delle immatricolazioni di ciclomotori e del 4,6% delle moto.
Aumento del 7% anche nella produzione di biciclette, che fa dell'Italia il primo produttore con il 21% del totale.


Quest'anno dalle immagini promozionali è stata escluso per la prima volta il prodotto, concentrando con il claim "EICMA EFFECT" l'attenzione sulle emozioni che caratterizzano il mezzo a due ruote lo rendono ancora una volta argomento di passione e sogno.

L'esposizione si terrà come al solito nell'area fieristica di Milano Rho dal 10 al 13 novembre prossimi e comprende l'arena MotoLive esterna, contraddistinta da competizioni e show per il pubblico e una pista di prova per biciclette elettriche, oltre all'area start up nel padiglione 9 che darà anche alle imprese più giovani un palcoscenico per mostrare prospettive e validità delle proprie idee.


 


18 ottobre 2022

Ultimo della specie?

Sempre più disertati dalle Case, i saloni dell'auto sono una specie in estinzione e quello di Parigi attualmente in corso non sfugge alla regola generale


Una rassegna tutta francese all'insegna di quello sciovinismo sempre in voga Oltralpe, il salone di Parigi. Praticamente ci sono solo i gruppi (sovra)nazionali a fronteggiare l'invasione asiatica.
D'altronde l'automobile europea è stretta tra la paranoia normativa elettrica UE e i deragliamenti dell'Euro 7 in arrivo tra pochissimo, mentre al pubblico tocca più occuparsi di arrivare a fine mese piuttosto che affrontare spese da bilocale per comprarsi una BEV che magari farà fatica a ricaricare.


Pochi visitatori, dunque, ma anche poche novità vere. Stellantis (all'insegna di Chauvin) dà solo accenni ai membri non nazionali del gruppo e Renault fa rivivere vecchie glorie in chiave elettrica.
La parte del leone (con buona pace di Peugeot) la fanno quindi i cinesi, con Byd in pole position seguita da Great Wall. Ma la totale mancanza di protezione del mercato europeo contro la colonizzazione asiatica spinge addirittura un costruttore vietnamita, Vinfast, a presentare i suoi modelli.
Per il mondo occidentale possiamo citare Fisker e Mercedes, che con la EQE diserta il salone preferendo un evento esterno.


D'altronde è il concetto di novità nella sua interezza a minare alla radice l'essenza di un salone. Le elettriche, non me ne vogliate, sono tutte uguali, sotto la carrozzeria. E il mood dominante delle crossover ha fatto sparire anche lo stile dal panorama. Mostrare nei particolari i propri modelli per le Case è un po' come manifestare l'uniformità di fondo che li accomuna.
Le BEV si differenziano per gadget e dotazioni ma sono sempre meno automobili e sempre più elettronica di consumo. Se quindi Las Vegas con il suo SEMA ha guardato lontano, l'epopea delle rassegne tradizionali è ai titoli di coda. E visti i prodotti odierni, non ci mancherà più di tanto.

14 ottobre 2022

Idrogeno, eterna chimera

Stretto nella morsa della crisi di risorse, il mondo della tecnologia si affanna a cercare alternative valide e concrete ai motori a combustione odierni. Ma il compito non è facile né a basso costo. 

Dato che con le batterie siamo giunti al ritornello dell'autonomia presunta e con le ricariche decisamente al palo, ecco che ritorna il tormentone idrogeno.
Un gas tanto leggero quanto dotato di elevato potere calorifico, 141,9 MJ/kg, il più alto in assoluto tra i combustibili. Peccato però che il nostro lieve amico non sia una fonte primaria ma occorra produrlo. E ancor più dommage che l'energia richiesta dal processo di elettrolisi, unico sistema che non emetta CO2 per ottenere il gas, sia di 6,299 kWh per litro, mentre bruciandolo si ottengono 4,41 kWh, sempre per litro. Un gap di 1,889 kWh che si perdono e che, se si vuole essere onesti e concreti, lo classificano inequivocabilmente come non sostenibile, poiché il bilancio in perdita richiede sempre un contributo netto negativo da altre fonti.

Fin qui sulla fonte, ma vediamone l'uso. Due sono le alternative, ricombinarlo chimicamente con l'ossigeno dell'aria in una fuel cell (ottimo sistema, con un rendimento che arriva al 60%) oppure bruciarlo in un motore, con un rendimento che dipende dal ciclo termodinamico impiegato, certamente più basso del precedente.
Verrebbe da dire a chiunque bene, usiamo le celle a combustibile. Ma ecco il proverbiale asino che casca. Per questo impiego il gas dev'esssere ad alta purezza, ossia al 99,999 % e per ottenere l'idrogeno in queste condizioni occorre sottoporlo a un procedimento di diffusione attraverso una membrana di palladio, estremamente costoso. Quindi poco compatibile con la distribuzione su vasta scala.


Ecco allora gli studi di varie Case per usarlo semplicemente come combustibile, ma qui entrano in gioco i classici problemi dell'uso di un gas in un motore endotermico. Nel cilindro, infatti, l'aeriforme riduce la carica di aria, le toglie spazio insomma, e quindi, a parità di cilindrata con un'analoga unità alimentata a benzina (che viene spruzzata in un cilindro pieno d'aria), ha un rendimento volumetrico più basso. La BMW Hydrogen 7 del 2006 erogava soli 260 CV dal suo V12 di 6 litri.
D'altro canto la fisica non fa sconti: un litro di benzina contiene un'energia di 9,6 kWh, mentre uno di idrogeno, l'abbiamo visto prima, solo 4,41. Il consumo quindi sarà circa doppio.


C'è però uno spiraglio. In Australia, a Sydney, un gruppo di ingegneri dell'Università del New South Wales ha sperimentato il retrofit di un propulsore Diesel con idrogeno. Il gas ha un numero di ottano altissimo, 130 e regge quindi molto bene una forte compressione che aumenta il rendimento. Ma ciò che è un vantaggio da un lato è pernicioso dall'altro: l'idrogeno è talmente resistente alla compressione che non si accende senza una scintilla.
 

Il team australiano ha impiegato quindi un anno e mezzo per sviluppare un sistema di iniezione a doppia alimentazione che utilizza il 90% di idrogeno; il resto è gasolio che ha il compito, appunto, di accendere la miscela.
Ma non è finita, ci sono poi altri fattori di cui tenere conto. L'idrogeno brucia ad altissima temperatura, mette quindi sotto stress i materiali della camera di combustione oltre a produrre una notevole quantità di ossidi di azoto, direttamente proporzionali alla temperatura di combustione.
Gli Aussie però non demordono e affermano di avere una soluzione a tutto. Il team sostiene infatti di poter contrastare le elevate emissioni di ossido di azoto grazie a un processo di iniezione stratificata, mentre la metallurgia moderna è in grado di fornire materiali idonei alla maggior temperatura.
L'intento è di commercializzare questa tecnologia entro i prossimi due anni e di implementarla prima in siti industriali come quelli minerari in cui esistono già tubazioni di idrogeno. Mi corre l'obbligo di rilevare però che l'impiego anche solo parziale di gasolio non azzera le emissioni di CO2 e richiede comunque un doppio serbatoio.

Fare a meno del petrolio, vedete, non è così facile.



12 ottobre 2022

Prendere il testimone

Passo corto e maggior potenza per la nuova sportiva compatta BMW, che raccoglie l'eredità delle prime M e offre l'opzione di un cambio manuale.

C'era una volta la M3, versione M della serie 3. Sin dalla prima serie del 1986 furono chiare le sue intenzioni: una sportiva di razza che puntava tutto sulla cattiveria del motore, prima un 4 in linea poi un classico 6L, inframmezzati dall'intermezzo del V8 nel 2007 (durato troppo poco, ahimè) per tornare al classico sei in linea (però turbo) sino a oggi.

Ma, seguendo il mood dominante dell'aumento dimensionale che ha caratterizzato ogni auto negli ultimi vent'anni, le dimensioni di M3 e della sua versione coupé, la M4, sono cresciute così come il peso, lasciando di fatto il ruolo di cattiva della gamma Motorsport alla sorella minore, la M2.


Ed eccola la nuova compatta di riferimento. OK, BMW ci ha abituato nel tempo a radicali cambi stilistici, anche di rottura rispetto ai canoni precedenti. Però sinceramente l'estetica di questa coupé lascia un po' a desiderare. Certo, le prestazioni innanzitutto, ma anche l'occhio vuole la sua parte. E quel vago aspetto militare determinato soprattutto dalle pesanti linee squadrate della coda e dal frontale la cui griglia ricorda quelle antiproiettile non dà certo l'idea di un'agile gazzella.


L'impressione è che i tedeschi siano tornati alle linee pesanti degli anni '70, ma almeno qui non c'è l'enorme mascherina delle ultime creazioni.
Passando ai dati che contano, sulla M2 c'è l'ultima versione del sei cilindri M TwinPower Turbo, con 460 CVa 6.250 giri, 90 più del precedente; la coppia massima è di 550 Nm tra 2.650 e 5.870 giri il regime massimo di 7.200 giri. Lo scarico ha una valvola per ridurre il silenziamento che si apre all'entrata in coppia e il circuito di lubrificazione è studiato per l'uso in pista, evitando così sciabordamenti.


La trazione è ovviamente posteriore tramite un cambio M Steptronic a otto velocità oppure un manuale a sei marce in opzione, fornito del Gear Shift Assistant, che ottimizza le scalate anche nelle frenate in curva. Ci sono poi il differenziale autobloccante attivo e un controllo di trazione tarabile su 10 posizioni per ottenere il massimo del grip. Le prestazioni dichiarate sono uno 0-100 km/h in 4,1 s con il cambio automatico e 4,3 quello manuale; lo 0-200 km/h si copre, rispettivamente, in 13,5 o 14,3 e la velocità massima autolimitata a 250 km/h può salire a 285 km/h con l'M Driver's Package optional.

La M2 è più corta di 214 mm e ha il passo ridotto a sua volta di 110 mm ma carreggiate più ampie, con una distribuzione dei pesi quasi a 50:50. Asse anteriore a doppio snodo e posteriore a cinque bracci hanno una cinematica specifica, mentre le sospensioni sono adattive con ammortizzatori a controllo elettronico e lo sterzo a rapporto variabile. I freni M Compound con pinze fisse a sei pistoncini davanti prevedono due impostazioni del pedale; i cerchi sono da 19 pollici all'anteriore e da 20 pollici al posteriore.
Comunque, piccola sì ma non particolarmente leggera: il peso può arrivare infatti a 1.800 kg.

 
Nell'abitacolo spicca il display curvo, composto da un monitor/cruscotto da 12,3 pollici e uno centrale da 14,9, che sinceramente stona un po' con le ambizioni vecchio stile sportivo della M2, ma è indubbiamente assai funzionale per gestire tutte le impostazioni della vettura, unito allo head-up display. I sedili sportivi sono rivestiti in Sensatec/Alcantara e in opzione ci sono quelli M Sport con poggiatesta integrati oppure la versione in carbonio che riduce di 10,8 kg il peso dell'auto; volendo c'è poi anche il tetto in carbonio che fa risparmare altri 6 kg.

La M2 sarà sul mercato il prossimo aprile e il prezzo non è stato comunicato, anche se dovrebbe collocarsi tra 60 e 70mila euro.

11 ottobre 2022

L'esercito dei cloni

La trazione elettrica entra a far parte del panorama della US Army. Il silenzio è la sua preprogativa, ma c'è da domandarsi come si possano organizzare le ricariche in teatro di guerra. 

Dopo essere stata scelta dal Dipartimento della Difesa per fornire uno GMC Hummer EV a scopo di valutazione, la GM è stata ora incaricata dall'esercito di sviluppare una batteria per i veicoli elettrici del Dipartimento. GM Defense, la divisione per i prodotti militari, ha affermato che sfrutterà allo scopo la tecnologia della batteria Ultium, quella dell'Hummer EV e della Cadillac Lyriq.


Il Dipartimento della Difesa sta però facendo una ricerca ad ampio raggio per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e in quest'ottica cerca anche altre soluzioni rispetto alle batterie. Sono infatti in valutazione veicoli alimentati da celle a combustibile a idrogeno, per la fornitura dei quali è coinvolta ancora una volta GM Defense.
La sileziosità dei veicoli elettrici è ritenuta un valido argomento tattico, ma il tema della ricarica, così come quello della disponibilità di idrogeno, sono ancora una volta centrali per l'utilizzo pratico dei mezzi.

07 ottobre 2022

Criceti sul girello

Nel periodo storico più difficile di sempre, alle prese con una crisi energetica profonda, i costruttori di elettriche si affannano a trovare soluzioni per la ricarica la cui funzionalità è tutta da provare.

Le BEV sono ormai sotto tiro per l'impatto etico e ambientale dell'estrazione delle materie prime a esse collegate e la quantità di CO2 spesa nella produzione delle batterie, ma non bisogna dimenticare le preoccupazioni per una rete elettrica obsoleta e sovraccarica che, alla faccia delle ambizioni verdi,  fa sempre più affidamento sul carbone per garantire la continuità del servizio.

A questo punto qualcuno ha pensato che un modo efficace per riformulare la narrazione BEV è quello di permettere all'auto di condividere la sua energia sulla rete, consentendole di assorbire corrente mentre il sole splende o soffia il vento (si fa per dire) e di restituirla quando la domanda raggiunge il picco. Parliamo di ricarica bidirezionale, argomento ritenuto sempre più centrale dai costruttori che si affannano a cercare soluzioni che, quantomeno nell'immaginario, consentano l'uso etico di un'auto elettrica e risolvano almeno in parte le criticità della rete.


Ricarica bidirezionale è quindi, in soldoni, la possibilità per la rete di fruire dell'energia immagazzinata dalla batteria del veicolo elettrico tramite un caricatore bidirezionale appositamente progettato, dato che hardware e software del veicolo devono supportare questo scambio.

All'atto pratico le cose diventano però ora complesse. Credo ormai sappiano tutti come le ricariche rapide avvengano in corrente continua, la stessa che immagazzina l'accumulatore. L'esportazione di energia verso la rete, però, può avvenire solo in alternata e richiede perciò la conversione in CA.
Ma qui casca l'asino. Occorre disporre di un inverter di potenza esterno che, connesso alla presa CC, la connetta alla rete, a meno dello sviluppo di intere reti in CC, cosa del tutto fantascientifica con le risorse oggi disponibili. Quindi la fast charge sarebbe possibile solo ove ci sia anche tale dispositivo, poiché gli inverter installati sulle auto sono concepiti per alimentare il motore e progettati per variare velocità e potenza lavorando su frequenze molto più alte dei 50 Hz di quella di rete.


Se immaginiamo la diffusione di un sistema di scambio di flussi, bisogna porre in conto che le correnti in gioco saranno elevate, assai superiori a quelle di una rete casalinga. Ciò presuppone collegamenti ad hoc e un aggravio di costi determinato dalla presenza dell'inverter. L'installazione di qualsiasi caricabatteria bidirezionale deve includere poi un isolatore di rete, per evitare danni a chi, per esempio, ripari una linea elettrica. Poi ci vuole un'app di ricarica intelligente che indichi quando è più opportuno caricare la vettura perché i prezzi di rete sono più bassi o la produzione di energia verde è più alta; viceversa chiedere all'auto di alimentare la casa quando la domanda o il prezzo dell'energia è più alto.


In definitiva siamo alle solite, incredibili complicazioni per risolvere problemi generati dalle stesse soluzioni presentate come ottimali; criceti sul girello.
Per non parlare di denaro. Sappiamo tutti che l'accumulatore è la parte più costosa di una BEV. E che ha un numero di cicli definito prima di dover essere sostituito. Se oltre ai cicli d'uso della vettura sommiamo quelli determinati dalla connessione bidirezionale, la sua durata nel tempo potrebbe calare rapidamente. Quindi il gestore della rete, se vuole fruire della batterie di proprietà di privati cittadini, dovrà pagare per questo costo, ma attenzione, non certo in maniera figurativa quanto sostanziale.

Guardatevi attorno, lo credete possibile?

06 ottobre 2022

Le EV Toyobaru tornano (forse) in vendita

Lo scetticismo con cui il boss del colosso jap Toyoda ha sempre affrontato il tema dell'elettrificazione a tappe forzate ha avuto un motivo in più per rafforzarsi.


Le problematiche legate alle BEV sono nuove e forse anche diverse da quelle dei veicoli classici. Così può accadere che una failure che possiamo tranquillamente ritenere impossibile a verificarsi sulle auto odierne torni a fare capolino con una vettura elettrica.

E' il caso di Toyota, che nel mese di giugno ha richiamato 2.700 modelli della sua prima auto elettrica di produzione, la bZ4X, per un problema riguardante la sicurezza; nello specifico le vetture potevano perdere...le ruote.
Inconveniente non da poco, anche se il numero di veicoli interessati è davvero esiguo. Vista però la complessità di soluzione, la Casa ha così  inviato ai proprietari  una lettera offrendo la possibilità di scegliere tra un prestito e un pacchetto di incentivi oppure il riacquisto completo del mezzo.


La soluzione dell'incoveniente non è stata però sollecita e solo ora il richiamo, che riguarda anche la gemella Subaru Solterra, potrebbe aver avuto esito positivo con il ritorno sul mercato del modello. Che avverrà però solo dopo che la proposta di soluzione sia stata approvata dal Ministero dei trasporti giapponese.
Evidentemente non si trattava semplicemente di un allentamento dei dadi di fissaggio, ma di una serie di concause che potevano portare alla perdita delle ruote. Misteri elettrici.

05 ottobre 2022

Hyundai sweeps the board

Stile di rottura e unico per la nuova berlina coreana, che riporta in auge il concetto (per molti in declino) di berlina e offre un eccellente Cx di 0,21.


 Il fatto che le crossover siano ormai in netta maggioranza tra le new entry ci dicono sia dovuto alle scelte degli automobilisti, che le preferiscono alle forme più tradizionali. Ma non è (del tutto) vero. Alla luce della transizione elettrica e al di là della popolarità indotta, una linea alta consente di installare facilmente i pacchi batteria senza alterare troppo le proporzioni.
Ma parliamoci chiaro, è difficile definire belle le Suv, per quanto blasonate siano. D'altra parte anche per realizzare una berlina a batteria l'aerodinamica è estremamente importante e la linea a tre volumi non è la più adatta a ottenere performance brillanti.


Ecco perché Hyundai, con la nuova Ioniq 6 ha deciso di percorrere nuove strade, risolvendo contemporaneamente il problema aerodinamico e quello di design; una scelta che fa invecchiare di colpo tutta la concorrenza. Dopo le linee tese della Ioniq 5, infatti, sulla piattaforma elettrica E-GMP Hyundai ha realizzato un profilo definito "una curva", che in un certo senso dissimula i 4,86 m di lunghezza. Ci sono reminiscenze della Saab 92 e di certe influenze aerodinamiche degli anni '30, ma anche qualche richiamo molto più attuale alle Porsche nel frontale e nella coda.
La cura del design aerodinamico si esplicita poi nello spoiler posteriore che raddoppia quello più in basso sul portellone e in un deflettore anteriore che modella il passaggi d'aria attorno alle ruote e collabora attivamente al risultatao del Cx di 0,21, il più basso tra i modelli di serie. Telecamere al posto dei retrovisori, scelta che si diffonde ma non offre reali vantaggi di guida eccettuata la riduzione della resistenza all'aria.


Dentro lo spazio è abbondante e in tono minimalista (il passo è di 2,95 m), con la plancia in cui spicca lo schermo continuo (lo stesso della Ioniq 5) per cruscotto e display centrale. Al grande comfort consentito dal pavimento piatto, però, si oppone la limitata abitabilità in altezza del padiglione, poco adatta alle alte stature. Le elettriche sono silenziose di meccanica, dunque occorre attenzione al resto. Ecco allora gli pneumatici a bassa rumorosità, il pavimento interno disaccoppiato dalla struttura e vari materiali fonoassorbenti, oltre al vetro acustico per il parabrezza e le portiere, mentre il sottoscocca profilato elimina le turbolenze.


Ci sono versioni a uno o due motori, a trazione posteriore o integrale. Nel primo caso la potenza dell'unità va da i 150 CV della versione con acccumulatore da 53 kWh ai 229 di quella con batteria da 74 kWh, mentre la bimotore, con la stessa batteria, dispone di 325 CV; la versione sportiva, la Ioniq N, avrà invece 584 CV.
La tensione di lavoro a 800 V degli accumulatori permette, come per la Ioniq 5, l'uso delle stazioni di ricarica rapida da 350 kW in continua, ottenendo in soli 18 minuti la crescita dell'autonomia dal 10 all'80%; Hyundai dichiara che la Ioniq 6 può arrivare a un range di 600 km. Nel sistema di gestione sono inclusi una pompa di calore e un sistema di riscaldamento per le celle al litio, così come un nuovo sistema di precondizionamento che dovrebbe rendere più veloce la carica anche in condizioni climatiche fredde. Con il caricabatterie installato da 11 kW, la ricarica si completa in circa 6 ore per la dotazione da 53 kWh o circa 8 con quella da 77,4, valori che salgono rispetticvamente a 8 e 12 ore con una wallbox da 7,0 kW. Infine c'è il connettore Vehicle to Load (V2L), che consente di alimentare elettrodomestici o caricare lentamente un altro veicolo elettrico.

03 ottobre 2022

Futuro BEV a NY

Anche New York seguirà l'esempio della California: niente nuove auto a combustione dal 2035. Un altro tassello dell'inutile crociata che non elimina inquinamento né sfruttamento ambientale.


UE, California e ora la Grande Mela; tutti allineati su una data, il 2035. Anno a partire dal quale le auto tradizionali saranno ufficialmente messe da parte in favore di quelle a zero (presunte) emissioni. In una dichiarazione rilasciata la scorsa settimana, il governatore Kathy Hochul ha dichiarato infatti di aver dato mandato a concretizzare le regole per una legislazione corrispondente a quella Californiana.
 


L'obiettivo è di ridurre le emissioni di gas serra dell'85% entro il 2050, anche se il provvedimento sarà sottoposto a un'audizione pubblica prima di essere finalizzato. Ricordo che la California prevede  un'introduzione scaglionata a partire dal 35% delle immatricolazioni entro il 2026 e del 68% entro il 2030, per giungere alla totalità entro il 2035. I veicoli definiti a emissioni zero includono sia i BEV sia quelli a fuel cell, oltre agli ibridi plug-in con almeno 50 miglia (80 km) di autonomia a zero emissioni.
La misura non è quindi ultimativa, in quanto non vieta alle persone di tenere i propri veicoli a combustione o di acquistarli usati anche oltre il 2035, in osservanza alla più generale pratica estesa a tutto lo stato federale che non impedisce la circolazione dei vecchi veicoli qualunque sia la loro età. 

Le norme in procinto di essere approvate prevedono anche entro il 2045 l'applicazione di regole simili a tutti i nuovi autocarri medi e pesanti, seguendo il generico obiettivo fissato dal presidente Biden di far sì che almeno il 50% di tutte le vendite sia a zero emissioni o ibrido entro il 2030.


Solo inutili o anche pericolose?

I test di guida autonoma proseguono tra difficoltà tecniche, indagini, e trascurabile impatto economico. C'è da domandarsi se si tratti ...