26 settembre 2022

Electric balls

La propaganda elettrica ci propina dati fantasiosi sull'autonomia. Ma i conti mostrano che siamo ancora lontani da poter usare una BEV come le auto tradizionali.


Sappiamo tutti che il principale problema delle auto elettriche risiede nella loro autonomia. Ultimamente, però, assistiamo da più parti alla comunicazione mediatica di magici aumenti del range delle vetture, pur in assenza di novità sostanziali sul processo di accumulo dell'energia elettrica.
Di fatto le batterie sono sempre le stesse, ergo quelle al litio con elettrolita liquido, ma ci raccontano che con prodigiosi aggiornamenti il chilometraggio possa salire e di molto.


Sarà meglio fare un po' di chiarezza.
La principale differenza tra un accumulatore elettrico e un serbatoio di carburante è il modo in cui l'energia vi è contenuta. Un serbatoio, infatti, immagazzina direttamente l'energia chimica del combustibile ed è il motore cui spetta poi la trasformazione in energia meccanica. Una batteria invece non è in grado di accumulare direttamente energia elettrica, ma deve farlo per mezzo di una reazione chimica indotta. In definitica entrambi accumulano dunque energia chimica; la differenza è però che nelle vetture elettriche sia la carica sia il ritorno a energia utilizzabile per la trazione avvengono grazie a reazioni chimiche nella batteria stessa. Ora, chiunque abbia studiato un minimo di fisica sa che a ogni trasformazione corrisponde un rendimento, cioè un quantum che si perde e più trasformazioni fai, più il totale sprecato aumenta. Se vi raccontano quindi che a ogni rallentamento la vostra BEV recupera tutta l'energia spesa per accelerarla, mentono. Ne recupera solo la parte depurata di tutti i rendimenti coinvolti nel processo.


Bene. Ma c'è un'altra differenza fondamentale tra i due sistemi, la densità. In media un accumulatore contiene circa 250 Wh/kg, qualcuno dichiara 450 Wh/kg, ma in uso pratico di questo tipo ancora non ce ne sono.
Attenzione, perché le unità di misura sono importanti. Parliamo di Watt, non di chiloWatt, mille volte meno. Un chilo di benzina (che data la sua bassa densità corrisponde a circa 700 g) contiene invece circa 13 kWh, possiamo dire attorno a 9,6 kWh per litro. Un serbatoio da 50 litri contiene quindi 480 kWh e pesa 37,5 kg. Per contenere la stessa energia un accumulatore peserà perciò 1.920 kg e nella migliore delle ipotesi 1.066. Un divario enorme.


Ecco i problemi reali, peso e densità energetica. E non c'è nanotecnologia che possa avvicinare il divario; solo i supercondensatori potrebbero fare la differenza poiché accumulano direttamente energia elettrica, ma siamo ancora molto lontani dal loro utilizzo pratico.

Per sfruttare appieno il rendimento altissimo del motore elettrico, oltre 90% contro una media operativa del 25% di quello termico, occorre lavorare proprio sulla capacità di accumulo, perché nonostante l'efficienza di una cella al litio sia attorno a 96%, la sua densità di potenza è ancora troppo bassa per un conveniente uso pratico mentre i tempi di ricarica sono troppo lunghi. Senza contare che più rapidamente lo carichi, un accumulatore, più ne riduci la vita operativa.
Quindi a meno di non andare in giro con veicoli pesanti come carri armati, che ovviamente consumeranno poi in relazione al peso e alla sezione aerodinamica, non c'è alcuna possibilità concreta di poter disporre di autonomie anche solo paragonabili a quelle di una vettura tradizionale.


Il motore elettrico è nettamente il miglior sistema di trazione oggi esistente, ma in assenza di un metodo di accumulo parimenti efficiente e sfruttabile, una BEV è solo un costoso giocattolo.

Il giochino delle autonomie, poi, non tiene conto delle potenze impiegate a seconda dello stile di guida: una supercar da 1.000 kW in pista fa sì e no qualche giro anche con una mega batteria. Ricordo un test a Monza con la prima Tesla: dopo due giri tirati bisognava ricaricarla. Quindi se uso tutta la potenza della  mia BEV, l'autonomia sarà ridicola. 
Ditemi voi perciò se ha senso produrre oggi auto da 500 kW e più.
 
Quindi ribadisco: la scelta elettrica si imporrà perché è più logica e razionale, ma è ancora troppo presto. Se non si risolvono i problemi di inquinamento ambientale e disponibilità delle risorse resterà nella storia come il flop europeo più clamoroso.

21 settembre 2022

English glory

Rinasce in chiave moderna lo storico marchio Vanwall, scuderia inglese che vinse nel 1958 il titolo costruttori. Ma per gli appassionati c'è anche la possibilità di una vettura originale.

Queste sono le Vanwall con le quali giocavo da bambino. Correvano sulla mia pista Scalextric ma per me quello era un marchio sconosciuto, perché a quel tempo la scuderia inglese di Tony Vandervell aveva già passato la mano.
La forma delle auto ricordava le Ferrari degli anni '50 e in effetti la scuderia nacque proprio da uno dei tanti contrasti tra il Drake e uno dei suoi fornitori, Vandervell, appunto, che aveva osato modificare una F1 obsoleta del Cavallino per corrervi.


Oggi il brand, che al tempo annoverò tra i costruttori Colin Chapman e tra i piloti Stirling Moss, rinasce con una LMH realizzata dalla ByKolles il cui nome ufficiale è Vanwall Vandervell LMH. Della vettura, nata per le corse, esiste già una versione stradale, la Vanwall Vandervell 1000, in cui il numero indica la potenza, 1.000 CV.  L'unità dovrebbe essere un V8 sovralimentato con assistenza ibrida, ma ByKolles non ha fornito alcuna informazione oltre alle foto pubblicate sui social. Attendiamo perciò di vedere la vettura finita e di constatare se il peso sarà veramente di 950 kg come il costruttore ha annunciato. Con meno di 1kg/CV le prestazioni dovrebbero essere eccellenti.


Per chi però oggi dispone di una grande liquidità (magari ottenuta dalla crisi del gas), esiste però un'altra possibilità, davvero esclusiva.


Vedremo se il marchio rinato in chiave moderna non subirà la concorrenza di chi si rifà invece all'originale, la VANWALL® 1958 LIMITED, che realizza su ordinazione una micro-serie di copie fedeli della F1 inglese del 1958, anno in cui raggiunse il maggior successo della sua peraltro breve carriera sportiva, il titolo costruttori. Ne faranno solo sei e promettono di realizzarle a mano basandosi sui progetti originali. Sono curioso di sapere se anche il motore sarà una copia dell'originale, ottenuto saldando insieme quattro mono Norton da mezzo litro.


15 settembre 2022

Il segno dei due mondi

Due costruttori top end, due filosofie del tutto diverse per il futuro. Fedele ai suoi criteri di purezza Pagani, più attenta ai volumi e alle tendenze del marketing Ferrari.


Sicuramente un purista, costruttore sofisticato e molto high tech come Horacio Pagani non poteva che partorire un'altra opera d'arte nel novero delle sportive più estreme; per ciò che attiene le soluzioni tecniche d'altronde non ha avuto dubbi nel ritenere il trend elettrico delle supercar attuali del tutto inadatto alle sue automobili. Così ecco che il nome di progetto C10 diventa Utopia, la nuova ipercar nata da una progettazione durata sei anni.
Dall'altro lato il Cavallino presenta Purosangue, innovativa Suv del marchio che di fatto prende il posto della GTC4Lusso. Una quattro posti vera, la prima, invece delle 2+2 che fin qui Ferrari ha (anche) realizzato.


Per essere obiettivi però occorre dire che non è possibile paragonare direttamente Pagani a Ferrari. Il primo è esclusivamente un costruttore di ipercar dal prezzo stratosferico destinate a chi apprezza (e può permettersi) un prodotto realizzato su misura.
Ferrari è invece quello che potremmo definire in modo forse irriverente un generalista delle supercar, capace sì di realizzare modelli che aspirano all'assoluto motoristico, ma con alle spalle una produzione che si rivolge anche a chi è senz'altro molto abbiente ma non proprio un emiro.


La Purosangue mostra comunque una tecnologia al top, nel suo settore, e monta lo splendido V12 da 6.496 cm3 della 812 Competizione che, questo sì alla maniera classica, non dispone di alcuna sovralimentazione nè assistenza elettrica. 725 CV a a 7.750 giri, 716 Nm a 6.250, valori meno estremi del massimo potenziale che l'unità può esprimere, ma più adatti a una 4x4. Che impiega il sistema 4RM-S che per l'asse anteriore prende il moto direttamente dalla parte frontale dell'albero motore e varia la coppia in sintonia con il sistema a quattro ruote sterzanti, anch'esso mutuato dalla 812.


Per la Utopia invece il design è quasi un po' rétro, in cui spicca la mancanza di spoiler e dispositivi esterni evidenti per rendere migliore e più pulita la profilatura. Ma è comunque una Pagani, con i quattro fari e i soliti terminali di scarico nel cerchio. L'aerodinamica è comunque quella di un'auto estrema ed è curata, con le appendici sottilmente integrate nella carrozzeria: splitter anteriore, grandi prese d'aria e le esclusive alette attive che contraddistinguono ormai le Pagani.
Tutto ciò per ridurre la sensibilità all'altezza da terra mentre per il propulsore, anche qui un V12, Pagani ha scelto ancora una volta Mercedes-AMG. Come dicevo niente ibrido, ma turbo sì, due. Ora l'unità da 6,0 litri produce 864 CV a 6.000 giri e 1.100 Nm tra 2.800 e 5.900 giri; il regime massimo è di 6.700 giri. Cambio manuale automatizzato Xtrac a 7 velocità (ma ci sarà anche una manuale, ha detto Pagani), per contenere il peso entro i 1.280 kg; un doppia frizione pesava troppo.

Chiunque abbia avuto la fortuna di guidare una Pagani sa che straordinarie auto siano, quanto prestazionali e quanto gratificanti. Non ho dubbi che anche questa lo sia, anche se l'emozione del V12 Ferrari agli altri regimi è davvero un assoluto, mentre un propulsore turbo si finisce per sfruttarlo sempre più di coppia. Ma il paragone, per quanto forzato, finisce qui.


Il Cavallino non definisce ufficialmente la Purosangue una Suv, ma un'auto alta 1.589 mm che pesa 2.033 kg non può avere il baricentro raso terra. Non ho dubbi che un veicolo che superi i 310 km/h e vada da 0 a 200 in 10,6 s sia molto gratificante, ma anche una Cayenne Turbo S o una Urus si comportano benissimo, pur distruggendo le gomme in breve tempo se usate come GT. I miracoli in fisica non accadono e certamente un accurato lavoro su sospensioni e concentrazione delle masse come quello fatto da Ferrari è in grado di dare ottimi frutti, ma non dimentichiamoci che stiamo parlando di un'auto da oltre 300mila euro che, visto il blasone, intende qualificarsi più per le doti dinamiche che per l'abitabilità, con buona pace delle suicide doors.


Una netta scelta di campo quindi, basata su quelle solide basi economiche che Ferrari ha sempre saputo sfruttare al meglio. Ma anche un passaggio epocale che avvicina la fine di un'era, che insieme all'elettrificazione ci porterà verso un presente purtroppo assai meno emozionale.

12 settembre 2022

Elettriche e inquinamento: una beffa all'ambiente

Non è affatto vero che il passaggio alle elettriche migliori le condizioni ambientali. Nessuna riduzione nella CO2 emessa, mentre nuovi tipi di inquinamento andranno ad aggiungersi al conto esistente.


Che l'ambiente sia inquinato lo sappiamo tutti; di chi sia però la colpa è oggetto di discussioni. Attribuirlo all'Uomo con impeto da tragedia greca non muove di un millimetro la situazione, anche perché il genere umano si trova da sempre in trend evolutivo e l'unico modo attualmente conosciuto di implementare l'evoluzione si chiama tecnologia.

Colpa della tecnologia dunque, che per quanto evolva non riesce a farlo in sintonia con l'ambiente. Ma come potrebbe essere altrimenti, visto che tutte le nostre esigenze sono in contrasto con il mondo che ci circonda. Nessuno accettererebbe di passare l'inverno alla stessa temperatura dell'ambiente esterno, nessuno (beh qualcuno c'è, a dire il vero) vorrebbe muoversi alla velocità del proprio passo o al massimo a quella di un cavallo, nessuno deciderebbe di tornare agli schiavi come alternativa all'uso dei motori.


Quindi ogni variante suggerita dalla lobby di turno non fa che spostare il destinatario delle modifiche ambientali, magari inaugurando il trend negativo in un settore ancora risparmiato dalle conseguenze delle tecnologie in uso al momento
E' esattamente quello che sta succedendo con il passaggio alle auto elettriche. Se dal punto di vista delle unità di trazione la semplificazione e la maggiore efficienza sono tangibili, analizzando la procedura di costruzione delle batterie, o meglio la reperibilità delle risorse a essa necessaria, si scopre tutto un nuovo mondo di inquinamento e devastazione ambientale.
Solo che non si vede, almeno dalle nostre parti, perché, come per la produzione di CO2 , si delocalizza il luogo in cui si fanno i danni; nello specifico le miniere estrattive delle materie prime per gli accumulatori.


La premessa che i veicoli a batteria siano migliori per l'ambiente è dunque minata dalle segnalazioni di gravi danni ambientali. Le miniere di litio richiedono circa 9 milioni e mezzo di litri d'acqua per produrre una singola tonnellata di materiale e contaminano le vicine fonti. Nella miniera di Ganzizhou Rongda, in Tibet questo ha decimato la fauna locale e reso tossici i pozzi di acqua potabile nelle vicinanze.
Anche l'estrazione del nichel non è priva di rischi; il metallo proveniente dai solfuri dà luogo a grandi rilasci di anidride solforosa, fortemente cancerogena, mentre i materiali di scarto sono scaricati direttamente nei corsi d'acqua, rovinando i fiumi e decimando le barriere coralline. La situazione è peggiorata così tanto che nel 2017 nelle Filippine sono state chiusi oltre una dozzina di impianti per i problemi ambientali.
E ci sono altre cattive notizie con il cobalto. L'esposizione prolungata alle polveri è estremamente pericolosa per le persone e causa malattie polmonari. Inoltre la Repubblica Democratica del Congo, primo esportatore, tende a utilizzare bambini lavoratori per estrarlo dal suolo. Si presume che decine di migliaia di bambini lavorino quotidianamente nelle miniere di cobalto, secondo Amnesty International. Infine, come se tutto ciò non bastasse, sono emerse nuove preoccupazioni riguardo alla ricchezza di uranio della regione. Sono stati registrati livelli di radioattività allarmanti in alcune regioni minerarie e dato che come al solito i rifiuti finiscono per essere scaricati nei corsi d'acqua la contaminazione radioattiva diventa un fenomeno crescente.

Quindi smettiamola con il claim delle auto elettriche rispettose dell'ambiente. Semplicemente non è vero e prima ce ne rendiamo conto, meglio è.

 

06 settembre 2022

Ancora wishful thinking

La transizione ecologica è sempre più all'insegna di un inquietante distacco dal mondo reale. E proprio in campo auto le contraddizioni sono più evidenti.


A furia di parlare di metaverso sembra che ormai il mondo abbia perso il senso della realtà. Solo così si spiega (malafede e lobbismo a parte) l'incessante propaganda di tecnici e politici che si affanna a disegnare un mondo ideale che esiste solo sui server dei provider, quelli che, tra l'altro, sono i maggiori assorbitori di energia elettrica del pianeta.
Così accade che solo pochi giorni dopo l'annuncio da parte del CARB, California Air Resources Board, del piano per vietare i motori a combustione interna entro il 2035, il governatore Gavin Newsom dichiari lo stato di emergenza per il sovraccarico della rete elettrica. Ai californiani viene ora chiesto di razionare il loro consumo di energia e nello specifico ai proprietari di BEV di astenersi dal caricarli.

E' del tutto ovvio come si sia di fronte a un assurdo. Gli ambiziosi obiettivi energetici dello stato iniziano a sembrare insostenibili con l'ultima ondata di caldo. Mega siccità significa meno megawatt, ha detto il governatore in riferimento ai recenti problemi con l'energia idroelettrica. Ma nessuno sembra offrire soluzioni valide a quello che in definitiva è un problema di pianificazione delle infrastrutture. Incoraggiando le persone a ridurre il loro consumo di energia, la California ha meno possibilità di subire altri blackout, ma questo non è certo un buon viatico per i veicoli elettrici negli anni a venire.


L'aumento del consumo energetico globale è scontato. A meno che il mondo intero non decida di iniziare a snobbare i comfort moderni, aria condizionata, televisori, acqua calda, lavatrici, oppure decida di costruire centrali nucleari, semplicemente non ci sarà una produzione di energia sufficiente per i veicoli completamente elettrici. E di fatto il mondo potrebbe già trovarsi su una traiettoria in cui i vantaggi finanziari nel possedere un veicolo elettrico evaporeranno nei prossimi anni se i prezzi dell'elettricità non si stabilizzano subito. Con il trend in crescita dei costi dell'energia e delle batterie nessuno sano di mente vorrà comprare un'auto elettrica se ciò significa meno mobilità a costi maggiori.

La California, ma anche tutti gli stati occidentali, devono assolutamente capire come gestire questo problema prima della pretesa diffusione dei BEV. In caso contrario ci sarà la débacle di un'industria automobilistica che apparentemente ha messo tutti suoi atout sull'elettrico, ma potrebbe anche tramontare l'orizzonte di qualsiasi vantaggio ambientale concreto.

Solo inutili o anche pericolose?

I test di guida autonoma proseguono tra difficoltà tecniche, indagini, e trascurabile impatto economico. C'è da domandarsi se si tratti ...