Vincere le battaglie, perdere le guerre. In questa frase sta un po' la nemesi della Germania, che potrebbe ripetersi anche con la scelta elettrica sulle auto.
Nell'unione europea la Germania è sempre stata il dominus, nel bene e nel male l'elemento traente. È inutile negare l'evidenza di una predominanza ahimè spesso ottusa e teutone in senso barbaro, nel novero di una tradizione che si pone pochi obiettivi da perseguire a ogni costo scelti putroppo (e non solo a volte) con scarse oculatezza e lungimiranza.
E con l'imposizione elettrica in campo automotive si può osservare la traslitterazione di quanto sostengo, una scelta suicida per l'industria in nome di un fanatismo ambientale che il governo (tedesco) attuale si ostina a perseguire per paura di perdere voti. In quest'ottica il fatto che la UE sia perfetta sincronia con questo percorso verso l'inferno non fa notizia, vista la dominanza di cui scrivevo prima.
Ma la realtà è sempre più forte della fantasia e oggi presenta il conto. Chiudere gli occhi di fronte all'impossibilità per industrie appartenenti a un sistema economico libero di essere competitive con quelle di un blocco unifofrme e dittatoriale con manodopera a basso costo ci sta portando verso la débacle del settore automobilistico europeo, ma soprattutto tedesco.
Thomas Schäfer, nuovo capo VW, durante la presentazione del suo team a inizio luglio ha detto chiaramente che oggi è in gioco il futuro del marchio VW, alle prese con costi elevati, un forte calo della domanda e una concorrenza cinese che si annuncia devastante.
Sarebbe il caso di invocare i dazi che un tempo si applicavano alle moto giapponesi, ma qui la questione è più complessa.
Innanizatutto é stata proprio la UE ad aprire le porte alla Cina con la scelta elettrica. Mi rifiuto di credere che le commissioni ristrette competenti non sapessero della penuria di materie prime in Occidente e non abbiano valutato l'impatto con la potenza produttiva di un colosso senza scrupoli.
Chi fa queste scelte deve valutare il quadro complessivo e la presunta tutela dell'ambiente (l'ambiente locale, viste le devastazioni inferte a Paesi esteri), che sappiamo tutti riguarda solo in minima parte l'automobile, non può e non deve portare a situazioni del tipo "L'operazione è perfettamente riuscita, ma il paziente e morto".
Il calo della domanda origina poi da un aumento enorme e spesso ingiustificato (se non dal volersi rifare dopo la pandemia) dei prezzi di vendita, che ha messo in crisi anche il ceto medio, principale sostenitore del mercato auto. Virare sull'alto di gamma è miope ed è un pannicello caldo che non può certo risolvere i bilanci dei produttori di massa
Se quindi, come dice Schäfer, "Il tetto è in fiamme", i pompieri sono impotenti, come lo sono nei confronti degli incendi di auto elettriche.
Un'analogia amara che dovrebbe far riflettere i vertici aziendali dei marchi europei; la parabola terminale del colosso telefonico Nokia incombe più che mai.