30 dicembre 2017

Consumano troppo: stop a 553 auto in Cina





Le blacklist non le fa solo the donald. Anche i cinesi hanno la loro bella lista di proscrizione ma, contrariamente a quelle stilate di là dell'Atlantico, basata su criteri di interesse ecologico piuttosto che socio/politico. Il tutto tradotto in campo auto si riconduce alle emissioni, di CO2 nella specie: 553 automobili costruite in Cina sono state infatti incluse in un elenco che le mette al bando per il consumo eccessivo. Ma sbaglierebbe chi pensi si tratti soltanto di prodotti locali, nell'elenco compaiono infatti anche marchi come Audi, Mercedes-Benz e Chevrolet. In ogni caso queste vetture non potranno più essere prodotte, mentre viene incentivata la realizzazione di vetture ibride ed elettriche NEV (New-Energy Vehicles), che secondo i calcoli del ministero dei trasporti locali nel 2019 toccherà il 10% delle vendite complessive di auto nuove. La misura, ventilata da tempo da diversi stati, è di fatto la prima di questo tipo al mondo: la Cina ha così preceduto Olanda, Norvegia, UK, Francia e California sull'argomento, mentre nel prossimo futuro (leggi nel 2018) potrebbe venir promulgata la legge che impone una deadline alla produzione di auto con motore unicamente a combustione. La Cina corre, quindi. Ma sulla sua fede ecologista farei una bella tara. La produzione locale di energia elettrica è infatti largamente basata sul carbone, il peggior combustibile in assoluto per tenere a bada la CO2 e quando si ricorre all'idroelettrico si fanno scempi come quello della diga delle Tre Gole sul fiume Azzurro. Se le auto elettriche dovessero davvero diffondersi con i tipici tassi di incremento cinesi, allora la produzione di energia elettrica dovrebbe seguire la domanda e non sono certo che il territorio del Celeste Impero ne avrebbe un beneficio.

28 dicembre 2017

Nuovo accordo di Nissan per le LEAF giapponesi





Nissan va di gran carriera con il suo programma elettrico, cercando di fare sempre più sistema con partner e aziende del settore. Per la nuova LEAF è stato infatti siglato in Giappone un accordo con una società elettrica locale, la Ecosystem Japan, in base al quale i proprietari della vettura che sottoscriveranno un contratto con la stessa società per la fornitura di energia elettrica (si suppone con una connessione rinforzata per garantire la ricarica dell'auto elettrica) verranno omaggiati dell'installazione di un impianto domestico a pannelli solari. Qualche vincolo però c'è: i clienti che vivono nell'area di Kanto, unica del Giappone destinata alla promozione, devono sottoscrivere il piano Jibun Denryoku (elettricità personale) per una durata almeno ventennale, al termine della quale l'impianto solare diverrà di loro proprietà. Corre l'obbligo di far notare che la durata media di un impianto solare è di circa 25 anni e che quindi se ne diventa proprietari proprio quando l'efficienza cala e i costi di manutenzione salgono. Inoltre non si dispone fino alla scadenza del contratto dell'energia prodotta dai pannelli, che viene però conteggiata nell'ambito della Jibun Denryoku a un prezzo ridotto solo se si ricarica l'auto di notte e in periodi di bassa richiesta energetica. In soldoni, la Ecosystem Japan si garantisce una serie di mini-siti solari a costo zero. Ma sono certo che la convenienza ci sarà...da qualche parte.

Bene o male, purché se ne parli





Il fatto che a fine e inizio anno si parli spesso di Tesla &Co la dice lunga sull'abilità comunicativo/finanziaria di Musk. Che ora, tanto per tener vivo l'interesse sulle sue attività, ritorna sul pickup, anche soltanto con un tweet che annuncia la sua intenzione "da almeno 5 anni". Fatto salvo che nessun doc ufficiale parla di tale prodotto e che il debutto del truck dovrebbe avvenire comunque dopo quello della Model Y, la compact Suv prevista tra il 2019 e il 2020, il veicolo dovrebbe collocarsi dimensionalmente vicino a un Ford F-150 con un'autonomia di almeno 400 km. Quindi, riassumendo, una pletora di modelli in canna, che farebbero di Tesla un costruttore pienamente in sinc con i più tradizionali del mercato Usa per varietà e diversificazione. Incidentalmente, proprio quello che gli investitori vogliono sentirsi dire, se non altro per giustificare la fiducia in borsa verso i titoli dell'azienda che, come noto, ha superato per capitalizzazione la Ford.

22 dicembre 2017

Hyperloop è più vicino al debutto









Possiamo certamente includere Elon Musk nel novero degli imprenditori multitasking. I suoi interessi vagano infatti tra lo spazio e i sistemi di pagamento, ma il suo core business sono di sicuro i trasporti terrestri, incluso il progetto Hyperloop, di cui ho detto sin dal suo esordio e che va avanti segnando nuovi risultati concreti.  La settimana scorsa, infatti, si è svolto il primo test con il sistema completo, che prevede il tubo di contenimento a tenuta stagna, la propulsione a motore elettrico lineare, la sospensione a levitazione magnetica e i sistemi di controllo e guida automatica. Ricordo che il sistema si basa sul far scorrere la navetta in un vuoto piuttosto spinto, equivalente nel test alla pressione atmosferica a 61.000 m di quota, tale da rendere (insieme alla sospensione magnetica) minima la resistenza al movimento e quindi limitare grandemente l'energia richiesta al sistema per funzionare e far raggiungere al pod la velocità massima di 1.078 km/h. Per ora sono stati raggiunti solo i 387 km/h, ma il progetto funziona e comincia a prendere forma la concreta possibilità di viaggi terrestri a velocità quasi transonica, superiore quella degli aerei di linea che dall'uscita di scena del Concorde per risparmiare carburante (e speculare sui viaggiatori) viaggiano più lentamente che negli anni '60. Hyperloop ha costi di sviluppo altissimi, ma il patron di Tesla ha già mostrato di cavarsela molto bene in ambito finanziario e la raccolta fondi ha toccato sinora quota 295 milioni di dollari. Se poi, come sembra, il primo Hyperloop in servizio sarà costruito negli Emirati, dove il denaro certo non manca, possiamo dare per scontato che il progetto avrà uno happy end. Di qui al vedere poi le stazioni Hyperloop in giro per il mondo ne passa. Ma diamo temo al tempo, l'idea è senz'altro geniale e promettente.

21 dicembre 2017

La Supra, o anche no





In passato Toyota ha lasciato al marchio top Lexus la realizzazione di una supercar, nella fattispecie la LF-A. Ma dalle dichiarazioni di Akio Toyoda, presidente del gruppo, riguardo la partecipazione alla 24ore di Le Mans, la Casa jap intende mettere sul mercato una vettura sportiva realizzata con la stessa tecnologia impiegata per i prototipi. Il rilascio di un teaser della concept, che allo stato si chiama GR Super Sport e mostra un minimo di somiglianza con la Bugatti Atlantic, conferma l'intento. L'auto, che sarà mostrata al prossimo salone di Tokyo, sarà la prima del sub brand GR Performance e farà capo per le specifiche alla Gazoo Racing, la struttura sportiva di Toyota; si tratterà comunque di un prototipo che non andrà mai in produzione. Tutta l'operazione sembra quindi un traino al lancio della ineffabile Supra, che nel 2018 dovrebbe  finalmente debuttare e che alla luce di queste dichiarazioni potrebbe quindi essere collocata nel novero delle supercar. Nella versione ibrida si potrebbe dunque ipotizzare il travaso della tecnologia da competizione sviluppata per le gare Endurance, ma in sostanza potrebbe anche esserci molto fumo e poco arrosto, visto lo statement del marchio sul non voler più sviluppare vetture che non prevedano soluzioni elettriche. Potrebbe dunque trattarsi soltanto dell'ennesima auto ibrida sportiva, che vista la collaborazione progettuale con BMW avrebbe avuto la possibilità di attingere anche al know how delle i.

Steptronic-automatico 1 a 0





Che l'ambiente tech dell'auto sia fatto di corsi e ricorsi lo sappiamo tutti. E' il caso del downsizing oppure quello dell'architettura dei motori, soggetti ad alternanze non sempre legate strettamente a ragioni tecniche contingenti. Quindi la decisione di MINI di passare al cambio a doppia frizione in luogo dell'automatico a convertitore va inquadrata in un'ottica temporanea, quantomeno sull'arco di produzione del modello. Si tratta in ogni caso di una scelta in controtendenza anche rispetto al marchio padrone BMW, che proprio per la sua estrema M5 è appena approdato a un automatico classico al posto del doppia frizione adottato dall'edizione precedente. Proprio alla luce di ciò il fatto che MINI citi la maggiore sportività della soluzione è dunque opinabile, anche se il tutto si può facilmente ricondurre alla differenza tra i valori di coppia massima trasmissibili con trasmissioni di produzione e realizzate ad hoc (e quindi molto più costose). Ne è prova per esempio il caso Mercedes, che sulla E 63 S monta un cambio a ingranaggi epicicloidali, mentre sulle sportivissime GT adotta il doppia frizione. Certo, sono 850 Nm da 2.500 giri contro solo 700 da 1.900, ma sono sicuro che pagando si poteva superare il gap.

20 dicembre 2017

UPS compra i Semi





Semi è il nome del trattore da rimorchio lanciato da Tesla, quello che dalle nostre parti si chiamerebbe un TIR e sul quale, devo dire con un notevole senso del concreto, l'azienda californiana sta basando il suo futuro economico di grande costruttore. Ho sempre pensato che il grimaldello per introdurre nel mondo della mobilità l'elettrico sia quello del trasporto commerciale e l'esempio dei furgoni del latte londinesi ne è la prova più evidente. Quindi, mettendo da parte la telenovela delle Model 3 e dei suoi effettivi numeri di produzione, legata a doppio filo a quella della penuria di batterie al litio nel formato AA, razziate dall'azienda di Musk sul mercato mondiale per costruire i pacchi accumulatori delle auto, è sul trasporto che i numeri in nero potrebbero iniziare a dare risultati promettenti. Ne è prova la notizia che UPS abbia deciso di acquistare 125 Semi, l'ordine più consistente piazzato sinora, superiore a quello di PepsiCo. UPS è convinta che il passaggio all'elettrico sia per lei conveniente, tanto che ha intenzione di convertire alla trazione a batterie 1.500 delivery van in uso a New York. L'azienda inoltre porterà avanti con Tesla una serie di test di funzionalità a medio termine sui Semi acquistati, nella prospettiva di un passaggio al nuovo sistema di trazione più generalizzato ed esteso anche fuori dallo stato. E non è escluso che altre società seguano la stessa strada se i risultati saranno incoraggianti.

Subaru molla il boxer?





Nel mondo dell'auto ci sono dei capisaldi e uno di questi è il connubio Subaru-boxer-4x4. La Casa delle Pleiadi è infatti da lungo tempo legata tanto all'architettura a cilindri contrapposti quanto alla trazione integrale simmetrica, ma nel futuro la prima parte dell'equazione jap potrebbe venir meno. In un'intervista ad Autocar, il boss Subaru Mamoru Ishii ha infatti dichiarato che se al momento non è in programma l'abbandono della trazione integrale, la permanenza dell'architettura boxer potrebbe invece lasciare il passo a quella a cilindri in linea, a causa delle sempre più stringenti norme anti-inquinamento alle quali risulta più difficile ottemperare con testate separate. L'intenzione è di mantenere il claim commerciale inalterato il più a lungo possibile, ma non è escluso un cambio radicale di struttura nel prossimo futuro. Tutto ciò parlando di motori a benzina, sui quali la Casa sembra essersi concentrata da qualche tempo, ma anche in campo Diesel le cose potrebbero andare allo stesso modo, vista la difficoltà di aumentare la potenza dell'unità turbo da 2 litri senza sforare i limiti di emissione. Resta il fatto che la nuova piattaforma SGP, sulla quale la nuova XV, prima di una intera gamma, è basata, è stata progettata sugli attuali motori boxer. Ma comunque essendo flessibile in senso ampio potrebbe anche consentire, oltre alle strutture ibride ed elettriche, anche un netto cambio di architettura in area termica.

18 dicembre 2017

Da Fukushima al futuro con l'aiuto di Nissan





Se dico Tepco vi viene in mente nulla? E se dico Fukushima? Beh, la Tepco è la società proprietaria dell'impianto nucleare protagonista del peggior incidente mai avvenuto in Giappone (e nel mondo, dopo Chernobil). Lungi da me criminalizzare il nucleare, visto che ci ho preso una laurea, ma lo studio congiunto tra Nissan e Tepco lanciato in Sol Levante per valutare l'integrazione in rete dei veicoli elettrici come di sistemi di accumulo potrebbe suonare come un tentativo di lavaggio a lungo termine per allontanare dall'azienda biasimo e nubi (magari fossero pure quelle radioattive). Per intederci, un po' come la passione per l'elettrico di VW dopo il Dieselgate. In ogni caso il progetto è tanto interessante quanto difficile da implementare, ma allo stesso tempo rappresenta senza dubbio una sfida cruciale per definire un futuro di integrazione sistemica della rete di ricarica dei veicoli elettrici e più in generale per aumentare l'efficienza della distribuzione elettrica. In pratica la rete perde costantemente energia, sia per effetto Joule (i fili si scaldano), sia perché la corrente alternata non si può immagazzinare e non si può mai sapere esattamente quanta ne occorra. Quindi la produzione è sempre in eccesso. Ma gli accumulatori delle auto elettriche, connessi alla rete per la ricarica e a un sistema di riconoscimento, potrebbero ridurre gli sprechi, tanto impiegando l'energia in eccesso, quanto fornendola all'occorrenza e limitando l'uso delle centrali di punta, quelle che debbono sostenere i carichi nelle ore, appunto, di punta. Auto come buffer, quindi. Allo studio partecipa un gruppo di dipendenti Tepco dotati di furgoni e-NV200 e Leaf, che nel corso del 2018 sarà oggetto di messaggi da parte della società con inviti a effettuare la ricarica durante i periodi di surplus di energia sulla rete in cambio di tariffe più convenienti. Durante la ricarica Tepco sperimenterà poi un sistema che sia in grado di armonizzare domanda e offerta energetica, usando le batterie come sistema di accumulo o di cessione. E' uno studio pilota, perché per funzionare al meglio un simile sistema ha bisogno di moltissime auto connesse, considerato che alla fine del periodo incentivato ci si aspetta comunque che le auto siano cariche. Ma resta un esperimento da osservare con attenzione, perché può essere la chiave di volta della rete di ricarica del futuro. Anche se funziona da lavatrice.

Elettro-turbo o Power Pulse: Quale è meglio?









Volvo ha organizzato la produzione concentrandosi sui motori a tre e quattro cilindri ibridi, realizzando così una certa economia di scala interna. Deve però affrontare il gap esistente con i costruttori tedeschi di punta, nei confronti dei quali vorrebbe acquisire quote di mercato. Logico dunque concentrarsi su accorgimenti che rendano i propri motori più performanti, in questo caso lavorando sull'eliminazione del turbo lag, che nonostante i più recenti progressi dei turbocompressori, ancora affligge i motori con architettura a minore numero di cilindri ed elevata sovrappressione, ossia esattamente quello che i motori cino/svedesi sono diventati ultimamente. La soluzione Volvo, che ha debuttato l'anno scorso sulla serie 90 ma è ancora poco poco nota in genere, si chiama Volvo Power Pulse e consiste in un piccolo compressore elettrico a pistone che rifornisce di aria un serbatoio da 2 litri. Quando c'è una improvvisa richiesta di potenza con il turbo a basso regime di rotazione l'aria viene convogliata nel condotto di scarico e accelera la turbina, producendo il boost in tempi molto più rapidi di quelli ottenibili normalmente. Una soluzione alternativa a quella dei turbo elettrici e con un costo intrinsecamente più basso, anche se aumenta comunque la complessità del sistema di alimentazione e in ogni caso può fornire soltanto un unico soffio, esaurito il quale non c'è più trippa, almeno fino a quando il piccolo compressore non abbia rifornito l'altrettanto piccolo serbatoio. Se quindi ci troviamo a un semaforo e vogliamo scattare spediti ma l'auto davanti a noi frena e poi riparte, ci ritroviamo in pieno turbo lag. Cosa che invece non succede con il turbo elettrico, che può supplire alla carenza di pressione per tutto il tempo che occorre. Una soluzione solo parziale quindi, che nel confronto con i metodi tedeschi mostra un po' la corda.






15 dicembre 2017

Ford Ecosport 1.5 TDCi



















Non è del tutto chiaro se siano le Case oppure il mercato a tendere alle Suv. Sta di fatto comunque che il "baricentro alto", Suv o crossover che sia, è sempre più centrale nei listini e Ford non è da meno con la nuova Ecosport. Prodotta a Craiova, in Romania, sfoggia un frontale nell'ottica del family feeling, con la nuova griglia e gruppi ottici allo xeno con luci diurne a led, mentre due scalfature laterali alleggeriscono la linea di cintura; nuove anche le luci posteriori. Con la serie ST-Line debutta la verniciatura bicolore, che prevede quattro varianti per il tetto con diciassette tinte a contrasto. Nel complesso una linea gradevole per un corpo vettura molto compatto, sottolineata dai bei cerchi bruniti.



All'interno un ripensamento della logica di azionamento, con meno controlli ma più raggruppati e una buona qualità complessiva. Al centro della plancia lo schermo touch  da 8 pollici, elemento centrale del sistema SYNC 3 a comandi anche vocali compatibile con Apple CarPlay e Android Auto™. In opzione il sistema Audio B&O PLAY a 10 altoparlanti (lo stesso marchio impiegato dalla Urus, per intenderci), mentre dal punto di vista della sicurezza ci sono il cruise control, la rilevazione degli oggetti in zona cieca e un radar anticollisione. Il cruscotto è tradizionale, con le lancette illuminate di un piacevole azzurro e un piccolo display centrale in grado di ripetere le indicazioni del navigatore. Ottima la visibilità, un po' meno la posizione di guida, che risente del sedile alto e della seduta corta, che può stancare nei lunghi viaggi.



Il motore, che sarà disponibile da maggio, eroga 125 CV e 300 Nm e mostra una pressoché totale assenza di ritardo di risposta, anche se sotto i 1.500 giri è un po' pigro nelle riprese. E' accoppiato a un cambio manuale a sei marce dall'ottima sincronizzazione e a richiesta alla trazione integrale a giunto centrale, che prevede in caso di slittamento una ripartizione fino al 50% della coppia tra i due assi.



Un tocco sul bottone e si apprezza subito la notevole insonorizzazione dell'abitacolo, che in marcia si conferma ai massimi livelli per il segmento di appartenenza. Le progressioni sono decise e la Ecosport si rivela scattante e agile, con un avantreno preciso e uno sterzo che dà il feeling del comportamento dell'avantreno. La stabilità, pur con un centro di rollio tendenzialmente alto, è notevole e invita a una guida brillante, che trova riscontro nella grande facilità della Ecosport a raggiungere velocità notevoli, decisamente sopra quelle consentite; i freni sono onesti e hanno una buona dosabilità. Disinserendo il controllo di trazione si apprezza l'ottima motricità garantita dalla trazione integrale, che anche sui tratti scivolosi delle strade portoghesi oggetto della presentazione non ha dato adito a perdite di aderenza avvertibili. Gli angoli di attacco e la distanza da terra, inoltre, consentono alla Ecosport una facile percorrenza di sterrati e tratti non troppo sconnessi, fatto salvo che la strada asfaltata è comunque il suo ambiente elettivo.

11 dicembre 2017

Un'altra serie limitata da McLaren









Di supercar sie ne vedono a bizzeffe ultimamente. Normali, elettriche, sembra sia diventato il nuovo core della produzione automobilistica. Strano, vedendo i costi stellari dei prodotti e ancor più strano a fronte di una crisi che il wishful thinking vuole finita ma di fatto morde ancora e non poco (chiedete alla Melegatti). Anyway, McLaren, conscia di questa battaglia ai vertici, rilancia con la nuova Senna, omaggio all'indimenticato pilota e top assoluta delle street legal race car a combustione della Casa. 800 cavalli, 800 Nm, ma soprattutto il peso più basso in assoluto per una McLaren, 1.189 kg, che fanno 1,49 kg/CV. Qundi sotto la P1 quanto a potenza, ma al vertice della produzione attuale; dentro il cofano l'unico motore in produzione, il V8 biturbo ad albero piatto da 4 litri collegato al treno posteriore da un cambio a doppia frizione a sette marce, anch'esso vecchia conoscenza. La linea è un po' così, bella da dietro, meno in fiancata, tributo alla sportività track stile e all'aerodinamica. Che prevede che l'alettone posteriore sia attuato idraulicamente in tempo reale per adattarsi alle condizoni di guida, mentre le sospensioni impiegano i consueti doppi bracci interconnessi ma con l'aggiunta di un sistema idraulico che sostituisce le barre antirollio. Ovviamente la scocca è in carbonio, così come molti particolari dell'abitacolo, bottone di accensione compreso (Wow!). La vedremo a Ginevra e la produzione dei 500 esemplari previsti inizierà nel terzo trimestre del 2018 a 750.000 sterline al pezzo. Parecchio, ma magari con la Brexit si risparmierà qualcosa.

04 dicembre 2017

Il commuter secondo Bangle























Ve lo ricordate Chris Bangle? Sì, il designer della Fiat coupé e poi delle Z in BMW negli anni '80. Beh, non è più un virgulto, ma la sua vena creativa non demorde; così al LA Auto Show ha presentato la REDS EV, prototipo di auto elettrica urbana dedicata la mercato cinese. Il fatto che la compagnia creata ad hoc si chiami Redspace mostra una sorta di revanscismo della politica cinese del secolo scorso, visto che la vettura è destinata espressamente a quel Paese e a quel mercato, ove i veicoli elettrici sono in forte espansione. In effetti Bangle negli ultimi tempi si è concentrato proprio sulla Cina: sua la consulenza per il light truck del gruppo CHTC. La REDS EV è quanto meno atipica nel profilo. Sembra uno di quei veicoli postali Usa ma per massimizzare lo spazio all'interno, concepito per 4 persone che possono salire a 5 solo quando si sta fermi (??). Forse banale intende fornire uno spazio coperto per socializzare, anche se credano in Cina non abbiano grande bisogno di ausilio in questo campo.  I dati tecnici non sono stati comunicati, ma Bangle sostiene che la vettura sia competitiva nello 0-50 km/h, cioè nelle accelerazioni in ambito urbano. Vedremo dunque torme di queste spigolose vetture nelle megalopoli cinesi? Non si sa se dietro al progetto ci sia con costruttore effettivo, ma il fatto che all'interno troneggi uno schermo da 17 pollici e che i sedili siano girevoli potrebbe renderla assurdamente interessante. Si tratta di vedere quanto costerà.

01 dicembre 2017

Self driving car? Meglio un robot















Con
tutto 'sto parlare di guida autonoma ci siamo dimenticati dei robot,
oggetto anch'essi di uno sviluppo impetuoso. Cosa c'entrano con la
guida? Beh, il fatto è che sviluppando la loro ciber-intelligenza,
prima o poi finiranno per condividere con gli umani anche passioni ed
emozioni. Perché dunque non potrebbero appassionarsi alla guida?
Fantascienza? Mica tanto, perché Kengoro, un automa sviluppato dal
laboratorio Johou Systems Kougaku (JSK) della scuola di
specializzazione dell'Università di Tokyo, sta proprio imparando a
guidare, con l'obiettivo di essere in grado non solo di accompagnare
a casa i suoi proprietari, ma anche di fornire assistenza ad anziani
e persone con disabilità in genere. L'automobilista robotico
utilizza la tecnologia sviluppata nel laboratorio di ricerca, mentre
il governo della città di Toyota ha fornito due siti pubblici per la
sua formazione. Secondo Masayuki Inaba, professore di robotica presso
l'ateneo di Tokyo, Kengoro potrebbe un giorno servire tanto come
autista quanto come assistente per disabili e anziani. "Ci vuole
un mese anche per un essere umano prima di essere in grado di guidare
una macchina", ha detto Inaba. "Il successo
dell'esperimento potrebbe portare allo sviluppo di un robot
multifunzionale che non solo possa guidare le auto ma anche offrire
supporto".Con i suoi 167 cm di altezza e 56 kg, Kengoro ha un
sistema muscolo-scheletrico simile a quello degli umani e può
muoversi agevolmente grazie ai 116 motori montati sul corpo. Questo
gli consente di guidare un'auto nello stesso modo in cui lo fa un
essere umano, ma con un notevole vantaggio di funzionalità rispetto
a una semplice auto con guida autonoma, dato che può essere usato in
uno spettro assai più ampio di compiti. Insomma, l'alternativa alle
auto self driving potrebbe essere un autista robotico,che può
offrire un'assistenza assai più completa in tutti i sensi. Senza
contare che potrebbe usare le auto così come sono oggi, senza
complicati sistemi aggiuntivi di visione e localizzazione. Quanto
alla interconnessione con gli altri utenti, un robot potrebbe
addirittura fare da hot spot. Forse il futuro delle auto autonome non
sarà così roseo.







A Bologna le custom by MILITEM









Al Motor Show di Bologna che apre domani ci saranno per la prima volta anche due modelli MILITEM, il pool monzese di personalizzazione di modelli americani creato da Cavauto. Si tratta di una Ram 1500 RX e di una Wrangler JIII, riviste e accessoriate con componentistica di rigorosa provenienza Usa e cura dei particolari artigianale all'italiana. La fiolosofia di queste personalizzazioni riguarda estetica e dotazioni, lasciando inalterate caratteristiche meccaniche e prestazionali delle vetture; piccole serie che, al di là della versione mostrata, possono essere ulteriormente personalizzate a richiesta dell'acquirente. Le due vetture presentate dispongono la prima, la Ram, del V8 Hemi di 5,7 litri da 401 CV e 555 Nm, alimentato a benzina e Gpl, la seconda, la Jeep, del V6 3,6 litri a benzina da 284 CV e 347 Nm oppure del turbodiesel 2.8 CRD da 200 CV e 460 Nm. Prezzi da 64.300 a 79.910 euro.

Porsche in 6 tempi

Una domanda di brevetto presentata negli Usa da Porsche porta nuovamente alla ribalta il ciclo a sei tempi, rivisto in chiave moderna. Mai c...