30 agosto 2019

L'era delle Roboats













La guida autonoma allarga sempre più i suoi confini: se è già allo studio per i mezzi aerei, ora arriva anche a quelli galleggianti. Il progetto si chiama Roboats, è condotto congiuntamente da 5 anni da un'équipe dell'MIT di Boston e dall'Amsterdam Institute for Advanced Metropolitan Solutions e sta sviluppando battelli a guida autonoma. Lo sviluppo per ora è concentrato su natanti che si muovano nei canali, perché Amsterdam ha intenzione di sfruttarli in maniera integrata con gli altri mezzi urbani. Ma è indubbio il potenziale di un  simile know how, che potrebbe dar vita a piattaforme galleggianti capaci anche di compiere delivery, raccogliere spazzatura o svolgere compiti tecnici di sorveglianza. La guida si basa sull'uso di un LiDAR (un laser per il rilevamento) e di una telecamera, connessi a una rete neurale che riconosce gli elementi presenti nel canale e dà indicazioni ai sistemi di controllo della spinta e alla timoneria per evitare gli ostacoli e tenere la rotta prefissata. Le prospettive del progetto sono però assai ampie se pensiamo alle navi oceaniche destinate al trasporto globale. Certo qui l'approccio è più complesso, perché se non c'è quasi mai il problema del traffico (porti esclusi); c'è però quello del mezzo su cui si galleggia, che non è né liscio né uniforme. Le masse in gioco poi possono diventare enormi, con tutte le conseguenze legate all'inerzia. Ma una flotta di navi a propulsione solare autonome sarebbe una bella svolta nella lotta alla produzione di CO2, no? Magari anche Greta Thunberg, appena arrivata in Usa sullo yacht a vela di Pierre Casiraghi sarebbe d'accordo. Ammesso che non siano troppo veloci per lei.

Nuova partnership dal Giappone





Se il "Divide et impera" dei Romani andava bene ai tempi per gestire l'impero, ai nostri giorni e traslata in campo automotive la parola d'ordine per affrontare crisi, cambiamenti di mobilità e ambito sociale è "Aggrega e risparmia". Il fatto che ogni costruttore, con più o meno successo, tenti il colpo ne è la prova. Ultima notizia. Scambio azionario tra Toyota e Suzuki teso a realizzare un'alleanza di lungo termine sui nuovi prodotti. La formula è sbilanciata dalla parte di Toyota, che con l'acquisizione di 24 milioni di azioni, pari al 4,9% del capitale e 96 miliardi di yen in soldoni entra nella partnership. Suzuki farà invece la spesa sul mercato, con 48 miliardi di yen in azioni. L'autorità interna deve ancora approvare l'unione, quindi formalmente le cose sono ancora in stand by, ma è solo una formalità.



Certo  però che con Suzuki bisogna stare attenti. La piccola azienda jap infatti è gestita in maniera molto patriarcale da Osamu Suzuki, nato Matsuda ma divenuto erede del gruppo dopo il matrimonio con la nipote del fondatore Michio Suzuki, tanto da averne acquisito il cognome. A Osamu salta facilmente la mosca al naso, lo sanno bene alla VW. Nel 2010 il gruppo tedesco acquistò il 19,9% del capitale nipponico con la promessa di uno scambio tecnologico. Ma già un anno dopo, poiché lo scambio a Osama non pareva adeguato, Suzuki protestò l'accordo, iniziando una causa che l'avrebbe portata nel 2015 a rescindere la partnership. Si dice che la ritorsione fu di impiegare il motore Multijet 1.6 Fiat al posto di quelli VW, cosa che indispettì i tedeschi e fece precipitare la situazione. Quindi Toyota, pur forte della propria stazza, dovrà rispettare gli accordi, anche perché al momento non sembra ci siano altri attori disponibili sul mercato. Nissan sta trattando per l'uscita dal gruppo Renault e quest'ultima sta ri-considerando la fusione con FCA. Una partita a scacchi globale, nella quale si vince o si è vinti.

Alfa Romeo: cronaca di una crisi annunciata?






autothrill se n'è già occupato nelle scorse settimane ponendo qualche dubbio sui piani di sviluppo di FCA e in particolare sul destino di alcuni marchi in difficoltà come Alfa Romeo e Lancia. Ebbene è di queste ore la notizia che la crisi di vendite di Alfa costringerà allo stop della produzione nello stabilimento di Cassino dove appunto si realizzano i modelli del Biscione. Uno stop di 4 giorni il 2, il 6, il 9 e il 16 settembre, peraltro, era stato già annunciato in precedenza; ora però però si aggiunge un altro fermo della durata di 6 giorni, con ricorso alla Cassa integrazione per il 23 e 30 settembre e dal primo al 4 di ottobre. E con ogni probabilità più avanti verranno annunciati altri giorni di cassa integrazione per il mese di ottobre.



Un campanello d'allarme per i vertici del Gruppo, che dovrebbero rispondere con ben altre armi. Mi sbaglierò (e lo spero davvero), ma questi assordanti silenzi non promettono nulla di buono...

29 agosto 2019

Nuovo V6 turbo per la Macan



















Il debutto della tecnologia elettrica di Porsche con la Taycan non significa che il marchio riservi meno attenzione a quelle più tradizionali, quindi ecco la nuova Macan Turbo, modello top della Suv media del marchio. L'auto è equipaggiata con con il 6 cilindri di 2.9 litri biturbo (nella V dei cilindri) al posto del vecchio propulsore di 3.6 ltri, che eroga 440 CV (40 più del precedente) e una coppia di 550 Nm costanti tra 1.800 e 5.600 giri. La trazione è integrale tramite un cambio PDK a doppia frizione con 7 rapporti e il sistema di gestione della motricità PTM. Modificato l'assetto per adattarlo alle nuove velocità massima, 270 km/h e accelerazione da 0 a 100 orari in 4,3 s. I cerchi sono da 20 pollici e montano i freni PSCB con rivestimento al tungsteno disponibili anche sulla sorella maggiore; l'aspetto esterno è stato modificato nel frontale e nella coda, ove uno spoiler fisso sul tetto a doppia ala rende il look più aggressivo. All'interno spiccano i sedili sportivi con 18 modalità di regolazione elettrica e i rivestimenti in Alcantara e alluminio spazzolato; l'infotainment prevede uno schermo touch da 10,9 " connesso a internet ,compreso il sistema di navigazione interattivo, e un impianto audio Bose Surround da 665 W. La Macan Turbo è già ordinabile, bastano 91.922 euro.

Tutti Tiger Woods con le palline Nissan









Indipendentemente da un futuro più o meno legato al gruppo Renault, Nissan va avanti lo sviluppo della guida autonoma e sta mettendo a punto un upgrading del sistema ProPilot che dovrebbe debuttare sulla nuova Skyline il mese prossimo in Giappone. Nel frattempo, la stessa tecnologia è stata applicata...al golf, realizzando una pallina intelligente che centra invariabilmente al primo colpo, addirittura se viene tirata in direzione opposta, la buca. Il sistema richiede una telecamera esterna di monitoraggio, che controlli il movimento della pallina e individui la buca. Il movimento spetta poi a un micromotore elettrico all'interno, che mantiene il moto sino a quando non venga raggiunto l'obiettivo. Un oggetto indubbiamente interessante dal punto di vista della micromeccanica, ma che potrebbe diventare un must anche per far scena, poiché le dimensioni sono inalterate rispetto alle palline normali. Temo però non sia in vendita, in quanto esercizio high tech del team che si occupa del ProPilot. In ogni caso sarà meglio fare qualche controllo in più ai prossimi tornei.

Seat consegna al volo





Nati (e tuttora impiegati) per uso militare, i droni hanno rapidamente ampliato la loro area di lavoro al settore ricognitivo e a quello commerciale, ambito quest'ultimo che oggi vede il loro maggiore sviluppo. Anche le Case si sono accorte che un drone può rendere più facile e veloce la comunicazione interna: è il caso di Seat, che nell'impianto principale di Martorell ha attivato un servizio di consegne mediante droni tra la sede e il centro logistico del gruppo Sesè di Abrera. Ora volanti e airbag volano verso le linee produttive grazie al progetto pilota sotto la supervisione dell'Agenzia spagnola per la sicurezza dell'aviazione; sono previsti diversi voli ogni giorno, che collegano i punti di partenza e arrivo distanti circa 2 chilometri. Il guadagno di tempo rispetto alla consegna via terra è notevole: 15 minuti invece di 90, per di più senza alcuna emissione di CO2. Un altro passo verso l'industria 4.0 da parte di una Casa che impiega già la realtà virtuale nello sviluppo e in linea e che sta implementando il controllo di processo mediante sistemi a intelligenza artificiale e software basati sui big data.

28 agosto 2019

Anche Hyundai crede nei monopattini











Il concetto di ultimo miglio sembra diventare sempre più virale, nel senso che le idee migrano rapidamente per espandersi da un continente all'altro. Così il monopattino elettrico che molti ritengono the ultimate solution per l'integrazione auto-parcheggi-inquinamento urbano all'insegna della mobilità sostenibile, furoreggia. Dopo l'e-scooter di Audi, ecco un altro monopattino, stavolta targato Hyundai. Realizzato sulla base del prototipo esposto al CES di Las Vegas nel 2017, ha il motore nella ruota posteriore, adotta batterie al litio ed è fornito di illuminazione. Lo scooter si ricarica automaticamente quando viene riposto nel suo alloggiamento sull'auto la quale, oltre che elettrica, può anche essere di tipo tradizionale. Come si vede nella parte iniziale del video, sono allo studio differenti collocazioni nell'auto, che terranno conto delle diversità costruttive dei vari modelli. Ciò significa che è intenzione del marchio fornire il monopattino come opzionale su ampia parte della gamma. Il due ruote è fornito di sospensione anteriore e l'accumulatore ha una capacità di 10,5 Ah, consentendo una percorrenza di 20 km per carica alla velocità massima di 20 km/h. Pesa 7,7 kg e ne è già prevista l'evoluzione con l'impiego della frenata rigenerativa, che aumenterà l'autonomia in media del 7%. Non ancora ufficiale la data di debutto, ma Hyundai vuole fare presto.

Wiesmann, il ritorno









Ve le ricordate le Wiesmann? Sì, quelle auto un po' tondeggianti (foto sotto) con motori BMW M dallo stile rétro, scomparse nel 2014 con il fallimento dell'impresa artigianale che le costruiva a Dulmen, Deutschland. Beh, sembra tornino sulla scena motoristica, grazie all'investimento di due imprenditori brit, che hanno anche ingaggiato Mario Spitzner, ex marketing Mercedes, per dare nuova vita al marchio. L'auto della rinascita potrebbe essere presente al salone di Francoforte; per ora ne è stato diffuso soltanto un teaser, dal quale però si deduce che la linea non pare molto cambiata rispetto al (bel) profilo precedente. Non è cambiato nemmeno il fornitore di motori, sempre BMW, sempre famiglia M. Qui in particolare è installato il V8 di 4,4 litri della M5, con 600 CV. Il marchio intende espandere la propria portata e arrivare anche sui mercati americano e asiatici; per questo sono state previste anche versioni con guida a destra.

27 agosto 2019

Il nuovo airbag di Honda





Ultimamente i marchi giapponesi puntano sulla sicurezza, prendendo il ruolo che in un certo senso Volvo ha lasciato ad altri concentrandosi sui nuovi prodotti. Dopo Subaru, ecco quindi anche Honda innovare il settore con un nuovo tipo di airbag, che avvolge la testa del passeggero grazie alla struttura in tre parti. Sviluppato con la svedese Autoliv, il dispositivo ha un sistema di gonfiaggio a due stadi che agiscono scaglionati a 150 ms l'uno dall'altro e assicura una maggiore protezione del capo nelle collisioni offset e in caso di ribaltamento. L'analogia tutta yankee spiegata durante la presentazione svoltasi in Usa è quella di un guanto da baseball, che avvolge e trattiene grazie anche al materiale morbido di sono fatti i sacchi, che tendono perciò più ad assorbire che a respingere elasticamente come avviene negli airbag tradizionali. La novità sarà disponibile sulle auto del marchio dal prossimo anno, non si ancora però su quali modelli.

La schiera dei grandi dell'auto si assottiglia





Per scelta evito sempre coccodrilli su chiunque. Ma la morte a 82 anni di Ferdinand Karl Piëch, uomo simbolo di VW per tanti anni, merita un commento. Nipote per parte di madre del fondatore Ferdinand Porsche, deve avere ereditato la genialità del nonno, che si è estrisecata negli ambiziosi progetti del gruppo, sempre all'insegna della tecnologia edge. Ingegnere meccanico, ha sempre profuso nell'azienda, in qualità di ad dal 1993 al 2002 e come presidente del comitato di controllo fino al 2015, un impulso di natura tecnica che ha portato ai successi del gruppo con la trazione integrale quattro e lo sviluppo dei Diesel, ma anche con l'acquisto di Bugatti e progetti ambiziosi cone la L1 dai consumi ridottissimi. La sua uscita dal board avvenne in seguito ai forti contrasti con l'allora ad Winterkorn, quello trombato subito dopo dalle conseguenze del Dieselgate. Uno degli ultimi grandi manager che consideravano l'industria dell'auto una specificità e non una semplice variazione merceologica dell'impresa come fanno buona parte di quelli con estrazione economica. E i risultati sin qui si sono visti.

26 agosto 2019

Battesimo al Ring per la Taycan











Quale miglior viatico per una presentazione Porsche di un bel tempo al Ring fresco fresco? Così la Taycan, che debutta il prossimo 4 settembre, ha girato in 7 minuti e 42 secondi, niente di eccezionale, visto che la sorella da corsa VW ID.R ha girato in 6:45,9 e che il record assoluto è sempre in casa e appartiene alla Porsche 919 Evo, ma comunque roba spessa, da auto di razza. Porsche vuole dimostrare che la sua prima elettrica è una sportiva secondo tutti i canoni di affidabilità e robustezza cui ci ha abituato il brand. Per questo oltre al giro sul circuito tedesco la Taycan è stata sottoposta a un test in cui ha accelerato da 0 a 200 km/h consecutivamente per 26 volte, oltre ad aver percorso sull'anello di Nardò una 24 ore di 3.425 km continuativi a velocità medie tra 195 e 215 km/h, in entrambi i casi senza che sia emerso alcun problema e con temperature ambiente fino a 42°C e di pista fino a 54°C. Certo però che se le cose vanno avanti così bisognerà abituarsi a 'sti giri in silenzio.

2019, VW svolta













Per Volkswagen questo sarà davvero l'anno della svolta. Non si sa per dove di preciso, ma svolta comunque. Al salone di Francoforte, ormai imminente, il gruppo spara roba grossa: la prima elettrica di massa, la ID.3, la prima offroad elettrica di Audi (teaser), la AI:TRAIL quattro, la prima concept elettrica di Cupra (foto dell'interno), ma soprattutto il nuovo logo del brand, cambio davvero epocale per un simbolo così importante e inossidabile del mondo dell'automobile. Il cambiamento va nella direzione di incontrare un ambiente più giovane (anche se l'Europa, quella con i soldi poi, è fatta di vecchi), più digitale e moderno (il collage ufficiale ne dà l'idea). Sono certo che l'avranno pensata bene, da quelle parti. Ma non dimentichiamoci che i tedeschi sono quelli che vincono le battaglie e perdono le guerre, quindi questo sussulto di strategia così a lungo termine dovrebbe ribaltare lo storico karma teutone. Certo è che gli investimenti stanziati sono stellari e coinvolgono  non solo la produzione ma tutto l'ambiente dell'auto del futuro. Sul nuovo logo c'è attesa ma ovviamente molta riservatezza. Lo vedremo a settembre.

Bye bye 124





Ripetitivo il destino della 124 Spider: due volte prodotta, due volte estinta. Rinata nel 2016 dopo un sonno di 31 anni, infatti, secondo il boss di Fiat Olivier François è piuttosto probabile esca definitivamente di produzione nel novero della riorganizzazione del marchio, che dovrebbe basarsi da qui in poi su prodotti di fascia bassa e non oltre il segmento C. La scelta coinvolgerà anche (l'identico) prodotto Abarth con il motore da 170 CV; la partnership con Mazda è stata dunque una meteora, pur in grado di garantire un utile, e investire ancora in un prodotto di nicchia con i bilanci sempre in bilico non rientra tra le priorità di un brand decisamente generalista. Tutto ciò nonostante il mese scorso la vettura sia stata la Fiat più venduta negli Usa, ma d'altronde la stessa permanenza del marchio in America è in fase di ripensamento. Quindi bye bye 124 Spider, alla prossima operazione nostalgia.

Fidarsi delle batterie









La società è tedesca e si chiama Volocopter. Dal nome potete già dedurre cosa produca: l'ultima creazione è il VoloCity, multicottero giunto alla quarta generazione e pronto per il debutto. Il settore dei taxi volanti autonomi è in sviluppo e numerose società aeronautiche lo individuano come un futuro grande business, anche se, viste le difficoltà della guida autonoma su strada e la congestione delle rotte aeree, il volo automatico su tre dimensioni credo debba ancora fare molta strada prima del debutto operativo. La struttura del VoloCity si basa su 18 rotori, mossi da altrettanti motori elettrici a loro volta alimentati da 9 batterie; a bordo spazio per due più un piccolo bagaglio a mano. L'elevato numero di rotori segue la duplice esigenza di garantire una ridondanza di forza portante e ridurre il rumore: a questo proposito la società sostiene che a 75 m di distanza l'apparecchio produca meno rumore di un piccolo elicottero a 500. Un paragone complesso da immaginare ma, se avete avuto occasione di sentire un elicottero in funzione da vicino, siamo su livelli mica tanto bassi.



La cosa a mio parere più inquietante è però che il VoloCity ha un'autonomia operativa di soli 20 minuti, con un range di circa 35 km alla velocità massima di 110 km/h. Davvero pochi per qualcosa che sta in aria solo grazie all'energia rotazionale delle pur numerose eliche e senza alcun ausilio di portanza aerodinamica. Volocopter ha già ottenuto permessi di volo in Germania e a Dubai, oltre alle città di Helsinki e Singapore, quest'ultima futura sede del prototipo di sistema di appoggio terrestre Voloport (foto), modulare e sviluppabile su terra e pontoni galleggianti. Sì, perchè questi multicotteri non possono atterrare ovunque, ma solo ove esista il sistema di ricarica rapida fornito dalla Casa, che vista la scarsa autonomia dev'essere necessariamente a portata di mano. Per ora i multicotteri tedeschi sono tra i primi ad aver volato effettivamente con un pilota; la guida autonoma è ancora in sviluppo ma alla Volocopter sono ottimisti, i piloti anche. Perchè il rischio lo correranno solo i passeggeri.

23 agosto 2019

Porsche: ecco gli interni della Taycan














A pochi giorni di distanza da Francoforte, la Porsche svela gli interni della Taycan la sua prima full electric che promette meraviglie sotto moltissimi punti di vista e che, a quanto pare, sta già riscuotendo grande successo considerando gli ordini che stanno letteralmente "fioccando" in fabbrica. La plancia ha un'impostazione classicamente Porsche ma è studiata in chiave hi tech e "full digital". Chi guida la Taycan potrà scegliere fra quattro modalità di visualizzazione del quadro strumenti:



Classic, che ricorda gli strumenti arrotondati tipici di Porsche. Al posto del contagiri, in posizione centrale fra gli indicatori, c’è un misuratore di potenza.

Map, dove il misuratore di potenza centrale viene sostituito da una mappa.

Full Map, che elimina del tutto gli indicatori rotondi in favore di una mappa di navigazione visualizzata a schermo intero.

Infine la modalità Pure, che visualizza soltanto le informazioni di guida essenziali - ad esempio, velocità, segnali stradali e navigazione – utilizzando una freccia minimalista.



Lungo i bordi dello schermo vi sono inoltre piccole aree dove sono collocati i comandi a sfioramento per attivare le funzioni relative a luci e telaio. Il quadro strumenti è dunque più largo del volante e ricorda, guardacaso, la prima 911 originale.

Alpina, l'ultima integralista







Il marchio Alpina è da sempre associato alle BMW pepate ma non M, un connubio di potenza ed esclusività che ha scavato un solida nicchia per il preparatore tedesco. Così Alpina sin dall'esordio nel 1965 ha trattato le diverse gamme prodotto di Monaco, dalle Serie 3 alle 7 e ai modelli più esclusivi come la Z8. Ma c'è una costante: sono tutte a trazione posteriore. Fino a qualche anno fa nessun problema, tutte le BMW erano rigorosamente a trazione dietro, al massimo integrali. Ma i tempi cambiano, le logiche produttive evolvono con l'apertura verso gamme meno costose e così ecco le trazioni anteriori. Ma Alpina non ci avrà a che fare. Per bocca del suo ad Andreas Bovensieven l'azienda di Buchloe ha dichiarato infatti di non essere interessata ad alcuna elaborazione sulle basi delle piattaforme per motori trasversali. I costi sarebbero troppo alti perché questi gruppi motore non sono intercambiabili con altri modelli e richiedono uno sviluppo specifico che non permette la spalmatura dell'investimento. Secondo Bovensieven, poi, lavorare su una Serie 1, offre margini troppo ristretti, perché anche piccoli interventi si tradurrebbero in sensibili aumenti di prezzo, cui questa clientela è troppo sensibile. Quindi niente traction avant per Alpina; magari meglio una bella Suv, tipo la XB7.

Più visuale per i porschisti





La visibilità è da sempre argomento chiave della sicurezza in auto, anche se congrua parte degli automobilisti contemporanei dedica più attenzione allo schermo dello smartphone che alla strada. La situazione è particolarmente critica quando la visuale è ostacolata dalle condizioni atmosferiche avverse: nebbia e precipitazioni possono infatti ridurre il campo visivo a pochi metri, impededendo addirittura, in casi estremi, la marcia. E se forse l'unico lato postivo del cambiamento climatico sta nella netta riduzione delle giornate di nebbia fitta, la ricerca va comunque avanti per trovare soluzioni tecnologiche a supporto delle carenze visive. La TriEye, società israeliana recentemente partecipata da Porsche, ha sviluppato un sensore che lavora nel segmento degli infrarossi a onde corte, capace di un'alta penetrazione anche in condizioni di visibilità zero. Il dispositivo è stato sviluppato con una circuitazione integrata ecslusiva che a parità di efficienza ne riduce il costo a frazioni di quelli esistenti in commercio e il brand intende adottarlo nelle sue auto per aumentare la sicurezza di marcia. Da notare che il sensore è stato sviluppato per l'uso con sistemi di guida autonoma, ma Porsche non intende adottare questa strategia, preferendo quella di fornire aiuto al guidatore senza avocarne le funzioni. Visto il crescente numero di incidenti con le Tesla self driving, mi sembra una buona idea.

22 agosto 2019

Lunga e diritta correva la strada...





La notizia gira un po' ovunque: nel Regno Unito (forse ancora per poco, unito) il numero di punti di ricarica ha superato quello dei distributori di carburante. Vabbè, la riduzione del numero delle stazioni di servizio è in corso da anni e non solo da quelle parti: in Italia per esempio si è passati dai 21.100 punti del 2011 ai 17.600 del 2016 e il trend è in aumento, con la concentrazione fuori dai centri urbani e siti sempre più distanziati. Nel Regno Unito erano 37.539 nel 2000; oggi sono 8.396. Per contro le colonnine sono cresciute a 9.199, superando quindi le antiche avversarie. Al di là di facili entusiasmi e demagogia di sistema, occorre però precisare che una colonnina non vale un distributore. Una pompa può rifornire centinaia di automobilisti; un caricatore uno, al massimo due. E poi non è disponibile per almeno un'oretta nel caso degli impianti rapidi (solo 1.600 sul totale in GB), contro i pochi minuti richiesti per il pieno. Insomma se anche sono di più valgono assai meno in termini concreti. Poi c'è la questione chiave: c'è la corrente per farle funzionare tutte contemporaneamente? Oppure si deve ricorrere a trucchi del tipo V2G per supplire alla carenza energetica? Mi perdonino i Nomadi  per il titolo. Su cosa succeda dopo non è dato fare ipotesi.

Crolla il profitto di Geely





Geely è tra i principali produttori cinesi in campo automotive, con ampi interessi nello sviluppo della mobilità elettrica tanto in patria quanto in Europa, visti gli investimenti in Volvo, Lotus e Daimler, per non parlare dei taxi londinesi. Le cose però non sembra vadano per il meglio da quelle parti, visto il calo del 40% del profitto nella prima metà del 2019. Le entrate sono scese infatti a 4,01 miliardi di yuan (circa 520 milioni di euro) rispetto ai 6,67 (870 milioni di euro) dello stesso periodo dell'anno scorso. La perdita è causata dal netto calo delle vendite, problema che affligge tutto  il mercato interno (con forti contraccolpi sugli investitori europei e americani) e dalla politica di sconto e incentivi praticata per arginare il calo stesso, che tuttavia non pare arrestarsi. Alla base del problema ci sarebbero le nuove norme anti-inquinamento promulgate dal governo, che hanno di fatto generato uno stock di invenduto non a norma che difficilmente potrà essere recuperato in termini economici. E' un fatto comunque che l'intera industria mondiale dell'auto stia attraversando un momento di cambiamento e adeguamento a standard completamente diversi dal passato, che con ogni probabilità la porterà anche a un cambio di peso nel costituire il PIL di ciascun Paese.

Da JLR i display di prossima generazione





Gli head-up display sono indubbiamente il trasferimento dalla tecnologia aeronautica a quella automobilistica più riuscito. La loro capacità di fornire informazioni senza distrarre dalla visuale di guida ne fa inoltre l'evoluzione logica di ogni interfaccia, contrastata solo dall'elevato costo della soluzione, che ne limita per ora il montaggio solo su modelli di gamma più elevata rispetto alle utilitarie. Nel frattempo i sistemi evolvono: in particolare, la sovrapposizione della proiezione delle informazioni alla tecnologia 3D e alla realtà virtuale può rendere gli head-up display ancora più efficaci. E' l'argomento in sviluppo all'Università di Cambridge nell'ambito di un progetto sponsorizzato da Jaguar-Land Rover, che ha dato vita a un consorzio per individuare il sistema informativo ideale non solo per le auto odierne ma anche per quelle di domani. Attualmente lo stato dell'arte è giunto alla piena integrazione dei sistemi di infortainment, che permetterà ai passeggeri immagini personalizzate tridimensionali e una visuale specifica diversa da quella del guidatore per ciascun occupante. Per chi guida ci sono poi le indicazioni legate alle condizioni della strada e del traffico che si sovrappongono virtualmente alla visuale, orientando ed evitando code e imbottigliamenti. Il grado di sviluppo dei sistemi è già molto avanti, ma JLR non ha ancora dato indicazioni per il primo montaggio su una propria auto.

Incendi, bestia nera di Tesla





Ogni società che si sviluppi acquisisce, incorpora, diversifica. Ovvio dunque che Tesla abbia seguito questa strada e non solo con i sogni spaziali ma anche in ambiti più strettamente collegati al suo core business. E' il caso di Solar City, azienda del fotovoltaico entrata a fare parte della galassia locale nel 2016. Le cose però non vanno bene con i suoi prodotti, perché Walmart, colosso mondiale della vendita al dettaglio, ha citato Tesla presso il tribunale di New York come responsabile di almeno sette incendi verificatisi in altrettanti grandi magazzini. In base a un accordo commerciale, infatti, la società della grande distribuzione americana dispone di mini centrali fotovoltaiche sui tetti di 240 installazioni e proprio a queste attribuisce la causa dei sinistri, per negligenza nelle procedure di installazione e mancato rispetto delle norme di sicurezza. La questione incendi ritorna quindi per il brand californiano anche in ambiti non strettamente collegati alle batterie, sorta di tormentone negativo che avvolge un po' tutto il gruppo. Beh, almeno con SpaceX gli andrà bene: nello spazio manca l'aria, quindi niente incendi.

19 agosto 2019

FCA rilancia Fiat con la Giardiniera





Le notizie relative ai piani di sviluppo (???) di FCA in Europa si susseguono, anche se lo status di abbandono di Lancia, di quasi abbandono di Alfa Romeo e la ridda a volte contraddittoria di info su Fiat mettono serie ipoteche sulla credibilità anche solo a medio termine degli annunci. I più recenti riguardano la gamma 500, che a partire dal 2020 dovrebbe essere prodotta in veste unicamente elettrica (un po' come smart). Stanti le dichiarazioni di fine luglio, se ne deduce quindi che le ibride dovrebbero fare da trait d'union nel corso di questi mesi; decisamente poco remunerativo a fronte dell'allestimento di catene produttive e gruppi motore. La gamma modelli dovrebbe essere poi completata da una versione wagon che riesumi il nome Giardiniera e da una nuova 500X. Passando alla Panda, attesa con il nuovo modello per il 2021 con un profilo in linea con la Centoventi, entro il 2023 avrà pure una versione elettrica, realizzata con batterie modulari per ridurre i costi. Ciliegina sulla torta la Tipo, che dovrebbe risorgere per non abbandonare del tutto il segmento C che, ricordo, è ancora quello che fa guadagnare le Case. Sicuramente lo spazio commerciale per modelli di grande diffusione e costo ragionevole esiste; un po' il ritorno al vecchio claim delle Fiat che "andavano sempre" e "si riparavano con un cacciavite", anche se con tutta l'elettronica delle auto moderne la resilienza va rivista in chiave più high tech. Certo è che FCA deve fare presto a trovare una strada maestra, perché il resto del mercato evolve rapidamente.

Drako GTE, magia elettrica

































Se nel settore delle auto diciamo normali infuria il confronto elettrico-Diesel, in quello delle supercar ormai i modelli a batteria vanno per la maggiore e ogni novità appartiene a questa schiera. E' il caso della neonata Drako GTE, che promette meraviglie da Serpe Verde grazie alle eccezionali doti di potenza e coppia: 1.223 CV e 8.880 Nm. Presentata alla Monterey Car Week, la Drako, che è la GT a 4 posti più veloce del mondo con i suoi 331 km/h, sarà prodotta in appena 25 esemplari l'anno al prezzo di 1.250.000 $ e vanta la più estrema forma di torque vectoring attualmente in uso grazie ai suoi 4 motori elettrici da 225 kW, uno per ruota, che nelle curve possono spostare ciascuno fino a 2.200 Nm di coppia in più o in meno sulle ruote interne ed esterne, per velocità di percorrenza stellari tipo VW ID.R, se volete un esempio del concetto con il video del record al Ring. Il look è gradevole, l'auto ha uno stile non troppo aggressivo e complessivamente elegante, grazie anche al frontale con le prese d'aria che non mostra quell'aria monca delle altre elettriche; i cerchi forgiati da 21" ben inseriti nell'insieme. Nessun dato però sul peso, vero tallone d'Achille delle elettriche, né sulle doti di accelerazione; sappiamo solo che gli accumulatori lavorano alla tensione di 450 V, hanno una capacità di 90 kWh e possono essere ricaricate con il charger on board da 15 kW oppure alle colonnine fino a 150 kW. La dotazione dinamica è di livello: sospensioni Ohlins regolabili, freni carboceramici Brembo e un pannello di controllo che consente di dosare accuratamente ogni parametro che influenzi la guida, dalla ripartizione di coppia alla quantità di rigenerazione. Esiste anche una Track Edition che stranamente ha i cerchi da 20" (ma con gomme da pista), i cui dati però non sono disponibili. Sul mercato dall'anno prossimo.

14 agosto 2019

Le prime induttive di BMW









BMW prosegue nello sviluppo dei sistemi accessori destinati alle elettriche. Ora tocca alla ricarica induttiva, in corso di sperimentazione con 200 clienti californiani ai quali sarà installato presso la propria abitazione il sistema necessario alla procedura wireless. Non appena la catena delle approvazioni legali e di sicurezza sarà compiuta, i 200 prescelti si recheranno presso una delle 33 concessionarie legate alla sperimentazione per iniziare un leasing di 36 mesi con vetture 530e plug-in hybrid. Il canone del leasing copre tutti i costi legati a installazione, uso e rimozione alla fine del periodo di prova dei dispositivi. Nonostante la prova generale si svolga in Usa, la sperimentazione serve a definire un protocollo definitivo per la 530e iPerformance, che debutterà in Europa e
solo dopo sarà esportata anche in altri continenti. L'unità di ricarica induttiva consiste in una tavola da porre sul terreno che contiene gli avvolgimenti induttivi; l'auto dev'essere parcheggiata nella posizione ottimale per raggiungere l'efficienza dell'85% che la Casa dichiara. A questo scopo si viene guidati tramite le immagini sul display interno fino a raggiungere la posizione voluta, poi si preme un bottone e la ricarica inizia; per fare il pieno al gruppo accumulatori da 9,2 kWh della 530e occorrono tre ore e mezza. BMW è la prima a portare sul mercato la ricarica wireless: Mercedes ha appena ritardato il debutto del sistema destinato alla S550e.

Honda rilancia sulle berline

















Il fatto che un grande costruttore si sforzi di risollevare il segmento delle berline di questi tempi è un counterpoint. Parlo di Acura/Honda e l'ambito è quello degli States, ma è indubbio che nell'era di Suv e crossover la politica dei giapponesi con la nuova Type S, in presentazione a Monterey domani, fa scalpore. La Casa deve aver pensato che stile e potenza potessero dare nuovo vigore a un modello che dal 2008 era assente dal mercato, allo scopo di invertire, quantomeno per il proprio marchio, quel 38,6% di calo di interesse nei confronti di questa architettura stilistica. Così ecco la nuova Type S, che si ispira alla concept Precision del 2016. Una due volumi quasi coupé filante (un po' Mazda a dire il vero) con le porte posteriori nascoste nella coda muscolosa dominata in basso dai quattro scarichi e dall'estrattore e in alto dai gruppi ottici spoiler a filo dell'alettone. Un profilo tutto sommato pulito (i jap in genere sovrappongono troppe linee e fanno cacofonia) che potrebbe piacere anche in Europa, specie con la vernice della concept che impiega nanoparticelle per dare maggiore luminosità. La dotazione prevede particolari high tech: fari Led con luci diurne che riprendono il profilo di quelle posteriori, diffusore, splitter anteriore sottoporta e pure ruote in fibra di carbonio forgiata, nuovo metodo d'uso del leggero materiale ideato da Honda, freni Brembo con pinze a 4 pistoncini. Non ci sono ancora notizie dei dati di potenza e prestazionali, ma il fatto che il V6 3.5 sia derivato da quello della NSX promette bene.

13 agosto 2019

La donna bionica





Lei è Amie DD, occupazione sviluppatrice di software. Auto posseduta, una Tesla Model 3. Come probabilmente sapete, le Tesla non si aprono con una chiave (che banalità!) ma mediante lo smartphone oppure con una scheda che contiene un chip. Amie proprio non ce la faceva a stressarsi con queste procedure troppo antiche e così ha deciso di farsi impiantare sotto pelle il chip RFID, che è stato introdotto nel suo braccio sinistro mediante un piccolo cilindro contenitore e un ago cavo; costo dell'operazione 99 dollari. Ora il braccio di Amie è gonfio per gli esiti del piccolo intervento, ma la programmatrice è certa che la sua scelta farà scuola, quantomeno in un certo ambito. Un viatico per il futuro, quindi: l'evoluzione del concetto sarebbe quella di farsi impiantare un intero telefono sotto pelle, così da non doversi nemmeno più preoccupare di muovere il dito sullo schermo per rispondere alle chiamate.

Per la US Navy gli schermi touch sono out





In un mondo che vive di innovazione continua (a parole) e progresso tecnologico programmato rigorosamente sugli interessi economici dei gruppi dominanti, capita a volte che le nuove frontiere dei sistemi di interfaccia e comando siano peggiori dei vecchi sistemi. E' il caso dei telecomandi per le auto, lo scrivevo ieri, ma anche quello degli schermi touch, che la marina degli Stati Uniti ha deciso di eliminare dalle proprie navi. La US Navy ha infatti previsto di riconvertire ogni schermo tattile presente sulle proprie imbarcazioni ai vecchi sistemi meccanici di azionamento, perché la complicazione delle interfacce grafiche rende possibili malfunzionamenti e incidenti. Ai militari, si sa, non la racconti. E se un sistema si presenta come innovativo deve avere effettivamente tale caratteristica, ma anche e soprattutto affidabilità e precisione. Tutte caratteristiche che la filosofia touch non ha mostrato di avere, uno tra tanti, nell'incidente del 2017 tra la John S McCain e la Alnic MC, il quale ha prodotto l'indagine della NTSB (l'ente per la sicurezza dei trasporti, che ha giurisdizione anche in ambito militare) che ha concluso per cause imputabili alle difficoltà di manovra causate dalla complessità del sistema di comando. La marina ha così svolto un'inchiesta interna intervistando addetti alla guida dei diversi scafi e ha concluso che a parità di abilità dei singoli e di caratteristiche della nave, un sistema tradizionale con i comandi posti su una consolle è più efficiente e atto a rispondere alle emergenze di uno basato su schermi. Nei prossimi 18-24 mesi, perciò, tutti gli schermi attuativi spariranno dalle navi militari americane.



Alla luce di ciò c'è da domandarsi se la loro presenza sulle automobili sia davvero migliorativa. Oggi la dimensione degli schermi continua a crescere e le funzioni da essi comandate si moltiplicano, costringendo l'automobilista a una dose di attenzione maggiore che invece, lo vediamo ogni giorno, potrebbe evitare incidenti se rivolta alla strada. La distrazione è oggi la principale causa di sinistri, fenomeno che gli schermi touch tendono ad amplificare in un mondo marketing oriented dove contano più le features connettive dell'auto piuttosto che le sue prestazioni.



C'è da domandarsi se lo stesso discorso valga anche per l'industria aeronautica, visto il crescente numero di problemi causato dalla scarsa confidenza dei piloti con la più recente avionica.

12 agosto 2019

Jaguar si allarga in basso con l'aiuto di BMW





L'accordo di giugno tra Jaguar e BMW riguardava lo sviluppo elettrico. Ma si sa, da cosa nasce cosa e così ora il legame è già giunto ai gruppi motore, mentre nel prossimo futuro potrebbe arrivare addirittura alle piattaforme. L'uso dei motori a 4 e 6 cilindri tedeschi, per i quali sembra in corso l'accordo di fornitura, rende logico (questioni economiche di licenza a parte) lo sviluppo di veicoli brit basati su telai progettati insieme con BMW, cosa che pare stia già accadendo con due piccole Jaguar in cantiere, basate sulla piattaforma FAAR dell'Elica azzurra sviluppata per veicoli a trazione anteriore. Si tratta di una piccola Suv e di una crossover di pari dimensioni, che avrebbero il compito di allargare verso il basso una gamma attualmente troppo spostata verso l'alto. Entrambi faranno parte della famiglia Pace e potrebbero aiutare il marchio a raggiungere emissioni di gamma in linea con i regolamenti in vigore dal 2025, nei confronti dei quali attualmente il brand è piuttosto scoperto.  Lo styling della Suv sarebbe ispirato a quello della i-Pace, mentre la crossover strizzerebbe l'occhio al pubblico femminile, con maggiore preziosità di linee; entrambe potrebbero arrivare sul mercato entro il 2021.

Rubare auto oggi è facile





Dopo un quinquennio di calo costante, nel nostro Paese i furti d'auto tornano a crescere. Nel 2018 l'aumento è stato del 5,2% (dati Ministero dell'Interno), con 105.239 vetture rubate, di cui solo il 40% viene ritrovato. Una tendenza preoccupante di riscontro anche all'estero, che ha radice anche in una sorta di semplificazione del compito da parte dei ladri. Le auto di ultima generazione sono praticamente tutte equipaggiate con un telecomando e molto sovente pure con l'accensione a pulsante; l'uso della chiave è quindi riservato solo ai casi di emergenza. Questo rende più facile il furto ai malfattori. Un tempo la procedura prevedeva forzare la portiera, bypassare il bloccasterzo e poi fare i collegamenti posticci per avviare il motore, serie di operazioni che anche un professionista difficilmente riusciva a portare a termine in meno di 2 minuti e mezzo.



Ma la tecnologia elettronica moderna ha reso le cose molto più facili, con la complicità dell'e-commerce: acquistare su Amazon uno scanner e un ripetitore è facile e poco costoso. Poi basta mettersi di fronte all'auto prescelta e attendere che il proprietario scenda e la chiuda con il telecomando. Puntando lo scanner si copia così la stringa dati in emissione, che basta poi trasmettere al ripetitore per ottenere senza alcuna fatica accesso alla vettura e abilitazione all'avviamento. I sistemi in uso sulle auto non riconoscono la chiave da cui parte il segnale, ma solo il segnale stesso, quindi è come se il ladro avesse le vostre chiavi. Il tempo necessario può così essere incredibilmente ridotto: un test eseguito da What Car su una Citroen DS3 Crossback ha richiesto solo 5 secondi, saliti a 30 su una Land Rover Discovery Sport e a 60 su una BMW X3; tutti comunque assai brevi. E i sistemi keyless non migliorano la situazione, perché quando si tocca la portiera per chiuderla si attiva comunque una trasmissione dati dalla chiave verso l'auto.



Soluzioni possibili? Beh ce ne sono parecchie, la prima che mi viene in mente è inserire un codice variabile che individui solo e soltanto la chiave. Oppure far sì che la centralina cambi combinazione a ogni azionamento, riconoscendo solo un segnale alla volta. Lo scanner dovrebbe intercettare così il secondo segnale per avere l'accesso e se nella chiave ci fosse un generatore casuale in sinc con quello dell'auto si avrebbe lo stesso livello di sicurezza di una crittografia. Ma in definitiva pare che ai costruttori non importi molto. Dopotutto i furti agiscono anche sulle vendite, no? 

08 agosto 2019

Per VW, l'elettrico è dietro l'angolo





Nel corso di un incontro con la stampa statunitense, Reinhard Fischer vice presidente del Gruppo VW in Nord America ha dichiarato che il punto di svolta del mercato per la mobilità elettrica è vicino. Molto più vicino di quanto molti pensino. Nell'intervista pubblicata da Automotive News Europe, Fischer afferma che la produzione su larga scala abbatterà i costi dell'elettrico permettendo a questa nuova tecnologia di affermarsi e di essere competitiva, in termini economici, con i tradizionali motori a combustione interna. Fischer si dice assolutamente certo che l'abbattimento dei prezzi sarà il primo passo importante per convincere gli automobilisti e per raggiungere questi obiettivi il gruppo VW è pronto a presentare 70 modelli entro il 2028 e che per quella data nel mondo circoleranno 22 milioni di auto a batteria. La prima vettura destinata ai grandi numeri è ovviamente la VW ID3; in Germania l'edizione di lancio costerà meno di 40 mila euro, mentre nei mesi a seguire già nel corso del 2020, VW introdurrà versioni entry level della ID 3 con prezzi al di sotto dei 30 mila euro. Più o meno l'esborso che richiede l'acquisto di Golf TDI. Fischer ne è convinto: conti alla mano il mantenimento di un'elettrica costa la metà di un'auto tradizionale. Piuttosto i problemi, sempre secondo Fischer, arrivano dalle barriere psicologiche legate alla diffidenza verso questo tipo di tecnologia e soprattutto nell'ansia legata all'autonomia e ai punti di rifornimento di questi veicoli. Nessun problema conclude Fischer: 100 anni fa la benzina veniva venduta nelle farmacie, oggi, solo in America, ci sono 122.000 stazioni di servizio. Sarà... Io comunque continuo a esprimere qualche dubbio: le barriere non sono psicologiche ma reali. Spendo 40 mila euro e acquisto una VW ID3, ma ben presto mi devo rassegnare a usare la mia fiammante ID3 col contagocce. Il pieno da rete domestica è interminabile e le colonnine per la ricarica rapida sono come oasi nel deserto. Introvabili. A meno che gli amici farmacisti non inizino a installare punti di ricarica, io continuo a credere che l'elettrico otterrà buoni risultati, ma non così rapidamente. Anzi.

07 agosto 2019

Dalla Slovenia con furore...













Il preparatore sloveno Tushek ha annunciato che presto inizierà a produrre in piccola serie una nuova hypercar ibrida. Verrà esposta alla rassegna inglese Salon Prive in programma a Woodstock nell'Oxfordshire il prossimo settembre e sarà equipaggiata con un V8 di 4,2 litri associato a due motori elettrici anteriori, Secondo il tuner la sua TS 900 H Apex (così si chiama) erogherà 950 CV di potenza massima. Sempre secondo Tushek si tratterebbe della hypercar più leggera mai realizzata, grazie anche alla presenza di un telaio al cromo molibdeno e carrozzeria in fibra di carbonio. Le prestazioni si annunciano quantomeno tempestose con una velocità massima di 380 km/h e un'accelerazione da 0 a 100 in 2,5 secondi. Questo al momento è tutto. Tushek ha promesso che in occasione della presentazione inglese dovremmo scoprire qualche altro segreto della terribile Apex...

Solo inutili o anche pericolose?

I test di guida autonoma proseguono tra difficoltà tecniche, indagini, e trascurabile impatto economico. C'è da domandarsi se si tratti ...