28 febbraio 2018

Inquisizione e wishful thinking





Non so se ci sono o ci fanno. Ma il dubbio che la filosofia delle dichiarazioni a corto raggio, quelle che dopo qualche tempo puoi ritrattare o addirittura negare di aver fatto, abbia attecchito anche oltre i confini italiani è sempre più forte. Non solo dalle nostre parti si è cominciato infatti a fare dichiarazioni roboanti che con buona probabilità hanno lo scopo principale di far salire i profitti di borsa in stile Tesla, ma vanno riviste alla luce del prossimo futuro, economico e sociale.

In questo caso parlo di Volvo, che per bocca dell'ad Håkan Samuelsson ha dichiarato di non prevedere più alcun budget per lo sviluppo di motori a combustione (peraltro solo a benzina, sinora) poiché l'evoluzione dei suoi modelli avverrà in campo puramente elettrico. Attenzione, però. Leggendo tra le righe si coglie che ciò non significa che, dato che dal 2019 a ogni modello sarà affiancata la versione new age, il motore a benzina sparisca dai listini. Sì, perché le ibride faranno ancora la parte del leone, mentre i motori, tutti a 3 o 4 cilindri (quindi belli economici da produrre  pur turbo), ridurranno il loro peso percentuale nel costo complessivo dei modelli visto che i propulsori elettrici costano molto meno. Siamo alle solite, ovvero al wishful thinking più smaccato. Sull'onda di una sorta di fanatismo continentale che ricorda l'Inquisizione, si moltiplicano le dichiarazioni di biasimo produttivo nei confronti dei motori a combustione, con il Diesel nel ruolo di untore e a favore di una elettrificazione di massa che è e sarà un miraggio per almeno altri 20anni. Gli immensi problemi da risolvere a questo proposito, rete di ricarica, alimentazione della stessa, smaltimento degli accumulatori a fine vita, costo del litio sul mercato mondiale, sono bazzecole, noiosi ronzii che ostacolano la corsa con entusiasmo verso il sole dell'elettrificazione di massa. Ma voglio proprio vedere chi e con quanti soldi potrà comprarsele, 'ste auto elettriche, e soprattutto andarci in giro davvero.

27 febbraio 2018

Fatti sentire





In Europa siamo ancora alle iniziative delle singole Case, negli Usa la decisione è stata presa dall'ente federale. Parlo della ormai ultradecennale questione del sound delle auto elettriche, che coinvolge non tanto il lato amusing della guida quanto quello della sicurezza attiva. Le auto elettriche ronzano, per lo più, quindi in ambito urbano (ma non solo) accade spesso di non accorgersi del loro sopraggiungere, con la logica conseguenza di un netto aumento del rischio di incidenti.

Nel Vecchio Continente non esiste ancora una normativa comunitaria che stabilisca quale e quanto rumore debbano produrre i veicoli di nuova generazione, ma solo un limite massimo basato sulla pressione acustica retaggio del passato. Gli yankee sulla sicurezza sono in genere solleciti, ma in questo caso ci hanno messo parecchio per poi partorire un topolino; in ogni caso la NHTSA alla fine ha deciso: al di sotto delle 18,6 mph, pari a 30 km/h, ogni veicolo non dotato di motore a combustione e di peso inferiore alle 10.000 libbre (4.536 kg) deve produrre un suono per avvisare i pedoni del suo sopraggiungere. Quale suono? Quello che vuole, purché si senta. Perché i 30 orari e le 10.000 libbre? Perché la NHTSA ritiene che sopra i 30 il rumore di rotolamento e quello aerodinamico siano già avvertibili, mentre nel caso di veicoli più pesanti anche a bassa andatura gli pneumatici risultano abbastanza rumorosi da essere avvertiti. Il tutto operativo dal 2019 in almeno il 50% dei veicoli venduti rispetto al listino elettrico del marchio in oggetto. Tipicamente americano fare una norma e prevederne già l'applicazione parziale. Comunque almeno loro ci hano pensato. Quindi, la prossima volta che camminerete in una strada residenziale degli States e sentirete il carillon del furgone dei gelati, state in guardia, perché potrebbe essere una supercar pronta a stirarvi.

26 febbraio 2018

Kia Stinger GT































































Kia è il marchio satellite di Hyundai, storia già vista, un po' come
Seat con VW. Ma contrariamente alla politica di altri marchi, qui il brand
ha le sue velleità e presenta prodotti che si allontanano anche
parecchio, per stile e prestazioni, da quelli della Casa madre. Come
nel caso della Stinger, la berlina sportiva che tanto scalpore ha fatto negli Usa e che si affaccia al mercato europeo con due modelli, uno
equipaggiato da un turbodiesel 2.2 da 204 CV e l'altro con un V6 biturbo
a iniezione diretta di 3.3 litri da 370 CV. L'avevamo vista come concept al salone di
Francoforte nel 2011; ora la prima vera GT di Kia è una realtà, giunta sul
mercato dopo uno sviluppo portato avanti principalmente al Nuerburgring
per darle quel comportamento da granturismo cui il marchio ambiva. Stinger è perciò la nuova ambasciatrice del marchio, una vetrina techno con un rapporto qualità/prezzo che spakka. Diamo un'occhiata alla versione più cattiva, ovviamente.



La linea è un po' da A5 Sportback, slanciata, elegante, con il lungo cofano che sottolinea l'interasse importante e una lunghezza vicina ai 5 metri, 4,83 per la precisione. Il frontale è aggressivo e ben realizzato, con gruppi ottici a Led e la parte inferiore sottolineata dalle prese d'aria per i freni. Peccato per la caduta di stile delle finte prese di aerazione sul cofano: o le fai vere o non le metti. Nella vista laterale in evidenza gli sfoghi per il raffreddamento dei freni Brembo con pinze rosse e i cerchi da 19" dal disegno non originale ma gradevole. Bella la coda con i quatto scarichi a sezione ovale ai lati dell'estrattore che collabora insieme al fondo piatto al raggiungimento del Cx di 0,30. Superiormente i gruppi ottici sono divisi dall'apertura del portellone e si prolungano sulla fiancata; lo spoiler è poco vistoso. Il vano bagagli non è molto profondo ma largo, con capacità da 406 a 1.114 litri abbassando i sedili; viaggiare in famiglia si può.



Il design interno è di ispirazione aeronautica, con abitacolo spazioso anche dietro e i bei sedili ampiamente regolabili che permettono pure la variazione del sostegno ai fianchi; manca solo la regolazione dell'appoggio anteriore. Tre le tinte a scelta, nero, rosso o grigio e molto curate le finiture, anche se le plastiche adottate per la parti inferiori della plancia non sono all'altezza delle altre. Plancia razionale con prese d'aria a turbina e grande schermo touch da 7 pollici per l'infotainment, che prevede un sistema audio Harman Kardon da 720 W e 13 altoparlanti, con due subwoofer sotto i sedili anteriori. Curiosamente, però, per variare la scala della cartina sullo schermo occorre azionare un piccolo potenziometro in plancia e non si possono usare le dita come sui telefoni. Il cruscotto ha due strumenti analogici ben leggibili e un display aggiuntivo centrale che cambia visualizzazione a seconda del Drive Mode selezionato: Smart, Eco, Comfort, Sport e Sport Plus, con l'ovvio conseguente significato sulle tarature di sterzo, sospensioni ad assorbimento variabile, erogazione del motore e velocità delle cambiate. La funzione Smart è una sorta di jolly che interpreta il comportamento del pilota e adatta automaticamente la taratura alle (implicite) richieste. Ottima in generale l'ergonomia dei comandi, molti dei quali sulle razze del volante asimmetrico dall'ottima presa. In più c'è la chicca dell'head up display che consente di non distrarsi dalla strada. Peccato però che le info mostrate si limitino alla velocità e alle indicazioni del navigatore, mentre sarebbero utili anche la ripetzione dei segnali stradali e, vista la sportività del'auto, il contagiri.



Un tocco sul bottone in plancia e il V6 prende vita con un ron ron sommesso. Il cambio è un automatico a 8 marce coreano e in modalità manuale si aziona con le palette al volante; dentro la prima e via. In modalità Comfort la Stinger scivola veloce e fluida sulla strada, con cambiate appena avvertibili e il motore che si mantiene a basso regime. La potenza di 370 CV è erogata a 6.000 giri ma la coppia massima di ben 510 Nm è disponibile già da 1.300 giri, mentre si prolunga nel suo massino fino a 4.500. Ne consegue che per andare via come una fucilata non hai bisogno di darci dentro particolarmente; alla Stinger andar forte viene naturale. Se però passi alla modalità Sport le cose migliorano e accelerazioni e sorpassi diventano entusiasmanti, tra le facce stupite degli automobilisti che non indentificano immediatamente la vettura come una di quelle cui è meglio lasciar strada. Passando a Sport Plus c'è un ulteriore step che disinserisce parzialmente il controllo di stabilità e la GT diventa ancora più incisiva nella guida, pur mantenendo una stabilità di fondo notevole. Il comportamento è da trazione posteriore pure se la trazione è integrale e anche senza ricorrere al Launch Control le accelerazioni sono da sparo; lo 0-100 da 4,9 secondi è quindi più che credibile, mentre la velocità massima di 270 km/h non ha autolimitazioni eludibili a pagamento.



Alzando il ritmo l'auto continua a seguirti fedele e concreta, ma oltre una certa velocità emergono i limiti del McPherson anteriore (anche con le barre di irrigidimento) che non ti dà la precisione che vorresti, mentre ai freni, pure Brembo, occorre abituarsi per gestire la non immediatezza dei rallentamenti. Si tratta però di desideri provocati dall'eccellente motore biturbo, che non mostra la minima esitazione a erogare la forte coppia grazie anche alla perfetta accoppiata con l'automatico, capace di sgranare le marce come un rosario; solo qualche volta non ti fa scendere di rapporto perché per lui esageri. Con la Stinger vai davvero forte e più la conosci più ci dai dentro, in un loop positivo generato dalla grande sincerità del comportamento che ti spinge a osare con sicurezza. Difetti pochi e di scarsa entità, quindi. Comunque, tirando le somme devi fare i conti con il rapporto qualità/prezzo di una granturismo che non teme confronti con le cattive sul mercato; difficile comprare qualcosa di simile a livello prestazionale per 55.000 euro. Quando scendi dalla Stinger hai perciò un bel sorriso stampato sul volto. Certo che un più di sound come si deve potevano darglielo; troppo educati i quattro scarichi. Ma se è l'unico scotto da pagare per divertirsi come animali va bene anche così.

Paranoia Diesel





Non ho mai amato i motori Diesel, preferendogli di gran lunga i benzina, specie se a 6 oppure 8 cilindri e belli tosti. Facile, direte voi. Bello essere il re (magari) dico io. Ma non posso stravolgere la termodinamica a mio piacimento. Il motore ad accensione per compressione (Diesel) ha un rendimento parecchio più elevato di quello ad accensione comandata (a benzina) e su questo non c'è storia. Per quante ricerche si possano fare questo assioma non cambia. Il che implica migliori prestazioni, un minor consumo e quindi una minore emissione di CO2 rispetto al competitor. Il fatto che poi il propulsore a gasolio emetta più NOx, è legato proprio al suo maggior rendimento, che implica una più elevata temperatura di combustione. Gli ossidi di azoto, infatti, vengono sempre emessi in piccola parte nelle combustioni, ma quando queste superano una certa temperatura la loro percentuale sale di molto. Per inciso, nessuno pare preoccuparsi dei motori a reazione, che producono valanghe di ossidi di azoto proprio nella stratosfera, dove sono più dannosi. Ma torniamo alle auto; mentre in Europa ci siamo concentrati finora sugli effetti ambientali degli inquinanti, con la logica conseguenza di porre limiti al consumo e quindi alla CO2, negli Usa sono più preoccupati degli NOx, che hanno effetti nocivi sulla salute non ancora del tutto evidenziati nella loro complessità, oltre a essere uno dei precursori delle piogge acide. Per non parlare del particolato, che attualmente viene emesso maggiormente dai benzina a iniezione diretta privi di filtro. Quindi la campagna anti-Diesel attualmente in corso è un rigurgito di coscienza? Niente affatto, piuttosto si tratta di una precisa scelta industrial-economica. Il Dieselgate ha prodotto un calo di gradimento del motore negli Usa, vanificando quell'attacco in grande stile che il gruppo VW intendeva portare alla motorizzazione yankee per cambiarne radicalmente le scelte di acquisto. Gli americani restano quindi saldi nei full tank di benzina per i loro pickup. In Giappone il gasolio si usa solo per gli autocarri, in Cina è poco diffuso e in genere a Est solo l'India mostra forti percentuali di auto Diesel. Attualmente in Europa non sono ancora previste norme più stringenti della Euro 6d TEMP 2019, quella misurata con i test di guida reali, ma andare oltre quei livelli di emssione (peraltro davvero minimi) sarà così costoso da rendere di fatto lo sviluppo dei Diesel antieconomico. E se la soluzione elettrica ormai fa l'occhiolino ovunque la scelta è bell'e fatta. Con buona pace dell'ambiente, che si beccherà un netto aumento di effetto serra se tutta l'Europa rinuncerà al Diesel. Qundi l'annuncio di FCA sullo stop al gasolio è del tutto opportunistico. Gli automobilisti mondiali sembrano sempre più criceti sul girello, che corrono corrono ma restano sempre al palo, ostaggio di scelte operate dai costruttori che servono solo a garantire la loro grassa esistenza. Dal 1976, data di presentazione della Golf Diesel che di fatto sdoganò la soluzione tenica, sono passati più di 40anni, durante i quali il motore a gasolio ha progredito e finito per surclassare a livello prestazionale i normali motori a benzina. Impossibile non riconoscerlo. Quindi, anche se non l'ho mai amato, gli concedo l'onore delle armi.

21 febbraio 2018

Bella senz'anima









Stiamo assistendo a un vero e proprio florilegio di supercar elettriche, il che dimostra come la tecnologia legata a questo tipo di trazione sia decisamente meno elitaria di quella dei motori ad alte prestazioni di stampo tradizionale. La Aspark Owl è stata già presentata come concept allo scorso salone di Francoforte; viene dal Giappone e si pone sullo stesso piano della Tesla in viaggio nello spazio quanto a prestazioni. Questo video mostra una specie di test di accelerazione da fermo verosimilmente compiuto nello spazio retrostante il luogo ove la vettura è costruita; un po' artigianale, dunque. Comunque lo 0-100 viene coperto in 1,92 secondi, roba da F1, anche se dobbiamo fidarci del computer che da qui a là ha registrato la progressione. Il tutto con soli 436 CV, anche i 764 Nm di coppia erogati dallo stacco e il peso di soli 850 kg aiutano. I motori sono due, uno per asse, e la velocità massima di 280 km/h, più che sufficiente per le strade odierne. Il tradizionale asino casca però sui 150 km di autonomia, ottenuta con una combinazione ancora ignota di batterie e supercondensatori. Data di produzione non ancora stabilita ma prezzo sì, 4,4 milioni di dollari per ognuna delle 50 vetture costruite. Evidentemente da qualche parte nel mondo c'è un guru della new economy che suggerisce ai capitalisti investimenti di questo tipo, visti i ritorni in termini economici garantiti da tali prezzi. Non sono però altrettanto sicuro che guidare questi veicoli da sparo sia altrettanto gratificante. Certo l'accelerazione è devastante e continua, ma con le sportive elettriche manca il feeling; ti senti come in aereo, dove guida un altro. E il test svolto in un francobollo la dice lunga sull'importanza che in futuro sarà data alle prestazioni. Niente piste, nientre cronometraggi. Un computer e dati estrapolati. Beh, se poi pensate addirittura a una sportiva autonoma siamo davvero su due pianeti diversi.

20 febbraio 2018

Il futuro, oggi









In questi giorni si è fatto tanto parlare di SpaceX e della Tesla che viaggia verso Marte da far dimenticare che anche gli altri progetti di Musk corrono, è il caso di dirlo. Ce lo ricorda però il videoteaser rilasciato da Hyperloop, il sistema di trasporto collettivo superveloce, che annuncia l'inizio dei lavori della prima tratta, tra Cleveland (Ohio) e Chicago (Illinois), il cui percorso è stato deliberato dagli enti dei due stati che sovrintendono ai trasporti terrestri. Una tratta che in auto richiede circa 5 ore e mezza ma che il treno nel tubo potrebbe compiere in appena 30 minuti senza risentire di perturbazioni o ritardi come il mezzo aereo. E in effetti il sistema Hyperloop si prospetta cone un competitor delle aviolinee più che di altri mezzi di trasporto, garantendo velocità analoghe ma in totale relax, senza i rischi del volo e la complessità della regolazione del traffico aereo. C'è ancora tanto lavoro da fare, ma i progetti sono pronti e i cantieri stanno aprendo, anche se la tecnologia di supporto definitiva non è ancora a punto. Attualmente i vagoni di Virgin Hyperloop One hanno condotto test in levitazione fino alla velocità di 387 km/h; siamo ancora lontani quindi dal dato limite di progetto, che prevede il raggiungimento di una velocità massima cresciuta ora a 1.126 km/h, praticamente un regime transonico, che però in atmosfera di vuoto spinto non crea problemi alla struttura. Il problema della sicurezza è ancora tutto da risolvere e duale: c'è quello della protezione contro improvvisi black out dell'alimentazione dei magneti atti alla levitazione, che provocherebbe un devastante impatto della capsula contro la supeficie del tunnel (e a quella velocità degli occupanti rimarrebbe una marmellata). Poi c'è quello della tenuta del tunnel al vuoto spinto, perchè anche in questo caso l'aumento di pressione avrebbe esiti altamente distruttivi sull'integrità della capsula. Ma la politica visionaria di Musk (e dei suoi soci nell'impresa) va avanti e sognare fa comunque bene.

La new entry nel circus





L'avvento delle auto elettriche sta cambiando nettamente il panorama dei costruttori, che in futuro saranno molti di più e con know how completamente diverso da quelli attuali. E' il caso di Dyson, sì, proprio quell'azienda britannica che costruisce gli aspirapolvere. Il tycoon dell'azienda è James Dyson (nominato baronetto secondo l'abituale pratica brit di premiare il successo commerciale), settantenne inventore nato designer industriale che già anni fa aveva affrontato senza successo il mondo dell'automobile con un innovativo sistema di filtraggio del particolato che adottava lo stesso principio dei suoi aspirapolvere. Beh, tenace e vulcanico, ora Dyson coglie la svolta elettrica al balzo e annuncia la produzione di un'auto con il suo marchio. Da due anni 400 ingegneri sono al lavoro sul progetto, che nel 2020 darà vita a una prima vettura che si collocherà nel segmento alto di gamma, quello di Tesla per intenderci. Non ci sono ancora dati precisi sul sito produttivo, ma sarà con ogni probabilità in Asia, anche perché Dyson ritiene che quel mercato sia il più penalizzato dalle emissioni dei veicoli e il più pronto a passare alla mobilità elettrica. Ma le ambizioni del nostro sono di diventare un costruttore schierato sullo scacchiere internazionale e quindi altre due auto seguiranno, con un posizionamento meno esclusivo e più accessibile anche all'automobilista medio; quindi con numeri produttivi elevati e remunerativi. Per fare ciò ha fatto un altro investimento di 1 miliardo di sterline (ne ha già stanziati 2,5 per l'auto) per la ricerca sugli accumulatori a elettrolita solido, chiave di volta del successo o meno dell'auto elettrica su scala globale, Fisker docet. Da quell'uomo pratico e concreto che è, Dyson si è poi dichiarato scettico sul futuro della guida completamente autonoma pur disponendo di una divisione AI per lo sviluppo dei suoi prodotti. La sterminata mole di dati generata da ogni auto metterebbe in crisi ogni sistema di gestione in presenza di una sensibile diffusione delle auto elettriche autonome, come recentemente denunciato da un ricerca americana sull'argomento.

19 febbraio 2018

Dieselgate 2, la vendetta





Affamati come sono di scandali, gli yankee non sanno darsi pace e cercano ovunque colpevoli da punire, ma sempre secondo il loro codice, noto per fare del denaro la panacea per ogni violazione. E il filone Diesel è quello che tira; quindi ecco gli scagnozzi del dipartimento di giustizia prendersela anche con Mercedes. Che sarebbe colpevole di aver installato sulle sue auto a gasolio due diversi software, chiamati Slipguard e Bit 15 la cui azione congiunta sarebbe la solita, far rientrare le emissioni di NOx negli stretti limiti Usa, ma soltanto durante i test, poiché nella marcia normale queste sarebbero 10 volte superiori. Un altro Dieselgate, quindi. Il management tedesco smentisce e sostiene di aver dato già a suo tempo ampia collaborazione agli inquisitori americani sul tema, ottenendo di fatto l'archiviazione della procedura. Ora però la storia torna fuori e considerato che nel 2017 la Casa di Stoccarda ha richiamato circa 3 milioni di auto in Europa per una modifica al sofware della centralina motore destinata a ridurre gli NOx, a pensare male...

L'automotive fa i conti con la Brexit





In Europa si è diffusa la politica del ganassa, termine dialettale milanese che individua un comportamento a metà tra lo smargiasso e lo sbruffone. Ne è un tipico esempio la storia della Brexit, con i brit (o almeno la loro maggioranza) convinti che la loro isola sarebbe stata molto meglio senza il peso dell'Europa. Ma, a parte che il peso forse ce lo siamo tolti noi, vista la politica da paradiso fiscale da sempre portata avanti dalla UK sotto la copertura UE (dov'è il domicilio fiscale di FCA?), le conseguenze negative per la popolazione cominciano a manifestarsi. Dal mese di ottobre 650 addetti all'impianto Vauxhall di Luton hanno perso il posto e i restanti 1.200 temono la stessa sorte se i dazi UE saranno applicati alle Astra là prodotte. Dall'altra parte del fiume c'è lo stabilimento Jaguar Land Rover che sta pure considerando tagli al personale, anche se per ora solo in preventivo. Nessuno è ancora in grado di valutare appieno gli aumenti di costo della produzione di auto in UK, ma la tassazione al 10% applicata dalla UE a ogni auto prodotta in caso di hard Brexit potrebbe portare a un aumento di circa 3.000 euro per ogni vettura prodotta sul suolo britannico. E la ridda di spostamenti legata alla logistica dei componenti rende gli aumenti ancora più probabili. Prendiamo l'esempio di MINI: gli alberi motore sono realizzati in Francia, spediti vicino Birmingham e infine a Steyr in Austria per l'assemblaggio finale dell'unità. Una serie di spostamenti che picchia duro contro le barriere doganali e che costringerà BMW a fare i conti e rivedere il piano industriale. Per non parlare dei giapponesi, notoriamente assai più pragmatici negli affari, visto che business e guerra si esprimono con lo stesso termine. Uno per utti  Honda che ha affidato all'ambasciatore jap in UK il commento: "Con la Brexit non c'è più alcuna profittabilità nel produrre in Gran Bretagna". Hai voglia a fare il ganassa. ma all fine il conto lo devi pagare.

14 febbraio 2018

Low cost autonomous drive





Come spesso accade nella tecnica, alle soluzioni di primo settore prima o poi si affiancano versioni meno costose dello stesso concetto. E' il caso della guida automatica, che nella sua versione full richiede un notevole aggranvio di costi e tecnologia imbarcata sul mezzo per essere efficace. In Giappone, precisamente nella prefettura di Shizuoka, la società Toyota Tsusho Corporation di Nagoya ha ricevuto incarico dal ministero dei trasporti di studiare un sistema che permetta di rendere sincronizzata la guida degli autocarri in convoglio. Si tratta in pratica di far sì che accelerazione e frenate compiute dal primo dei mezzi vengano trasmesse automaticamente anche agli altri, mantenendo costante la distanza tra i veicoli. Il 23 gennaio scorso si è svolto il primo test su una superstrada e i tre autocarri hanno percorso 15 chilometri senza particolari problemi. Sui mezzi seguenti il primo ci sono comunque degli autisti, dato che la sterzatura dei veicoli non è automatizzata, ma rimane ancora da verificare come possa essere efficace la soluzione in caso di traffico intenso che permetta l'eventuale inserimento di altri mezzi nel road train. Si tratta di una soluzione che potrebbe abbassare notevolmente i costi della guida autonoma, ma le incognite sono ancora molte, tipicamente il rispetto di norme di circolazione che in molte parti del mondo sono decisamente disattese.

Maybach rilancia la super S













Cinque anni fa la svolta di Maybach, passata da brand indipendente a sottomarchio, pur di ultralusso, di Mercedes Benz. A Ginevra vedremo un nuovo modello, la Maybach 6 concept, che prefigura un modello in produzione dall'estate del tutto aderente alla vettura da salone. All'esterno in evidenza gli stilemi del marchio, tipicamente la griglia verticale, il paraurti e l'abbondanza di cromature, che hanno il compito di fare la differenza rispetto alle banali Classe S. Esclusiva anche la verniciatura bicolore con un speciale effetto profondità che dona all'ampia gamma di tinte una luminosità particolare. All'interno nuove combinazioni in marrone e beige di pelle e legno per i rivestimenti, con grande scelta di combinazioni per soddisfare anche i più esigenti. Passando alla parte tecnica, la 6 concept sarà offerta con due motori: un V8 biturbo da 464 Cv e un V12 pure sovralimentato da 620, che equipaggeranno rispettivamente le versioni S560 e S 650. Prezzi da definire ma certamente assai elevati, anche se una po' di dumping sulla clientela RR e Bentley bisognerà pur farlo, se si vuole invogliarli a scegliere una super-Mercedes al posto di un marchio esclusivo.

Cala il consumo con la compressione variabile













Il motore a benzina vive un nuovo periodo di successo e parziale supremazia soprattutto a danno del Diesel, poiché la trazione elettrica non rappresenta ancora una minaccia concreta. Dopo un lunghissimo periodo di sostanziale stasi progettuale, quindi, si affacciano nuove soluzioni per migliorarne il rendimento, anche se la termodinamica insegna che ci sono limiti non valicabili dal ciclo Otto. Una delle innovazioni più interessanti è quella del motore VC Turbo di Infiniti montato sulla Q50, dove VC sta per Variable Compression, compressione variabile; soluzione che a suo tempo, prima della svolta elettrica, interessò anche VW (e prima Saab). E' noto infatti che il rendimento di un motore aumenta al crescere del rapporto di compressione (per questo i Diesel sono migliori) e la soluzione del gruppo franco-giapponese ottiene i vantaggi della variabilità tra  8 e 14:1 del tasso di compressione grazie a uno speciale manovellismo (vedi immagine), la cui affidabilità nel tempo è però ancora tutta da valutare. Nella posizione con il rapporto più basso si usa il turbo per otterenere dal 2 litri maggior potenza, i 272 CV dichiarati, mentre salendo a 14:1 si aumenta il rendimento e riduce il consumo. Il risparmio dichiarato per la Q50 rispetto alla vecchia versione è attorno al 30%, valore notevole anche se il paragone è fatto tra l'attuale 4 cilindri turbo di 2 litri e un V6 aspirato di 3.7 litri da 330 CV. Negli Usa, dove sono molto attenti al consumo visto l'abituale uso come commuter dell'auto, la soluzione sta avendo un certo successo e la compressione variabile, quantomeno sui motori di alta gamma, potrebbe estendersi anche ad altri costruttori. In un Paese dove il numero di cilindri conta (beati loro!) è però un problema il fatto che il meccanismo non sia al momento disponibile per i motori a V. E bisogna vedere se lo sviluppo sia remunerativo visto l'incalzare delle elettriche.

13 febbraio 2018

La Supra a Ginevra





In qualità di appassionati, ritengo conosciate bene il tormentone della Toyota Supra; se volete rinfrescarvi le idee date un'occhiata a ritroso di link qui: http://auto-thrill.blogspot.it/2018/01/la-supra-avra-il-brand-gazoo-racing.html. Ora però Toyota pare abbia rotto gli indugi e all'imminente salone di Ginevra presenterà una modern racing concept della quale ha diffuso un teaser. Il comunicato parla anche del "ritorno di una sportivca iconica sul mercato", quindi parrebbe implicito si tratti della Supra. Il condizionale però è d'obbligo, perché assodata la progettazione comune con BMW per la nuova Z4, di fatto della tedesca circolano da tempo su strada i prototipi mentre della jap non è stato colto nulla. E l'esagerata Gazoo Racing LMP1 sarebbe solo la traccia per la versione stradale, fatto salvo il battesimo del nuovo brand sportivo nipponico. La joint venture con i tedeschi potrebbe avere però ricadute più incisive sulla produzione: è il caso del 6 in linea di 3 litri da 340 CV di Monaco che potrebbe trovare alloggiamento sulle versioni normali affiancandosi al 2.4 V6 delle ibride da corsa. Anche la scocca in fibra di carbonio nasce dalla progettazione comune, mentre alcune foto spia avrebbero immortalato addirittura sistemi di controllo dell'infotainment mediante il tipico pomello rotante BMW.

In Cina spakka la copia Porsche in rosa

















  

Zotye Auto è un'azienda cinese dello Zhejiang specializzata in
copie. Copie di auto tedesche e giapponesi in particolare, che
vengono vendute tranquillamente sul mercato nazionale grazie alla
legislazione del Celeste Impero che notoriamente è piuttosto distratta nei confronti della scarsa immaginazione locale a danno di chi subisce il plagio. In questo caso
tocca a Porsche con questa SR9 SUV Macan, soprannominata Nusheng (che
significa dea) per la evidente destinazione al pubblico femminile
(quello cinese, peraltro; non credo che dalle nostre parti potremmo definirla un prodotto che spakka). L'auto sarà presentata
il mese prossimo al Salone dell'Auto di Shanghai e la società ha
appena rivelato le immagini dell'interno, caratterizzato da una fodera rosa sulla copertura del pannello di
controllo, un bracciolo rosa, porte decorate in rosa, una fodera
centrale del tunnel rosa così come il rivestimento del pomello del cambio. Il tripudio kitsch continua anche all'esterno, ma con meno ricercatezza, dato che il
rosa domina ovunque eccetto per le ruote; grave mancanza questa nel concetto
di uniformità del veicolo che rappresenta il suo claim. Ah, last but not least, è possibile far incidere le proprie iniziali sui poggiatesta, ultimo tocco di classe. Motore 2 litri turbo da 190
cavalli; prezzo di 180.000 yuan, pari a circa 23.200 euro. Beh, almeno costa poco.









12 febbraio 2018

Alla fine però un attivo ci dev'essere





Il prossimo che mi racconta che l'economia è una scienza... Il perché di tanta disillusione viene una volta di più da una valutazione senza preconcetti di quanto i criteri di valore, rendimento e sicurezza di un investimento valgano o meno a secondo dell'umore di chi li valuta. L'aggancio al mondo auto è quello di Tesla, che dopo il progetto visionario e riuscito di SpaceX del lancio di un'auto nello spazio, splendido spreco di una montagna di denaro, ha ottenuto l'abituale ritorno d'immagine per Elon Musk di essere sulla bocca di tutti e confermare la fiducia nelle proprie idee. Solo nelle idee, però, perché a guardare i bilanci di Tesla le cose sono tutt'altro che rosee. L'esame dei conti mostra infatti un passivo di ben 1,96 miliardi di dollari, con il record di perdite trimestrale  di 675,4 milioni negli ultimi mesi dell'anno. Sono dati da valutare però in maniera comparata. La redditività è cresciuta infatti di un miliardo, a 3,29 miliardi di dollari grazie alle vendite di veicoli ad altre Case, mentre i deposti dei clienti sono saliti a 858 milioni. Non bastano a scrivere tutto in nero, ma Musk acchiappa attenzione e soldi con la sua visione positiva del futuro. E se riuscirà finalmente a consegnare abbastanza Model 3 alzando la produzione a 2.500 auto la settimana nel primo trimestre 2018 e a 5.000 per dicembre le cose potrebbero sistemarsi definitivamente nel prossimo periodo. Il fatto è che non si è ancora capito però  quali esattamente siano i problemi che impediscono il raggiungimento del traguardo produttivo previsto. Se si tratti della disponibilità di batterie o dei sistemi di assemblaggio "vecchio stile". In ogni caso Tesla quest'anno si gioca tutto, perché oggi anche le speculazioni in borsa hanno tempi da  terzo millennio. Quindi corrono; e se non riesci a rilanciare di continuo ti ritrovi con il cerino in mano.

Prestazioni e qualità, regola aurea

















Il marchio Porsche è
sin dagli esordi associato alla sportività dei suoi modelli, alle
loro prestazioni in senso assoluto. Ma c’è un’altra
caratteristica delle auto di Stoccarda che ormai è così abituale da
esser data per scontata: l’affidabilità, dote che pur con i
progressi della tecnologia non sempre si può connettere a un’auto
quando le si chiedono performance fuori dal comune. Porsche ha fatto
di questa dualità il suo claim e chi compra una delle sue auto sa di
poter contare su un veicolo che sarà in grado di soddisfarlo per
anni senza cali prestazionali o défaillance legate all’uso. Tutto
questo si ottiene con un’attenzione molto focalizzata sulla
qualità, qualità dei materiali ma soprattutto qualità costruttiva.
E proprio su questo argomento la Casa ha organizzato un incontro
nello stabilimento Sassone di Lipsia, che insieme a quelli di
Weissach e Zuffenhausen compone la costellazione produttiva e
innovativa del marchio. Qui si realizzano le Panamera, le Cayenne e
le Macan, ma sono state assemblate anche le 1270 Carrera GT in serie
limitata, mentre sulla linea circolano anche scocche Bentley.
L’ottenimento di elevati standard qualitativi passa dunque per un
approccio alla produzione aperto, che deve tener conto del
cambiamento in atto tanto nelle esigenze del cliente quanto delle
variazioni nelle normative in vigore. Deve inoltre fronteggiare una
crescente pressione sui costi produttivi e se da un lato può
sfruttare la riduzione delle spese di processo legata alla
digitalizzazione connessa all’industria 4.0, dall’altro ha la
prospettiva del mantenimento degli standard a fronte del profondo
cambiamento introdotto con i veicoli ibridi ed elettrici, che
rappresentano la sfida del prossimo futuro. 





La prima cosa che ti
colpisce entrando nello stabilimento è l’onnipresenza dei robot
che sovrintendono alle principali operazioni di assemblaggio. Lo
stabilimento di Lipsia sembra il set di un film di fantascienza, con
i rari umani che guardano a schermi di computer con ruoli di
controllo. Qualità vuol dire assemblaggi precisi e perfetti, ma
l’impiego sempre più diffuso di leghe leggere e materiali
compositi in connubio con acciai alto resistenziali impone tecniche
di giunzione sempre più sofisticate, dalla chiodatura
all’incollaggio, che evitino l’instaurarsi di corrosioni
galvaniche e garantiscano nel tempo la stessa affidabilità delle
saldature. E proprio per avere questa garanzia ogni anno otto vetture
prese a campione casuale dalla produzione vengono completamente
disassemblate da un gruppo di operai specializzati per valutare con
tecniche di microscopia e analisi dei materiali la resistenza e
l’affidabilità di ogni giunzione, operazione che dura due mesi per
ciascuna auto. Altro argomento che garantisce alta qualità è il
livello di finitura dei particolari. Alla Porsche i lamierati vengono
esaminati con particolari sistemi ottici per eliminare ogni
imperfezione, che nel caso vengono eliminate a mano con l’ausilio
di abrasivi di diversa grana. Tutto questo prima della verniciatura,
perché dopo il trattamento c’è un altro esame che deve garantire
una finitura superficiale perfetta e resistente agli agenti
atmosferici. Ma la qualità è un concetto dinamico ed è per questo
che Porsche sta testando Inno-Space, un sistema di realtà aumentata
che sarà integrato nella produzione entro la fine dell’anno e che
garantirà un controllo ancora più stretto degli standard. Il mondo
dell’auto sta cambiando, ma pur con l’ascesa della share economy
il segmento delle auto di prestigio e prestazionali cui appartiene
Porsche ha ancora le chanche per un posizionamento di mercato
stabile. A patto che la qualità sia sempre un must.

06 febbraio 2018

Bus autonomi Volvo per Singapore





Volvo ha annunciato una joint venture con l'università NTU di Singapore che ha lo scopo di dare il via nel 2019 ai test di un servizio di autobus a guida autonoma per il trasporto pubblico nella città stato asiatica. Si tratta della prima applicazione al mondo del concetto di guida autonoma al trasporto pubblico. Il veicolo scelto per l'implementazione del servizio è il Volvo 7900 da 40 posti già in servizio in molti Paesi, che con il suo sistema di trazione elettrica consente una riduzione dell'80% dell'energia consumata rispetto a un autobus Diesel delle stesse dimensioni. Il sistema di acquisizione dati per la guida autonoma si basa su GPS e LIDAR e il veicolo è supportato dalle europee SMRT e ABB per la fornitura dei sistemi elettrici di trazione e ricarica; la sperimentazione avrà inizio su un circuito di test all'interno del campus di NTU che riproduce le reali condizioni di guida di un tratto cittadino.

Porsche accelera sull'elettrico





Porsche, in quanto parte del gruppo VW ha ovviamente sposato la svolta elettrica e si avvia a investire più di 6 miliardi di euro nei prossimi 4 anni per il rinnovo di gamma, che prevederà modelli ibridi ed elettrici, sistemi di ricarica veloce e iniziative collaterali nell'ambito della mobilità intelligente (?!). La decisione va di concerto con quella di azzerare le versioni Diesel nelle prossime auto di Stoccarda, concentrandosi per ora sulle ibride come rimpiazzo per chi desideri una Porsche badando al costo d'esercizio. Per quanto riguarda la Mission E, prima elettrica pura del brand che potrebbe partecipare al campionato EPCS in futuro, il budget destinato alla vettura supererebbe i 500 milioni, considerato che l'auto darà origine a una gamma con prezzi a partire da 70.000 € e che di fatto sarà collocata nel segmento della Panamera. Il debutto della Mission E è previsto per il 2020, quando Porsche prevede di aver installato 400 stazioni di ricarica veloce sul territorio europeo, sistemi che permetteranno alla vettura di ricaricarsi per un'autonomia attorno ai 400 km in soli 15 minuti.

La Giustizia Usa patteggia con FCA



 E' noto come non tutte le ciambelle riescano col buco. Traslando il concetto in campo automobilistico-legale Usa, possiamo condensarlo in "Non tutte le violazioni delle leggi sull'inquinamento la fanno franca", almeno dalle loro parti. E' andata male, malissimo a VW, che ha dovuto mettere a bilancio una somma enorme per venirne fuori; sta per andare altrettanto male a FCA, che stavolta pare non se la cavi con l'abituale istrionica leggerezza. Anche il marchio anglo/olandese ha avuto infatti la sua bella procedura di infrazione con il dipartimento americano di Giustizia riguardo le emissioni di Ram e Grand Cherokee Diesel negli anni di produzione tra il 2014 e il 2016 equipaggiati, secondo l'ente, del defeat device che nascondeva le reali emissioni. Ora il dipartimento ha emesso una proposta di "chiusura" della procedura civile che prevede il richiamo di 104.000 veicoli per adeguarne il software e una multa definita genericamente sostanziale, che secondo la legislazione americana potrebbe arrivare a 4,63 miliardi di dollari. In realtà si tratta di un patteggiamento, di una transazione fuori dalle corti, quindi la multa non sarà certo vicina al massimo ma comunque salata e in ogni caso rimane aperta la procedura penale. Starà agli avvocati del gruppo valutare ora la proposta in relazione alla quotazione in borsa, valutazione molto delicata poiché il mercato in genere si mostra assai sensibile a notizie di questo genere.

05 febbraio 2018

Le Tesla correranno nell'EPCS





L'altro ieri si è celebrata un'altra soporifera tornata (cilena) del campionato di Formula E, ma i principali organismi sportivi non hanno dubbi nel continuare a considerare l'elettrico il futuro delle competizioni. La FIA ha infatti inaugurato il nuovo campionato  GT costruito attorno alla Tesla Model S e chiamato EPCS, Electric Production Car Series, al posto della vecchia denominazione Electric GT. L'obiettivo futuro è di aumentare il numero di costruttori presenti nelle competizioni, ma per ora, vista la penuria di strutture capace di realizzate versioni da corsa delle proprie elettriche di serie, il campionato si svolgerà con una vettura comune basata sulla scocca di una Tesla S P100D. Le vetture sono state modificate con l'alleggerimento di circa 500 kg, mentre la potenza sale a 789 CV con una coppia massima di 996 Nm; ogni gara si svolgerà con tre turni di qualifica e un percorso di 60 km. Anche in questo caso il campionato avrà, come la Formula E, un risvolto social: i due piloti più votati dai fan affronteranno infatti un testa a testa di drifing, al termine del quale il vincitore potrà contare su 3 punti aggiuntivi in classifica. Mi sembrano regole fuori di testa e non sinceramente non capisco cosa c'entrino con lo sport, ma mi adeguo; c'è di peggio. I 10 team della stagioine inaugurale avranno due piloti ciascuno, mentre per ora i tracciati confernati sono Catalunya, Donnington Park, Estoril, Mugello, Paul Ricard e Nurburing nuovo.

Che peccato!





Un AlpineA 110 che brucia non fa notizia? Beh, certo sui media non è stato dato grande risalto all'incidente occorso su un tratto chiuso del percorso del Monte Carlo alla troupe di Top Gear, che invece delle evoluzioni e dei numeri si è trovata a filmare la completa distruzione dell'auto (video non disponibile, foto tratta dal sito di Top Gear). L'incidente è avvenuto mentre Chris Harris era alla guida: l'accensione di una spia motore lo ha fatto accostare, ma non appena lui e Eddie Jordan sono scesi dall'auto dalla parte posteriore della vettura sono scaturite alte fiamme, che in soli 4 minuti hanno distrutto completamente la vettura nonostante gli sforzi dei pompieri per contenere l'incendio. Un vero peccato per la bella sportiva francese e una serie di grattacapi per chi ora dovrà investigare sull'accaduto scoprire cause e cronologia dell'incidente. Che comunque nulla toglie al fascino della rinata francesina.

E con questa la svolta è compiuta





Una volta iniziato, non puoi più cambiare strada. Un semplice dato di fatto nella strategia Porsche riguardo i nuovi motori, che tuttavia per qualcuno potrebbe suonare come una fosca e inevitabile maledizione alla Edgar Allan Poe. Comunque la prendiate, la realtà è che Porsche sta mandando in pensione uno dopo l'altro tutti i suoi motori aspirati per sostituirli con le versioni turbo. Era rimasta solo la GT3 a coagulare la passione per gli alti regimi da motore da corsa anni '90 dei pochi fortunati che possono permettesela, ma ora anche sul motore più sportivo delle 911 cala il sipario. La prossima edizione avrà infatti un 6 cilindri turbocompresso da 550 CV e, tanto per non lasciare a metà le cose, sarà disponibile unicamente con la trasmissione a doppia frizione PDK a 8 rapporti. L'aumento di potenza di 50 cavalli e la grande abilità nel tuning della Casa di Stoccarda non lasciano dubbi sul fatto che, anche turbo, la GT3 sarà sempre un'auto di riferimento per le prestazioni e la pura gioia della guida, con uno 0-100 sotto i i 3 secondi,  uno 0-200 in circa 9 e una Vmax di 330 km/h. Certo è abbastanza improbabile che il motore sovralimentato possa tirare fino a 9.000 giri come quello attuale, ma il prevedibile aumento di coppia ai bassi e medi potrebbe consolare anche gli irriducibili. Presentazione a fine anno e sicuro balzo in avanti delle quotazioni dell'ultima versione aspirata.

02 febbraio 2018

Feeling, non braccialetti










Oggi andiamo di feeling. Sì, quel concetto ormai dimenticato da gran parte dei nuovi automobilisti, quelli che usano ormai il veicolo soltanto come un mero mezzo di trasporto. Ci pensano Steven Tyler e Kia a rinfrescarci la memoria, con questo simpatico video realizzato per il Super Bowl 52 nel quale l'eclettico frontman degli Aerosmith trasforma la Stinger da 370 CV in una macchina del tempo. Beh, sinceramente a Steven preferieri la figlia Liv e magari potremmo usare anche su di lei, ormai 41enne, la Stinger temporale per rivederla come nel Signore degli Anelli. Ma il concetto che un'auto sia capace di dare ancora qualche sensazione che non sia legata all'infotainment mi piace e il fatto che il testimonial sia proprio quel Steven Victor Tallarico di origini italiane (e anche un po' berlinesi, vista la madre) ma decisamente planetario quanto a fans, dà qualche speranza per un futuro senza braccialetti a vibrazione tipo Amazon.

01 febbraio 2018

Londra rilancia la T-charge





Tanto per non dimenticare il leitmotiv del momento, anche fuori dalla UE (quantomeno tra poco) sono in arrivo nuove misure riguardo l'inquinamento. A Londra dal 2021 sarà introdotta una nuova tassa che preleverà 12 sterline al giorno dalle tasche di chi voglia entrare nell'area controllata centrale della city, l'attuale LEZ, Low Emission Zone. L'area è già sottoposta alla T-Charge di 10£ per day, ma i suoi confini potrebbero essere ulteriormente estesi, dando vita alla nuova zona ULEZ che aggiungendo all'acronimo il termine Ultra rafforza l'intenzione del governo cittadino di tutelare la qualità dell'aria della capitale. Il provvedimento riguarda oltre 576.000 vetture, 321.000 Diesel fino alla Euro 5 (chissà se si chiamerà ancora così la classificazione) e 255.000 benzina fino alla Euro 3. L'introito previsto dalla misura è attorno ai 1.6 milioni di sterline, ma i vertici londinesi giurano che saranno felici di vederne il decremento in seguito alla sostituzione delle auto incriminate con altre più nuove, magari elettriche. Curioso comunque che ogni misura anti-inquinamento passi sempre per il portafoglio. Quello degli automobilisti ovviamente. A pensar male...

L'olandese volante















In tempi di messa in discussione dell'auto c'è spazio anche per le fughe in avanti. O meglio in alto, come nel caso della Liberty, l'auto volante della olandese Pal V che sarà esposta al prossimo salone di Ginevra in marzo. La vettura non è stata ancora certificata per il doppio uso, stradale e aereo, ma le procedure sono in corso e con ogni probabilità sarà questa la prima auto volante sul mercato, con buona pace della Aeromobil che sembra rimasta al palo. La Liberty è una biposto dotata di un motore a benzina da 101 CV che la spinge fino a 160 km/h con uno 0-100 da meno di 9 secondi, una percorrenza media di 13,2 km/litro e un'autonomia di 1.315 km con il serbatoio da 100 litri. Pesa 664 kg grazie all'uso di materiali leggeri e può decollare con un  peso massimo di 910 kg, ma putroppo solo 20 kg solo destinati ai bagagli; si viaggia o meglio vola leggeri, quindi. Passiamo alle prestazioni aeronautiche: decolla in 180 metri (anche se ne occorrono 330 per le norme di sicurezza), atterra in appena 30 e può mantere una velocità di crociera economica di 140 km/h o veloce di 160, con la punta di 180 se proprio avete fretta; il tutto alla quota massima di 3.500 metri. E non devo certo ricordare che in aria le distanze sono in linea retta, quindi parecchio minori rispetto a  quelle stradali. Per garantire la sicurezza del volo, visto che la Liberty è di fatto un autogiro, un velivolo che affida cioè la portanza al rotore posto nella parte superiore, che gira trascinato dal movimento orizzontale, c'è un secondo motore che viene messo in moto quando si decolla: la potenza sale così a 200 CV ma l'autonomia scende a 500 o 400 km a seconda del carico, mantenendo una riserva attorno a 150 km, che corrispondono a circa mezzora di volo. Gli autogiri sono considerati in genere mezzi piuttosto pericolosi, ma la Liberty ha due motori e un livello di sicurezza maggiore rispetto al solito; il costruttore dichiara che risenta delle turbolenze in misura minore dell'80% rispetto a un aereo. In più è certificata, quindi un vero aereo, non un ultraleggero. Questo ha però due risvolti negativi: occorre un piano di volo e quindi bisogna sottostare alla disciplina del volo sotto torre di controllo. La certificazione implica poi prezzi decisamente aeronautici: sopra i 400.000 euro per le prime 90 Pioneer Editions in consegna dal 2019, che scenderà a circa 320.000 per quelle di normale produzione. Molto ma non moltissimo, considerato che il target è quello dei normali fruitori di aerotaxi.

Solo inutili o anche pericolose?

I test di guida autonoma proseguono tra difficoltà tecniche, indagini, e trascurabile impatto economico. C'è da domandarsi se si tratti ...