29 marzo 2019

Fuoco elettrico





Occasionalmente le auto vanno a fuoco. Non è comune, ma succede. Ovviamente, vista la ridottissima percentuale di auto elettriche rispetto al parco circolante, l'eventualità è statisticamente assai minore per vetture di questo tipo. Ma il problema è un altro. E' relativo infatti al tipo di incendio e, soprattutto, alla preparazione richiesta a chi deve affrontarlo, leggi i pompieri. Gli accumulatori al litio impiegano genericamente una reazione tra un anodo in carbonio e un catodo in ossido misto di cobalto con un elettrolita che è un sale di litio, tipicamente esafluorofosfato, tetrafluoborato o perclorato. In condizioni normali ci sono quindi in circolo (sì, perché occorre raffreddarli) composti organici molto tossici (altro problema su cui sinora si è passato il bianchetto), ma non particolarmente infiammabili. Se però le cose vanno storte, allora si può produrre litio metallico, che essendo il primo dei metalli alcalini è molto reattivo non solo con l'acqua, ma con tutta una serie di elementi, compreso l'azoto a temperatura ambiente. In più si può produrre idrogeno, che come sapete non è proprio un campione in campo ignifugo, Hindemburg docet. Di qui i problemi di spegnimento, che richiedono enormi quantità d'acqua e per stare sicuri, una vasca in cui immergere la vettura o almeno le batterie, ammesso che si possano separare dalla scocca. Ora, mi sembra chiaro che un dispositivo di tal genere non ce l'ha in tasca nessuno; è lo stesso problema delle camere iperbariche, tanto ingombranti e rare quanto difficili da spostare dove serve. Se la tanto auspicata diffusione delle elettriche procederà, dunque, occorre pensare a creare una struttura efficace per affrontare il fuoco elettrico. Poi, tanto che ci siamo, facciamogli fare anche dei corsi sulla fulminazione (le nuove batterie sono ad alta tensione); magari ci vorrà pure il contributo dell'antiveleni, visti gli elettroliti tossici. Bel panorama, non c'è che dire.

Elettriche e successo, binomio incerto





Stando al generale entusiasmo (che definirei quasi nazional-tecnologico) vigente in Europa per le auto elettriche, il solo passare da un motore a combustione a quello a batterie implica un automatico successo commerciale e finanziario dei vari attori del sistema. Problemi di autonomia, ricariche, incendi, rete di supporto: tutte bazzecole, quisquilie, pinzellachere, direbbe Totò, nulla che si possa opporre alla grande marcia verso il sole dell'elettrico totale. Ma pare non sia del tutto vero, quantomeno a guardare cosa capita a uno dei più ambiziosi attori del settore, quella Nio che detiene il record al Ring. Dopo aver accumulato perdite per 1,43 miliardi di dollari nel 2018, la società ha annunciato di aver cancellato i piani per lo stabilimento di Shanghai, rivolgendo le proprie speranze di sopravvivenza a un accordo con la statale JAC Motors per tentare di rimettere in sesto i conti. Sulla decisione pesa anche la nuova Gigafactory di Tesla, che sarà realizzata propro a Shanghai con un investimento di 7 miliardi di dollari e costruirà in loco anche la Model Y; un impianto che a regime dovrebbe produrre 500.000 auto. La normativa cinese sulle auto elettriche, infatti , prevede che in ogni grande città non possa alloggiare più di una grande azienda produttrice, allo scopo di evitare eccesso di offerta e problemi di spionaggio industriale. Evidentemente Nio ha fatto i propri conti e concluso che la decisione governativa (in Cina ogni scelta lo è) avrebbe privilegiato un investimento straniero con un blasone molto più affermato piuttosto che uno stabilimento costruito da un'azienda nazionale con i bilanci in rosso.

Smart entra nell'orbita Volvo





Dagli orologi svizzeri all'industria cinese. Sembra l'allegoria della storia economica dell'ultimo ventennio, che demandato all'outsourcing le sorti delle aziende europee. Invece è quella della smart, nata dall'idea di Hayek, patron della Swatch, e ora approdata a una joint venture al 50% tra Daimler AG e Geely, il colosso cinese che ha acquisito Volvo e Lotus. Il comunicato di ieri dell'ad di Mercedes, Zetsche, è in realta l'annuncio di un accordo preso parecchio tempo fa, che entrerà in fase operativa dal 2022 con la messa sul mercato della nuova generazione delle vetturette (un tempo) tedesche. La fase preparatoria dell'operazione è stata quella dell'annuncio del termine al 2020 della produzione delle smart con motore a combustione. Geely è infatti leader nel settore elettrico e intende fare della smart un simbolo dell'auto da città a batterie, per ironia proprio quello che era nelle idee iniziali di Hayek e che la realtà industriale del tempo (1989) negò per realizzare invece un prodotto più tradizionale. Solo smart elettriche, dunque, in futuro, prodotte in Cina negli stabilimenti Geely ma con progettazione Mercedes, che dividerà i costi di sviluppo acquisendo nel contempo tecnologie per implementare il settore EQ, quello dei veicoli elettrici della Stella. E la fabbrica di Hambach, e l'occupazione? Mercedes ha comunicato che nella storica fabbrica alsaziana la produzione verrà convertita a quella di un veicolo compatto elettrico della nuova gamma, mentre terminerà nello stabilimento  Renault di Novo Mesto la produzione delle Forfour. Non credo ciò metterà fine alla collaborazione con Renault, ma di sicuro potrebbe subire contraccolpi il clone della Forfour, la Twingo. Le attività di entrambe le fabbriche continueranno comunque fino a fine anno, termine entro il quale le procedure finanziare e industriali di attuazione della joint venture saranno messe a punto. Nelle intenzioni dei due partner le furture smart diverranno una famiglia più allargata dell'attuale (Fortwo e  Forfour), che comprenderà anche veicoli in estensione al segmento B e dotati di connentività e tecnologie di guida automatiche allo stato dell'arte. Vedremo però se tutto ciò non porterà i prezzi a livelli ai limiti superiori (quasi fuori a dire il vero) del mercato, problema storico di smart che ne ha limitato una grande diffusione e ridotto i margini di guadagno.

27 marzo 2019

Mors tua, vita mea







Sembra che la Brexit produca effetti del tutto diversi a seconda del costruttore coinvolto. Così, se Honda molla Swindon, BMW si dichiara interessata all'acquisto dello stabilimento. La Casa tedesca sarebbe infatti intenzionata a spostare in loco alcuni modelli, tra cui principalmente la produzione aggiuntiva della X1 seguendo l'ottima accoglienza del mercato per la linea. L'impianto nel Wiltshire ha inoltre un elevato livello di automazione, il che consentirebbe con costi globali relativamente contenuti il riassetto della BMW in UK, che si rumoreggia potrebbe fare a meno di una quota di forza lavoro locale. Lo scorso anno BMW tra serie 1, 2 X1, X2 e MINI ha venduto oltre 685.000 auto realizzate sulla piattaforma UKL1 a montaggio trasversale del motore e la concentrazione produttiva in un sito già avviato ed efficiente potrebbe ridurre i costi. Anche se occorre valutare l'impatto dei dazi in caso di hard Brexit. Ma forse i tedeschi sanno qualcosa di cui ancora noi non siamo a conoscenza.

Megasemaforo dalla Cina





Attualmente pare la Cina si stia concentrando sulla viabilità, da sempre punto critico per il popolatissimo stato asiatico. Per fare il paio con la via della seta, quindi, su scala più ristretta ma fonte di problemi quotidiani è stato sviluppato un nuovo tipo di segnalazione semaforica, che prevede oltre alla classica lanterna che anche il palo e il sostegno rizzonatle si illuminino in sync. L'esperimento è in corso a Kunshan, una provincia dellarea orintale dello Jiangsu e per gli automobilisti sarà difficile d'ora in poi dire di non aver visto con chiarezza il colore del semaforo. Sarebbe utile anche da noi? Mah, credo che le violazioni dalla nostre parti siano più che intenzionali; quindi quanto visibile sia un semaforo è secondario.

La più veloce è di nuovo a stelle e strisce









I record di velocità, sfide un po' d'antan su piste e laghi salati. Per la cronaca, attualmente il primato assoluto terrestre appartiene al Thrust SSC con 1.227,98 km/h, mentre quello su asfalto alla Koenigsegg Agera, con 445,63 km/h. Ma se i valori assoluti sono per la gloria, quelli stradali rientrano nel marketing, perché avere vagonate di soldi non ti fa diventare un asceta e i tuoi istinti e le tue voglie sono quelle di tutti; quindi avere l'auto più conta. Di qui la sfida continua per il primato, che ora annovera un ulteriore competitor: la MK2 Motorsport, tuner texano che ha preso una Ford GT del 2006 e ha modificato il suo V8 da 5,4 litri con l'aggiunta di turbo e iniezione di ossido di azoto per raggiungere così la potenza di 2.535 CV. Grazie a tutto ciò l'auto ha superato le 300 miglia orarie, per la precisione 300,4, pari a 483,34 km/h. Tecnicamente si tratta di un'auto stradale a tutti gli effetti e non ci sono notizie di una collaborazione con Michelin, attualmente l'unica a produrre gomme capaci di reggere oltre i 400 orari senza disintegrarsi dopo il primo tentativo. Resta dunque la curiostà dei particolari, che non sono ancora stati diramati. Il video infatti si riferisce agli spari sul classico quarto di miglio, dove, a dire il vero, la lentezza delle cambiate non lascia presagire tempi strabilianti. Ma per l'indomito spirito yankee quel che conta è che il record sia tornato a casa e se è stato fatto con un'auto artigianale ancora meglio.

26 marzo 2019

BMW e Toyota, alleanza rivista in chiave drift













BMW e Toyota hanno sviluppato assieme Z4 e Supra, bravi. Se però 340 CV sono sufficienti nel mood dell'Elica azzurra, risultano ahimé pochini se si considera che i jap chiamano Supra anche le versioni da corsa. Dev'essere stata questa l'ispirazione che ha spinto un fabbricante di cerchi come Alcar a realizzare la DOTZ Misano, che unisce la scocca di una Z4 coupé (quella vecchia) al 2JZ-GTE, il vecchio 6 in linea biturbo della Supra. Nell'ultima versione il motore erogava però solo 325 cavalli, parecchi per l'epoca d'origine, ma pochi in rapporto alle abitudini attuali. Un bel tuning ha spinto i ponies fino a 608 e reso l'auto una perfetta drifter, come mostra il video. Certo è una vettura dimostrativa per vendere i cerchi, estrema e forse anche un tantino difficile da omologare. Ma rimane comunque una bella bestia.

Tesla hackerata, Model 3 guadagnata





L'hacker (e parlo del o dei singoli, non dei team di stato arruolati per lo spionaggio) è una sorta di anarchico del secondo millennio che si ribella al sistema ma nel contempo finisce per fare proprio i suoi interessi. Non si tratta di tirare in ballo i poteri forti, ma di valutare quanto gli attacchi ai vari apparati siano kafkianamente funzionali al loro sviluppo. I programmi sono strutturalmente semplici, sequenze di operazioni da eseguire. Il fatto è che di sequenze ce sono miliardi, tante da perderci la testa. Ma se il nerd di turno risolve un cubo di Rubik può anche trovare il filo di Arianna della security del programma e crakkarlo, cioè dargli nuove direttive. Lo sanno bene i responsabili delle nuove tecnologie, che tanto dipendono dal digitale e dalla connessione, ormai veicolo elettivo dei contagi. Quindi si organizzano hacking event, dove i migliori del campo si sfidano a entrare in sistemi chiusi e protetti; è il caso di Pwn2Own, in corso a Vancouver, Canada. E veniamo all'automobile. Anche senza guida automatica le auto più evolute sono connesse al web e presentano vulnerabilità che possono dar luogo a piccoli problemi o gravi incidenti. Eventualità non così peregrine, che i costruttori ormai debbono considerare. Poteva Tesla, sottrarsi a tutto ciò? Così quest'anno ha deciso di partecipare direttamente al Pwn2Own, insieme a giganti come Oracle, Microsoft e Google che offrivano anch'essi i loro sofwtware alla prova del nove. Il team Fluoroacetate di Amat Cama e Richard Zhu ha violato l'infotainment di una Model 3 prendendone il controllo. E Tesla quell'auto gliel'ha regalata. Tutti belli contentoni, perché trovata la falla si può tapparla. Fino alla prossima. Se la 3 vi fa gola, quindi, datevi da fare per il prossimo contest.

25 marzo 2019

Disco verde per la GT86





Riguardo le sportive alla Toyota non sembra abbiano le idee chiare. Ci hanno messo anni per far debuttare la nuova Supra per poi farne subito versioni speciali e sulla sportiva intermedia, la GT86, da anni lasciano nella nebbia il futuro sviluppo con Subaru. In Giappone, tra l'altro, la Supra è venduta anche con un quattro cilindri declinato in due potenze, 195 e 258 cavalli e l'idea che queste versioni base potessero eclissare la GT86 non è poi così peregrina. Ora però sembra (per ora) che una decisione sia stata presa: ci sarà una seconda edizione della vettura, che manterrà i gruppi meccanici Subaru. La scelta in questo senso potrebbe cadere sul recente 2.4 litri turbo da 264 CV e 376 Nm, che renderebbe finalmente giustizia a una scocca che per le sue caratteristiche merita più degli attuali 200 CV con buco di coppia intermedio all'arco di regimi e che ha nel feeling di guida la sua dote principale. Ma è presto per gioire e prima di una conferma passerà del tempo, Supra docet.

Baleno e ali di gabbiano, mai più senza





Le portiere ad ala di gabbiano sono decisamente poco diffuse. Fanno sicuramente scena, ma ci si sbatte la testa e creano problemi di accesso nei parcheggi a schiera, nei box e in genere in tutti gli ambiti al coperto con soffitto non particolarmente alto. Dato il cinematismo più complesso e costoso per l'apertura, il loro uso è stato storicamente riservato alle sportive di razza; peraltro a essere analitici Lambo e McLaren impiegano un movimento a metà tra la vera ala di gabbiano (quella delle Mercedes 300 SL, per intenderci) e un sollevamento in verticale che riduce lo spazio laterale necessario all'apertura (ma non quello in verticale). Tutti problemi che non si sono fatti alla 360 Moting di Kollam, India, dove hanno customizzato nientemeno che una Suzuki Maruti Baleno applicandole appunto le portiere con l'apertura verso l'alto. Wow, direte voi, doppio wow dico io. Le portiere sono quelle di serie, cambia solo il cinematismo, ma sono stati modificati anche paraurti e griglia della vettura, oltre ai fari a Led e alle ruote da 17". Sotto il cofano, però, il tre cilindri 1.2 da 102 CV della RS è lo stesso; far scena con la carrozza basta e avanza.

22 marzo 2019

Compri una 3 e puoi vincere una Roadster





Tesla è un'azienda che segue regole diverse rispetto agli altri costruttori. Una di queste è quella del Referral Program, che sfrutta le referenze dei clienti del marchio sul proprio acquisto. L'iniziativa ha fatto crescere l'azienda fin dal 2008 con le Roadster, anche perché remunera chi segnala Tesla con il proprio codice di riferimento con premi di varia entità e valore: partenza da 1.000 miglia di supercharger gratuito per giungere poi alle serie Y e alle Roadster, entrambe personalizzate e firmate da Elon Musk e Franz von Holzhausen. Lo scorso 2 febbraio, però, il Referral Program è terminato perché costava troppo. Colpa delle 160 Roadster regalate dopo l'apertura dell'iniziativa anche ai clienti della Model 3. Grande scontento però degli stessi che ci si erano abituati, così Musk, famoso per i cambi diametrali di opinione, ha deciso di ripetere. I premi saranno aggiornati: viene mantenuto il supercharging gratuito per 1.000 miglia per chi segnala e chi acquista su segnalazione, cui saranno aggiunte in palio una Model Y e una Roadster, rispettivamente ogni mese e ogni 4 mesi. E chi ha già il supercharging gratuito? Beh allora le possibilità di vincere saranno due invece di una. Tutti contenti? Cerrto, la lobby eletttrica approva.

Amnesty International attacca la filiera elettrica





Per la serie stop bullshit, Amnesty International, organizzazione sulla cui indipendenza per ora non c'è dubbio, ha prodotto un documento nel quale evidenzia come l'industria dell'auto elettrica sia ben lungi dall'essere environmentally friendly come ama definirsi, ma produca invece usando combustibili fossili e minerali ottenuti secondo regole che con l'etica nulla hanno a che fare. L'iniziativa è stata annunciata a Oslo nel corso del Nordic Electric Vehicle Summit attualmente in corso; l'organizzazione per i diritti umani ha ribadito che "I veicoli elettrici sono la chiave del distacco delle auto dai combustibili fossili, ma attualmente non sono considerabili etici come gli attori del campo vogliono far apparire". Numerosi fattori cooperano a rendere tale la situazione: la produzione degli accumulatori al litio richiede grandi quantità di energia, che nella aree di produzione asiatiche (la concentrazione è massima proprio lì) viene fornita principalmente dalla combustione di carbone, mentre l'estrazione del cobalto nelle minieri congolesi (gestite da società cinesi) è ottenuta violando palesemente diritti umani e regole igieniche ed etiche fondamentali. Amnesty International chiede nuove regole per un mercato nascente ma già pesantemente inquinato da regole produttive e gestionali che fanno tornare alla prima rivoluzione industriale l'intero settore dell'automobile.

21 marzo 2019

La produzione della GT2 riapre per i brasiliani





Un mito è un mito e se magari aspetti anni per potertene permettere uno ci rimani piuttosto male se le cose vanno a catafascio e il tuo sogno sfuma. E' quello che è successo a quattro clienti Porsche brasiliani, che attendevano le loro 911 GT2 RS con trepidazione. Purtroppo, però, la nave che le trasportava, il cargo italiano Grande America della italiana Grimaldi ha preso fuoco ed è poi affondato nell'Oceano Atlantico 140 miglia al largo di Brest, Francia, portando con sè sul fondale 2.000 auto destinate al mercato sudamericano. Tra le 2.000 sfortunate vetture a bordo c'erano anche 37 Porsche e tra queste le nostre quattro 911 GT2 RS. Ora, la perdita sembrava irreparabile, perché la produzione della splendida cattivissima di Zuffenhausen è terminata a febbraio e quattro brasiliani parevano destinati a restare con le pive nel sacco. Ma Porsche ci tiene parecchio ai (ricchi) clienti e ha preso una decisione inedita: riaprire la produzione della GT2, bestia da 700 cavalli che ha dato prova delle sue doti al Ring con un tempo di 6:47.3. Potevano tentare altrimenti di ripescare le auto? Naa, in quel punto il fondale è a più di 4.500 m e le operazioni di recupero assolutamente impossibili a costi accettabili. Quindi tutto bene? Beh sostanzialmente sì, sperando che il prossimo viaggia vada meglio. Tranne per le compagnie di assicurazione, che dovranno tirar fuori un bel gruzzolo.

Gas good news







Di questi tempi si parla soltanto di motori elettrici ma, quantomeno in alto di gamma, qualche novità ogni tanto fa capolino anche nel campo dei vecchi e gratificanti propulsori a benzina. Stavolta le news sono due: la prima riguarda BMW e le prossime M3 ed M4 che, contrariamente a quanto a conoscenza sinora, disporranno invece di un nuovo 6 in linea, sempre sviluppato sulla base del B58, ma denominato S58. Un (timido) colpo di coda contro lo schiacciamento sulla produzione di serie, quindi, visto che l'adozione di due turbocompressori separati al posto dell'unico twin scroll in uso attualmente farà salire la potenza a 480 cavalli per le versioni normali e a 510 per le Competition pur senza l'iniezione d'acqua della GTS. Anche la coppia sale a 500 Nm tra 2.600 e 5.600 giri ma, soprattutto, si estende l'arco di regimi del propulsore, che potra superare i 7.000 mantenendo spinta e allungo, caratteristica come sapete non comune tra i turbo. L'altra novità, anche se non proprio una primizia, viene invece da Oltreoceano e riguarda Cadillac, che ha sostituito il V6 turbo delle CT6 da 461 cavalli con il nuovo V8 biturbo GM di 4,2 litri denominato Blackwing. L'incremento di potenza e coppia è notevole, perché il V8 eroga 558 CV e 850 Nm, con la disponibilità del 90% di questo valore massimo tra 2.000 e 5.200 giri. Un propulsore allo stato dell'arte, perché oltre alla sovralimentazione e alla cilindrata relativamente ridotta per i canoni Usa sfoggia i due turbo di tipo twin scroll al centro della V che lavorano a una pressione di 1,4 bar, waste gate azionate elettricamente, doppio intercooler raffreddato ad acqua, doppi corpi farfallati e iniezione diretta. Ci sono poi i variatori di fase su aspirazione e scarico, il circuito di lubrificazione a portata variabile e, per ridurre i consumi, stop&start e deattivazione dei cilindri ai bassi carichi. Cadillac sostiene di non voler condividere il propulsore con altri brand, ma dubito che GM si possa permettere di limitare a un marchio di così scarsa diffusione fuori dagli States un'unità così à la page. Attualmente il Blackwing viene accoppiato esclusivamente alla trasmissione automatica a 10 rapporti, quella sviluppata asieme da GM e Ford che ho provato sulla nuova Mustang e che sinceramente non mi ha entusiasmato. Un bello ZF sistemerebbe le cose.

20 marzo 2019

Le verità sull'elettrico oggi





Vi hanno raccontato di ambiente, di inquinamento, di salute pubblica. Ma la vera ragione alla base della scelta elettrica che ormai la gran parte delle Case condivide è più semplice e assai meno prosaica o consapevole. Ma prima un passo indietro. Dal 2010 sono entrati in vigore i nuovi limiti comunitari sulle emissioni, che prevedono per il 2020 un tetto di 95 g/km di CO2 per le auto e di 147 g/km per i commerciali leggeri. Ma c'è di più, perché l'Europarlamento ha approvato nel dicembre scorso una nuova tabella che prevede per il 2030 una riduzione rispettivamente del 37.5% e 31% a partire dai valori 2021, con un passaggio intermedio di -25% da raggiungere per entrambi nel 2025. Sono valori molto bassi, raggiungibili soltanto con drastiche misure che penalizzerebbero molto, troppo le prestazioni e con un costo di sviluppo tale da mettere fuori mercato i prodotti. Ma una gabola si trova sempre no? E in questo caso è semplice: le emissioni sono calcolate sulla gamma di prodotto di ciascun produttore. Trattandosi di una media, quindi, basta mettere in listino qualcosa che produca poca anidride carbonica e abbassi la media. E qui torniamo all'auto elettrica, che formalmente (sì, perché non si considerano, le emissioni in produzione e per le ricariche) non emette CO2. Riproduco una tabella presentata da Alix Partners (società di consulenza specializzata nel rinnovo aziendale) nel corso del #FORUMAutomotive svoltosi a inizio settimana a Milano che fa il punto della situazione. Il costo globale viene calcolato ripartito su ogni vettura prodotta per una riduzione di 5 g/km nelle emissioni di CO2. Dalla tabella si vede chiaramente come l'auto elettrica, pur con un costo aggiuntivo molto più alto di mild hybrid, ibride e ibride plug-in, consenta di ottenere il risultato con il solo 4% di veicoli. Facendo i conti, pur costando ciascun veicolo (al produttore intendo) molto più delle altre soluzioni, la spesa totale risulta inferiore rispetto alle alternative. Eccola là. L'abbiamo trovata la chiave di volta. Altre strade (per ridurre la CO2 da autotrazione, intendo)? Certo, c'è il Diesel, sempre lui, ma per ora è meglio tenerlo al minimo, contando sul fatto che prima o poi ci si renderà finalmente conto che non si può (ancora) farne a meno.

19 marzo 2019

Nuova Range Evoque, forma e sostanza





















In genere le auto nascono prototipi; poi la produzione di serie richiede qualche ridimensionamento. In genere, perché talvolta l’auto definitiva è molto vicina alla concept che l’ha preceduta, come nel caso della Range Rover Evoque, nata nel 2010 dalla LRX del 2007 e oggi al suo restyling. Il passo allungato di 21 mm e la scomparsa della 2 porte dal listino caratterizzano la nuova edizione, che mantiene l’eleganza del profilo coupé con linea di cintura alta e lo arricchisce con passaruota allargati e cerchi da 21”(optional). Fari Led matrix e due nuove tinte, Seoul Pearl Silver e Nolita Grey, vanno ad aggiungersi alla gamma, mentre l’abitacolo è più ampio e impiega materiali ecologici di nuova generazione, come il tessuto Eucalyptus ricavato come suggerisce il nome dalle foglie dell’albero australiano e il Kvadrat proveniente dal riciclo delle bottiglie in plastica.



Il cruscotto, sulla versione R-Dynamic HSE del test, è digitale con schermo ad alta definizione e indicazioni programmabili; al centro del cruscotto un altro schermo TFT per navigazione e infotainment, mentre un terzo schermo per clima e controllo dell’assetto veicolo è collocato sulla consolle centrale davanti alla leva del cambio e nasconde un vano inferiore aperto ai lati. Il volante, di diametro un po’ maggiore rispetto alle tendenze attuali, è di tipo multifunzione con controlli touch; dietro, le palette per il controllo manuale del cambio. Il gadget più innovativo è (optional) il retrovisore/schermo che riproduce le immagini colte dalla telecamera posteriore integrata alla base dell’antenna. La visione è ampia e prescinde da ingombri interni nella zona del lunotto, ma occorre abituarsi a una messa a fuoco assai più vicina del consueto che può disorientare. Telecamere, comunque, ce ne sono parecchie: quelle del ClearSight Ground View sono laterali e trasmettono allo schermo in plancia il terreno sotto la vettura e davanti alle ruote. Le immagini sono utili in off road, ma la visualizzazione con due ruote “virtuali” poste in posizione diversa da quella effettiva determina un time shift tra ostacoli visti ed affettivamente affrontati dalla vettura.



La gamma adotta motori a 4 cilindri a benzina e Diesel, con potenze da 150 a 300 CV, quest’ultima però non ancora disponibile, così come l’unità a 3 cilindri che equipaggerà l’ibrida plug-in di prossima introduzione. La nuova piattaforma PTA ha permesso la dotazione di serie di un sistema mild-hybrid a 48V: una batteria da 0,2 kWh posta sotto il pianale accumula l’energia proveniente dal generatore/starter collegato al motore tramite cinghia nelle decelerazioni e la restituisce (140 Nm) durante le accelerazioni; sotto i 17 km/h l’unità termica si spegne per ridurre i consumi.



 Nel test, svoltosi su asfalto e sterrati in Grecia, ho apprezzato la motricità della versione turbodiesel da 240 CV e 500 Nm. Sullo sterrato veloce la Evoque si guida con piglio rallistico e in curva si apprezza il torque vectoring che aiuta chiudere le traiettorie. Ovviamente con un peso che sfiora i 1.900 kg non si possono pretendere prestazioni di riferimento, anche perché il cambio automatico a 9 rapporti mostra una certa lentezza e una rapportatura migliorabile per le riprese. Buono invece il feeling dello sterzo sia su strada che fuori e adeguati i freni, che arrestano con efficacia la vettura. La turbo a benzina ha 9 cavalli in più, 249, e un allungo maggiore che la rende più prestazionale e divertente, anche se l'unità non può essere definita sportiva. Resta comunque penalizzata dal peso e da lentezza e rapportatura del cambio, che, a dispetto dell'elevato numero di marce, non le sfrutta adeguatamente se si vuole andar forte. Con questo motore si apprezza però maggiormente la notevole silenziosità di marcia, che consente
viaggi rilassati parlando a bassa voce; a dire il vero il comfort acustico non è però molto diverso con la Diesel, mentre si riducono
sensibilmente i consumi piuttosto elevati della sorella a benzina. 



Questa è una Range, quindi ha nel Dna l’off road duro. Nonostante l’adozione di pneumatici all season poco scolpiti, anche nel fango e sulle forti pendenze la Evoque se la cava bene, con una motricità sempre adeguata. Le sospensioni Adaptive Dynamics sono efficaci e adeguano la Evoque ai diversi ambienti e stili di guida: la rilevazione del tipo di terreno è automatica e sulla posizione più sportiva riducono le oscillazioni di un corpo vettura che data la lunga escursione delle sospensioni e il peso tende altrimenti a coricarsi in curva. Grazie all’altezza da terra di 212 mm e alla profondità di guado di 600
mm non ci sono particolari problemi anche sul difficile, mentre Hill Descent
Control, Gradient Release Control e All-Terrain Progress Control
regolano tanto la velocità di discesa quanto quella di
salita, caratteristica questa innovativa e unica rispetto alla
concorrenza. Basta selezionare la velocità voluta e la Evoque sale da
sola modulando il gas per mantenere la trazione; al conducente non resta
che manovrare lo sterzo e scegliere le traiettorie.

14 marzo 2019

Dalle officine dell'MI5...





Nel corso del 2018 Toyota ha brevettato un sistema antifurto che prevede di immettere nell'abitacolo dell'auto gas lacrimogeno come deterrente nei confronti di un tentativo di furto. Il dispositivo sfutta in modo laterale un accessorio di lusso in crescente diffusione, che emette nell'abitacolo la fragranza scelta dal cliente prima che la portiera venga aperta quando il cellulare sia rilevato nelle vicinanze. Se l'unità di controllo rileva un tentativo di avviamento illegittimo, cioè un modo bypassare il trasponder in assenza di cellulare del proprietario, invece della fragranza viene emesso gas lacrimogeno e la centralina motore viene bloccata. Una soluzione da 007 che affascina d'acchito, ma verosmilmente gravata da una notevole pericolosità intrinseca. Potrebbe infatti causare gravi incidenti o addirittura la morte dell'occupante in caso di malfunzionamento. In Italia di sicuro un simile sistema non sarebbe omologabile, dato che non è legale usare antifurto aggressivi nei confronti dei ladri. C'è chi può e chi non può; loro può.

Chi chilometri, chi miglia





Dopo l'annuncio di Volvo degli scorsi giorni in merito alla decisione di limitare la Vmax dei propri modelli a 180 km/h, dall'altra parte dell'Atlantico arriva notizia di un'ulteriore limitazione a 180, ma stavolta espressi in miglia, pari a circa 290 km/h. Riguarda la nuova Mustang Shelby GT500, che sarà presentata in estate e che, appunto, vedrà la sua velocità massima limitata elettronicamente. Un passo indietro rispetto alla tradizionale concorrenza, visto che le storiche avversarie, la Chevy Camaro ZL 1 1LE e la Dodge Challenger SRT Hellcat Redeye sono limitate rispettivamente a 190 mph e 203 mph, 305 e 327 km/h. In cambio Ford rende disponibile un kit aerodinamico simile a quello della versione GT4 che aggiunge 250 kg di deportanza al retrotreno e rende la Shelby più stabile sul veloce. Altre soluzioni corsaiole sono il diffusore posteriore e i radiatori di raffreddamento per olio e cambio, mentre nel frontale è stata raddoppiata la portata d'aria per raffreddare i 6 scambiatori nel vano che servono il propulsore V8 da 5,2 litri, la cui potenza non è ancora stata rivelata ufficialmente ma che dovrebbe superare i 700 CV. Il bello degli States è la libertà di convivenza: da una parte elettriche e autonome, dall'altro le muscle più estreme. Quasi come da noi, no?

13 marzo 2019

Anche le M verso l'uniformità





Finora lo storico claim di BMW, "Piacere di guidare", aveva resistito alla revisione dei conti e alla normalizzazione, quantomeno sulle M. Ma la produzione di ogni costruttore, Elica azzurra compresa, vira sempre più verso gli elettrodomestici, mentre si cercano strade per garantire dividendi anche in un mondo immerso nella crisi continua e proteso verso una mobilità ancora poco delineata. La nuova M3, attesa entro il 2019 è emblematica di tutto ciò. Niente più cambio manuale, ma lo standard dell'automatico a 8 marce di tutte le 3, niente più trazione posteriore, ma l'integrale xDrive degli altri modelli. Certo storicamente è sempre stata la messa a punto del veicolo nel suo complesso a rendere le M quel raffinato oggetto da divertimento che abbiamo conosciuto, ma il fatto di usare un motore di serie (pur rivisto), un cambio di serie (pur adattato) e una trazione di serie (pur gestita al meglio) toglie parecchio smalto a un mito della sportività come la M3. Ma non intacca il suo listino, sempre in crescita. Lo spazio vitale delle sportive da usare davvero si riduce sempre più; speriamo solo non passino troppo in fretta al settore delle classiche.

12 marzo 2019

Continua l'emorragia a Sunderland





Dopo il marchio generalista, a seguire anche il premium brand. Gran Bretagna, ambiente pre-brexit. Dopo l'abbandono della Nissan X-Trail, lo stabilimento di Sunderland perde anche Infiniti, preludio all'abbandono totale dal mercato europeo del marchio ai primi del 2020. La storica avversaria di Lexus ha scelto infatti di concentrarsi principalmente sui mercati Usa e cinese, mantenendo nel Vecchio Continente soltanto una piccola divisione nell'area orientale che sarà associta a quelle, sempre di piccola entità, di Medio oriente e Sud est asiatico. Il problema è quello oramai solito, l'investimento richiesto per rientrare nei limiti di emissione UE di 95 g/km, che richiedono nuovi motori e almeno un modello elettrico in gamma. Q30 e QX30 lasciano quindi l'area europea. che fino al prossimo anno sarà presidiata soltanto dalla Q50.

Solo... elettrica









Una volta in Cina si costruiva a poco prezzo. Di qui il massivo outsourcing del mondo occidentale, che importava (e importa ancora in larga parte) poi i prodotti finiti. Ora non è più sempre così, il costo della mano d'opera locale è salito e la produzione serve massivamente il mercato interno, determinando così l'attuale necessità di produrre nel Celeste Impero per vendere nel Celeste Impero. E' in base a questo criterio che la canadese Electra Meccanica ha inaugurato a Chongquing lo stabilimento che realizza la Zongshen Solo EV, una tre ruote monoposto del tutto invendibile dalle nostre parti, non fosse altro per il prezzo di 19.888 $ canadesi, pari a 13.170 € e per il trascurabile particolare di avere spazio per un solo occupante. In Cina pare ci sia invece spazio commerciale per un simile veicolo, che ha un range di 160 km e sfiora i 140 km/h. Spazio fino a un certo punto, peraltro, visto che Electra Meccanica intende realizzarne una cinquantina entro la fine del mese, per estendere poi la produzione a 5.000 unità per la fine dell'anno. Il tutto in un mercato di circa 200 milioni di auto circolanti.

11 marzo 2019

Problemi al cruise control Alfa





Maxirichiamo Alfa Romeo in arrivo negli Usa: FCA richiede un passaggio in officina per 60.000 Giulia e Stelvio prodotte tra il 2017 e l'anno in corso a causa di un malfunzionamento del cruise control. Il dispositivo può funzionare in modo errato e mantenere la vettura in accelerazione anche se viene premuto il pedale del freno, eventualità molto pericolosa che ha indotto la Casa a consigliare ai clienti oggetti del recall di non utilizzare il dispositivo fino a quando non sia stato controllato in officina. Nessun incidente tuttavia è stato sinora riscontrato a causa dell'anomalia. Il controllo di velocità non è nuovo a problemi sulle auto del gruppo: nel maggio 2018 sono state infatti richiamate ben 4,8 milioni di vetture perché il sistema non si disinseriva, a dispetto di frentate o azioni sui controlli elettrici.

Tesla dimezza e moltiplica





Incalzata dai bassi margini operativi e dalla incipiente concorrenza dei grandi costruttori, Tesla deve trovare argomenti validi per consolidare una posizione di mercato che potrebbe presto vacillare. La terza generazione dei Supercharger è l'ultimo highlight, una stazione della potenza di 250 kW che è in grado di fornire l'intero carico energetico a ciascuna delle auto collegate, senza dividerla come in precedenza tra gli occupanti. Riferendosi a una Model 3, la vettura che potrebbe cambiare le sorti dell'azienda, una carica di soli 5 minuti può fornire un'autonomia di 120 km, mentre in 20 minuti di ottiene la ricarica completa. La prima struttura di questo tipo è stata installata sperimentalmente negli Usa, ma Tesla intende adeguare i Supercharger esistenti alle nuove specifiche. Per farlo occorre però realizzare per ogni punto di ricarica una sottostazione da 1 MW, il che richiede ovviamente la collaborazione dell'azienda energetica interessata, che deve trovare connessioni e logistica. Poiché il tempo di ricarica dipende strettamente dalla temperatura dell'accumulatore, Tesla ha rilasciato inoltre una nuova funzionalità definita On-Route Battery Warmup, che nel tragitto verso il Supercharger porta gli accumulatori alla temperatura ideale per la ricarica, riducendo così del 25% i tempi necessari. C'è però un piccolo neo in tutta la storia, che Tesla si guarda bene dal comunicare con la stessa enfasi: le ripetute ricariche rapide deteriorano irrimediabilmente le batterie e la loro frequenza non dev'essere preponderante su quella delle ricariche lente. Un bel dilemma da risolvere sulla strada dell'uso quotidiano sulle lunghe distanze.



Quando il reale non basta più...





La necessità di sondare nuove metodologie di comunicazione e informazione (nei due sensi) ha contaminato ampiamente i costruttori, che battono strade alternative ogni giorno. Ma la modalità scelta da Audi per sondare la possibilità di reintrodurre le station wagon in Usa è davvero strana. Sulla pagina ufficiale di Twitter è comparsa infatti una curiosa immagine che fa riferimento al circolo magico evocativo per porre la domanda, una specie di seduta spiritica online. Un'incursione nel mondo della magia e dello spiritismo, ma volendo anche più semplicemente la riedizione del classico "Specchio, specchio delle mie brame..." delle favole insomma, un approccio davvero curioso a un quesito dai sostanziosi risvolti economici e di marketing. Che tra l'altro pone un interrogativo sulla decisione generalizzata tra le Case e in auge da qualche anno a questa parte di far fuori le station in favore delle Suv. Magari è solo una boutade, ma visto quel che è accaduto con il downsizing, celebrato per anni come ultimate solution e poi messo in cantina in tutta fretta, anche il futuro delle Suv potrebbe essere ridimensionato.

07 marzo 2019

La nuova Koenigsegg spakka

















Al salone faceva una scena della m... con quell'alettone mega, anche se, a guardarla, bene, la macchina è sostanzialmente ancora la Agera. Ma la nuova Koenigsegg Jesko, nome stranamente slavo per un'auto il cui listino parte da 3 milioni, ne ha davvero bisogno, per disporre di quei 1.360 kg di carico aerodinamico necessari a tenere aderente alla strada un'auto che pesa solo 1320 kg ma che grazie ai suoi 1.620 CV (solo a E85, però, altrimenti sono appena 1.300) ha una V max di 483 km/h. Scocca in carbonio, cerchi in alluminio da 20 davanti e 21 dietro, sospensioni Triplex a pushrod davanti e dietro, altezza da terra variabile, sterzatura posteriore, tutto al top, ma la trazione è ancora rigorosamente posteriore. Il propulsore è il noto 5 litri V8 biturbo, ma è stato ampiamente rivisto e aggiornato, con tre iniettori per cilindro, un albero motore piatto (regime massimo di 8.500 giri), una coppia massima di 1.500 Nm a 5.100 giri e un esclusivo sistema che impiega un serbatorio di aria compressa rifornito da un compressore elettrico per azzerare il lag di due turbo che lavorano a ben 20 bar (!!!). Nonostante la devastante potenza, la Jesko è già omologabile secondo le norme californiane che entreranno in vigore nel 2026 e a questo scopo ogni cilindro è munito di sensori che ottimizzano l'efficienza in tempo reale. Anche il cambio è nuovo, un automatico a 9 rapporti che pesa solo 90 kg e dispone di 7 frizioni interne per rendere fulminanti le cambiate e preselezionare il rapporto successivo per ottenere la migliore accelerazione. Il sistema si chiama UPOD, Ultimate Power On Demand, viene inserito tramite la leva del cambio in consolle, ed elabora i dati provenienti da una miriade di sensori per garantire sensazioni da ictus a ogni accelerata. Se vi interessa, datevi una mossa, perché Koenigsegg ne costruirà solo 125.

06 marzo 2019

Ginevra 2019: silenzio elettrico





La vita è tutta un cambiamento, filosofico e tecnologico. Occorre adeguarsi, ma non sempre è facile, specie quando la modifica è al ribasso. Nel caso specifico, l'automobile sta cambiando in... qualcosa che non è più un'automobile, automobile come strumento di libertà, di indipendenza, di evoluzione. Una perdita secca di valore, se me lo consentite, in cambio di una idealizzata condivisione che di fatto prelude a un calo generale della qualità della vita. E' questo che si trae dalla rituale visita al salone di Ginevra, tuttora il più importante e rappresentativo di questo mondo in declino. Un salone che ha visto l'assenza di molti dei principali attori del settore, dalle Case americane a quelle cino-svedesi e indo-britanniche, lasciando vuoti nelle tradizionali collocazioni degli stand riempiti con zone ristoro o esposizioni di motocicli (!!!) e auto d'epoca. Queste ultime in particolare marcano il destino di un auto show: quando compaiono segnano inevitabilmente la fine dell'interesse generale e l'inizio di una decadenza inarrestabile, che si colora di nostalgia e si arrocca su posizioni elitarie ma sempre meno condivise. Quindi un salone in decadenza, dal punto di vista dell'auto, ma in netta crescita verso un futuro di mobilità elettrica. Se c'è un claim che si può legare a Ginevra 2019 è :" Se ci sei sei elettrico". Tutti gli espositori si sono affannati a presentare modelli a batteria, da quelli di grande serie alle più esclusive GT, come la Piëch Mark Zero (realizzata da Anton, figlio n°6 del mitico tycoon di VW) che vanta addirittura una fantascientifica ricarica all'80% in meno di 5 minuti. Wishful thinking forse, ma anche la rincorsa a un business che richiede nuovi modelli di industria, in un mondo che evolve apparentemente verso l'alta tecnologia ma che in pratica vira verso quella degli elettrodomestici con minori costi per le imprese e abbondante smaltimento di manodopera. C'è da chiedersi chi utilizzerà queste soluzioni di mobilità e sharing in un mondo sempre più diviso tra pochi troppo agiati e tantissimi troppo poveri.



Infine, un ultimo tratto che segna la grande differenza dal passato. Quest'anno al salone c'era silenzio. Niente più rombo di motori o colonne sonore di un nuovo lancio a sovrastare il vociare di sottofondo. Ieri no, silenzio, silenzio elettrico.








































































































































































































Solo inutili o anche pericolose?

I test di guida autonoma proseguono tra difficoltà tecniche, indagini, e trascurabile impatto economico. C'è da domandarsi se si tratti ...