31 ottobre 2019

Brabham debutta a Brands Hatch con la Competition





La carriera della BT62 va avanti. La serie è stata completata già da tempo con la 70esima vettura costruita e venduta (a 1.3 Mio $), ma ora, in occasione della prima gara cui Brabham parteciperà come scuderia il mese prossimo a Brands Hatch, UK, il brand ha messo a punto un allestimento Competition che può essere adottato da tutti i clienti. La scelta complessiva è quindi ora tra Road Compliant (per dare lezioni un po' a tutti su strada), Ultimate Track Car (da pista) e la recentissima Competition, alleggerita di ogni particolare inessenziale per le gare.







L'auto è quindi priva di allestimento interno (solo nuda fibra di carbonio), di sedile del passeggero e di verniciatura, sostituita da una pellicola ultrasottile. Ha però il volante estraibile, i martinetti idraulici per il sollevamento rapido e i freni in carbonio. Brabham si impegna inoltre a dotarla di ogni sorta di wrap sponsorizzato che il cliente-pilota richieda. Il peso è quindi minore, non si sa di preciso di quanto. In compenso cala anche il prezzo (ma non erano già tutte vendute?), che scende a circa 900.000 dollari.







Resta comunque una delle auto pronto gare (o pronto strada) più entusiasmanti da guidare, rifatevi un giro nel caso ve lo siate scordato.

30 ottobre 2019

Di sicuro non da sola





Parlo di FCA e del prosieguo della sua storia industriale. Da parecchio assistiamo a proposte, endorsements, ipotesi di affinità elettive con altri costruttori, ma in fondo di certo c'è solo che il gruppo non ha intenzione (o non può più) continuare da solo. Dopo il fallimento della fusione con Renault, torna in auge quella con PSA, un balletto che, non avvenisse in un ambito nel quale conta solo il denaro e non la faccia, sarebbe quantomeno imbarazzante. Ma forse il mondo dell'auto è divenuto più affine di quanto non si pensi a quello di Hollywood.







Comunque i colloqui con Tavares sono ripresi e sono allo studio diverse ipotesi, dal semplice scambio azionario, che lascerebbe i due ad in posizione attuale nelle rispettive holding, a soluzioni più complesse che prevedano un puzzle dei diversi brand. In ogni caso l'interesse è reciproco, perché tanto FCA ha bisogno di un boost sul mercato europeo in declino quanto Peugeot di una testa di ponte per entrare su quello americano. Restano però parecchie incognite, mentre la miccia dell'accordo con Renault potrebbe non essersi ancora spenta. Materia mobile, insomma, mettendo in conto non ultima, la reazione del potente sindacato USA UAW, che ha appena terminato la prova di forza con GM (vincendola), e potrebbe replicare con FCA se l'accordo prevedesse tagli inaccettabili. Cosa cui sarebbe meglio pensassimo anche dalle nostre parti.

Renault va avanti con la Zoe RS







C'erano una volta le versioni sportive delle berline, la cui capostipite è indubbiamente la Golf GTI. I francesi si sono però allineati subito e tanto Peugeot quanto Renault hanno sfornato le varie GTI e RS ad accrescere le fila delle piccole supervitaminizzate. Ma l'avvento dell'era elettrica mette in crisi non poco il settore e conseguentemente l'annesso (pur piccolo) ambito di mercato. Il concetto di prestazioni è tutto da rivedere con le auto a batteria, perché l'elevata coppia subito disponibile rende già (volendo) le versioni base delle sportive. Un intero segmento che sfuma, quindi, viste le diversità delle newcomers. Renault però non intende mollare e così è decisa a lanciare sul mercato nei prossimi 3 anni la Zoe RS, che verosimilmente sarà molto simile alla e-sport vista nel 2017 (foto). La sfida è quella di trovare una chiave che dia ancora un senso a una RS, compito non facile in un mercato dove auto che sembrano berline per andarci a fare la spesa al supermercato (indovinate di quale parlo) hanno poi prestazioni da supercar. Sarà interessante vedere quindi la chiave estetica e meccanica del nuovo prodotto, ma soprattutto il suo posizionamento di mercato. Visti i prezzi attuali delle elettriche, potrebbe costare come una V8 yankee.

29 ottobre 2019

La prima moto di Aston





Metti che Aston Martin scelga di entrare nel settore moto. Logica vuole che trovi un marchio di appoggio, vista la sostanziale misconoscenza del segmento, ma dato il livello del brand occorre un partner all'altezza. L'Inghilterra negli anni '30 era piena di costruttori di motocicli, tutti più o meno skilled nella tecnologia dell'epoca; uno più di tutti spiccava però per raffinatezza ed esclusività delle sue realizzazioni: Brough Superior, definita allora la Rolls Royce delle moto.







Ecco quindi che l'accordo con la rinata fabbrica brit, che incidentalmente festeggia nel 2019 i 100 anni dalla fondazione e produce attualmente una SS 100 che riprende il nome dell'antenata, darà vita a una due ruote esclusiva al debutto la prossima settimana all'EICMA. Nessuna spifferata su caratteristiche e aspetto reale, solo un teaser. Ma Mark Reichman, leader della divisione creativa, ha dichiarato che la moto sarà in tutto e per tutto una Aston Martin, con il suo bagaglio di eleganza, raffinatezza e prestazioni.









Facile immaginare che il prezzo sarà in linea con quello delle automobili prodotte dal marchio italo/britannico ma si sa, noblesse oblige.

Doppietta racing da Lamborghini







In occasione dsella chiusura del Super Trofeo a Jerez, Lamborghini
annuncia una doppietta a sorpresa. Il debutto riguarda una Aventador
destinata unicamente alle piste, dotata di una versione del V12 di 6,5
litri da 830 cavalli, ambasciatrice di una possibile futura SVR a
chiudere la serie del motore aspirato più potente di sempre del marchio
di Sant'Agata. La vedremo nel 2020 in serie limitata, con la presa
d'aria sul tetto, cofano e coda modificati, quest'ultima con un largo
alettone, e l'immancabile roll bar. Sono stati installati un
cambio sequenziale da corsa Xtrack e un differenziale autobloccante
regolabile dal posto di guida; dotazioni che potrebbero essere condivise
dalla eventuale successiva piccolissima serie di SVR street legal.
Il V12 chiude quindi il suo ciclo produttivo: l'unità sostitutiva,
prevista per il 2022 equipaggerà una vettura ibrida plug-in e sarà
quindi dotata di assistenza elettrica, ma forse anche di
sovralimentazione, settore nel quale Audi, proprietaria del marchio, la
sa lunga.









Passerella anche per la Urus ST-X, prima Suv da competizione del
marchio e al mondo, dotata del V8 bi-turbo Audi e alleggerita con
particolari in fibra di carbonio: cofano con prese d’aria supplementari e
ala posteriore. La veste in verde Mantis riprende il colore racing della squadra corse, l'allestimento è quello per le competizioni. La prima gara è prevista nell’ambito delle World Finals 2020
di Misano Adriatico.

Sarà da vedere comunque se allora Lamborghini apparterrà ancora al gruppo VW, visti i rumors di una possibile cessione.








28 ottobre 2019

Ferrari brevetta il V12 a precamera







Uno dei problemi che i motori a benzina devono risolvere per prolungare la loro esistenza è quello del riscaldamento. La valutazione delle emissioni considera infatti anche la fase di avviamento ed è proprio in questi frangenti che si concentra la peggiore performance del propulsore. Il problema è tanto più avvertibile quanto maggiore è la cilindrata, perché un motore di grande cubatura si riscalda più lentamente, ambito che riguarda perciò particolarmente i costruttori di supercar, più o meno tutte con motori al di sopra di 4.000 cm3. Ferrari, che pur con le escursioni in ambito ibrido continua a ritenere il suo V12 un must di cui non si possa fare a meno anche nella produzione futura, ha brevettato un sistema per abbreviare l'andata a regime dei catalizzatori, soluzione che ricorda quella dei Diesel a precamera pre-iniezione diretta. 










Si tratta infatti proprio di una precamera dotata di candela d'accensione posta sopra il cilindro, nella quale la combustione avviene con maggiore escursione termica. Nella fase di avviamento la precamera lavora insieme al cilindro con un'ammissione separata e favorisce dunque la formazione di gas più caldi che mandano rapidamente in temperatura il catalizzatore. Di fatto è come se il motore girasse a regimi più elevati anche se viene mantenuto a basso carico, cosa questa necessaria a ottenere un riscaldamento graduale che riduca l'usura dei particolari. Al di là della valutazione tecnica, il brevetto mostra quindi implicitamente quanto Ferrari abbia intenzione di mantenere in produzione il suo V12, icona che potrebbe sopravvivere all'elettrificazione di massa anche nel suo esclusivo settore.









Le Shelby presto anche in Italia











Una bella notizia per i nostalgici del bel tempo che fu e soprattutto
per gli amanti delle muscle car a stelle e strisce. Il Gruppo Cavauto
che tra l’altro cura la distribuzione nel nostro Paese del marchio
Cadillac, aggiunge al suo portfolio un altro brand americano,
diventando l’importatore unico per l’Italia della Shelby. L’accordo
siglato con Shelby Europe permette al gruppo italiano di vendere e
garantire la manutenzione delle celebri supercar preparate nella factory
fondata dal leggendario pilota Carroll Shelby. Shelby America è una
Divisione della Carroll Shelby International Inc ed è un marchio per
l’appunto specializzato in performance car, nato per fornire auto e
accessori capaci di garantire emozioni e una guida adrenalinica.
L'azienda è nata nel 1962, grazie alla passione di Carroll Shelby, uno
dei più celebri piloti di auto da corsa americani. La sua vittoria più
eclatante è quella nella 24 ore di Le Mans del 1959 in coppia con Roy
Salvadori. 










Shelby Europe è stata fondata nel 2016 dalla società GU Auto Trade B.V., con sede in Olanda, mentre la sede produttiva è negli stabilimenti del partner tecnico Magna in Austria. In tal modo Shelby Europe è entrata nel mercato continentale con le Mustang Super Snake e GT/GT-H, e con il pick-up F-150 in diverse versioni. I prodotti per l’Europa sono costruiti con specifiche dedicate al mercato Europeo e ne rispettano le normative di omologazione. Tutte le vetture hanno una numerazione di telaio Shelby e la garanzia di 3 anni o 100.000 km.




L’abbiamo scritto all’inizio: per gli appassionati è una bella notizia. Un po’ controcorrente, certo, ma è un pur sempre una lieta novella. Non vi pare?



25 ottobre 2019

Manca poco alla Mustang elettrica





A maggio parlavo del sacrilegio Ford: una Mustang elettrica. Ora la data d'esordio è stata fissata al prossimo 17 novembre al salone di Los Angeles. Per essere più precisi, la Suv che sta per debuttare non è realmente una Mustang ma si ispira ad essa, anche perché la struttura a pianale alto è l'unica adatta a ospitare gli accumulatori odierni che richiedono un circuito di climatizzazione. Ford ha fatto filtrare qualche dato:autonomia di 480 km, superiore quindi sulla carta alla concorrenza prestazionale, e accelerazione da cardiopalmo, caratteristica peraltro ampiamente condivisa da ogni auto elettrica. A questo riguardo, mi sembra che se si andrà avanti così occorrerà richiedere agli acquirenti quantomeno un test da sforzo prima di vendergli l'auto, dato che se i tempi si stabilizzano tutti sotto i 2 secondi per lo sparo da fermo a 100 orari, il cuore potrebbe patirne le conseguenze in caso di lanci ripetuti.







Battute a parte, per garantire un range operativo ragionevole alle sue elettriche di cui la Mustang (chiamiamola così) è la prima, Ford  annuncia un accordo con le unità di ricarica esistenti sul territorio che si chiama FordPass e consente agli utenti di disporre di 12.000 colonnine sul territorio, incidentalmente però più che altro nei centri urbani. In aggiunta ci sono due anni di ricarica gratis. Aspettiamo il salone californiano per i commenti.

24 ottobre 2019

Donkervoort spakka con la JD70





Da quando Lotus ha smesso di produrle è stata Donkervoort ad averne preso il posto. Parlo delle Seven, o meglio delle sue repliche che la Casa olandese costruisce praticamente immutate dal 1978. Nel corso degli anni, comunque, qualcosa è cambiato e attualmente la D8 è costruita con motori Audi. In mancanza di un anniversario automobilistico da festeggiare, il marchio ha deciso di celebrare invece con una edizione speciale della D8 GTO, la JD70, quello del fondatore Joop Donkervoort, che ha appena passato la soglia dei 70.







Queste repliche, che si rifanno alla filosofia inglese delle auto in scatola di montaggio, sono del tutto fedeli all'antico originale e hanno nella tradizionale metodologia costruttiva Lotus del peso ridotto all'osso il loro atout, caratteristica che regala, insieme alla limitata altezza da terra e alle ruote praticamente scoperte, sensazioni da pista che nemmeno le più prestazionali supercar sanno dare.







Ma la JD70 aggiunge ai meno di 700 kg di peso il punch di 415 CV cavalli, che la rendono capace di accelerazioni laterali da oltre 2G, di progressioni longitudinali di 1,02G sul dritto e di frenate a 1,65G, il tutto con i pneumatici di serie, peraltro dei semi-slick; roba da fare invidia alle centrifughe per allenare gli astronauti. Ne faranno solo 70 e al prezzo di 163.636,36 euro (sì, anche i centesimi) più iva, tutte con motore Audi 2.5 turbo a 4 cilindri, cambio manuale a 5 marce, sospensioni regolabili, differenziale autobloccante e roll bar, precauzione quest'ultima davvero necessaria per un peso piuma che fa lo 0-100 in 3 secondi e raggiunge i 274 km/h. Certo, per apprezzarla a fondo occorre essere degli fan dei track day, ma sono certo troverà un posto di rilievo nel mondo popolato da Ariel Atom e Ginetta.

Hyundai fa il record a Bonneville





Un record a Bonneville richiama l'immagine romantica di Hopkins nel film Indian. Ma da molto tempo a usare la superficie del lago salato non sono tanto dilettanti coraggiosi quanto ingegneri e tecnici con strutture di appoggio high tech. E la passione (più commerciale che istintiva, a dire il vero) per i record è viralmente traslata anche in Asia, prova ne sia il team Hyundai, che il mese scorso ha piazzato le tende per conquistare primati nei segmenti delle auto a fuel cell e ibride. Le auto coinvolte sono una Nexo a idrogeno e una Sonata, alla guida un esperto dello sviluppo motori di Hyundai Usa, Dean Schlingmann.











Preparate per lo sparo con ottimizzazione aerodinamiche e
sistemi di sicurezza racing, le due vetture hanno raggiunto
rispettivamente 106,160 e 164,669 mph, corrispondenti a 170,81 km/h e 264,95 km/h;
valori in attesa di certificazione e omologazione da parte della FIA.
Caspita, mi viene da dire.








In termini assoluti non mi sembrano numeri da strapparsi i capelli, ma evidentemente le auto a fuel cell
sono parecchio indietro quanto a prestazioni, perché qualunque vettura
convenzionale con 163 cavalli i 200 li prende senza troppa fatica.











Passando poi alla Sonata, considerato che il lavoro di preparazione ha coinvolto addirittura una specifica elaborazione del propulsore e l'installazione dell'iniezione di protossido di azoto, oltre alle ruote lenticolari e all'abbassamento delle sospensioni (c'è pure il paracadute!), 265 orari non paiono esagerati. Ma forse nell'ambito di propulsioni new age si torna a valori più umani delle prestazioni e in un certo senso al più puro spirito dei record a Bonneville. Meglio così?

23 ottobre 2019

La Levorg torna al turbo





Se dico Subaru Legacy Revolution Touring pensate a un nuovo modello? Eh no, sono invece i termini dal cui acronimo a incastro è nato il nome Levorg, la station sportiva del marchio. Sportiva però, a dire il vero era solo la prima serie, quella del 2015, perché a seguito di un ripensamento produttivo la Casa ha fatto fuori, oltre ai Diesel, pure i turbo a benzina, fatta eccezione per le poche WRX di fine serie.









La Levorg attuale monta infatti un aspirato 2 litri da 150 CV, che non è però paragonabile al turbo 1.6 da 170 adottato in precedenza. Al salone di Tokyo arriva invece il nuovo modello, dotato di un inedito motore di 1.8 litri turbocompresso a iniezione diretta. Lo scambio azionario/economico di settembre con Toyota deve aver infuso nuova energia nel marchio delle Pleiadi, che ora sembra tornare sulle decisioni prese in precedenza con questa unità, della quale non sono stati rese note le caratteristiche ma che rumors vedono impiegata anche per le future WRX STI in versione spinta. Pur nella scarsezza di info a riguardo, si sa però che il motore adotta una tecnologia a miscela magra per unire bassi consumi (storicamente non proprio minimi) a una forte coppia motrice.









Dal canto suo l'auto mostra un nuovo telaio dotato di maggiore rigidità e l'ultima versione del sistema Eye Sight a doppia telecamera, che integra ora anche quattro sensori radar e una mappatura ad alta definizione del navigatore per fornire un monitoraggio completo di ciò che circonda l'auto. Il cambio dovrebbe essere ancora il Lineartronic a variazione continua; la trazione... è il caso di chiederlo?

Niente escargot, siamo Aussie





Gli australiani non amano le lumache,  quantomeno quelle europee. Accade infatti che cinque spedizioni di auto Mercedes-Benz destinate a Down Under, per un  totale di 900 vetture, siano state riscontrate infestate da un discreto numero di lumache nostrane. Non è del tutto chiaro se i lenti gasteropodi amino particolarmente le vetture della Stella, forse attratte dai materiali naturali impiegati per gli interni, oppure i ponti delle navi. In ogni caso hanno fondato una piccola colonia che è cresciuta durante il lungo tragitto via mare. Le autorità portuali australiane hanno così scoperto l'infestazione durante uno dei loro abituali rigidissimi controlli destinati a proteggere il fragile ecosistema continentale e hanno subito messo in quarantena le navi. Poi, timorosi che le pervicaci lumache potessero comunque, seppur letargicamente, infestare il Paese, hanno deciso di rimandare le navi in Belgio, da dove erano partite. Ora Mercedes dovrà occuparsi di disinfestare le vetture e per maggiore garanzia, mentre l'armatore provvederà alla sterilizzazione delle navi, opera quanto mai difficile, dovrà imbarcare tutte le auto all'interno di container, con un deciso aumento dei costi.







Non per fare i piccioso, ma forse dovremmo essere altrettanto rigidi con le importazioni di beni dall'area australe: le brown marmorated stink bugs, le cimici orientali che stanno distruggendo i raccolti europei, provengono proprio da lì.

22 ottobre 2019

Toyota pensa agli anziani





Italia e Giappone hanno un problema comune, l'invecchiamento della popolazione. La tradizionale propensione a pianificare dei jap eclissa però in campo automotive (e non solo) la pigrizia nazionale: al salone di Tokyo che si apre a fine settimana Toyota mostra la sua nuova linea di veicoli elettrici pensati per garantire la mobilità in ogni fase della vita e particolarmente in quelle più avanzate.











La vetturetta si chiama Ultra-compact BEV e sarà in vendita dal prossimo anno sul mercato nazionale. Appartiene a una gamma che comprende anche una vecchia conoscenza, il tre ruote I-ROAD che debuttò nel 2014, cui si aggiunge pure l'ultracompatta a due posti (di cui non è ancora stato diramato ufficialmente il nome) in versione destinata al business, sorta di ufficio mobile connesso e funzionale.











Ai tre veicoli propriamente detti si aggiungono poi le soluzioni più specifiche per mobilità particolari, la sedia motorizzata, il monopattino a tre ruote e il sistema di trazione per sedie a rotelle, che debutteranno entro il 2021.







Le velocità massime dei veicoli vanno dai 6 km/h di quelli destinati ai percorsi pedonali ai 60 km/h di quelli stradali, con autonomia di 100 km che scende a 60 per l'i-ROAD e ricarica in tempi da 3 a 5 ore con la rete di casa.







Toyota pensa anche alla sostenibilità dell'intero progetto elettrico. Il diagramma di flusso qui sopra schematizza infatti il ciclo di sviluppo e uso dei veicoli, che termina però con quella che in larga parte, anche per i previdenti jap, è ancora un'incognita: il riciclo degli accumulatori, la cui fattibilità in termini concreti è ancora da valutare e stabilire sia dal punto di vista del riuso, sia da quello dei necessari smaltimenti.

21 ottobre 2019

Ibride anche nel turbo







Mentre la battaglia tra motori tradizionali e a batteria instilla nella gente poco avvezza a termodinamica e rendimenti l'idea che le auto elettriche siano la panacea per l'ambiente, prosegue comunque lo sviluppo dei motori a combustione, che ci accompagneranno ancora per decenni con quote di mercato prettamente prevalenti. Oggi lo sviluppo verte principalmente sui motori turbocompressi, allo scopo di ridurne il consumo specifico e, tradizionale tallone d'Achille, il ritardo di risposta. I due filoni sono però in opposizione: per ridurre il lag occorre infatti montare turbine di piccola dimensione (e inerzia), mentre per aumentare il rendimento la pressione di sovralimentazione dev'essere maggiore, ergo il diametro della girante. L'uso di turbo a geometria variabile aiuta, ma la tecnologia è adattabile più che altro ai Diesel. mentre le elevate temperature dei gas di scarico dei benzina implicano l'uso di chiocciole in Inconel (lega assai costosa) e ne limitano quindi l'uso a pochi modelli di pregio come la Porsche Turbo.





Da un paio d'anno si affacciano però sul mercato anche turbo elettrici come l'e-booster della Borg Warner o sistemi di pre-accelerazione ad aria compressa come il Power Pulse di Volvo. In entrambi i casi si tratta però di aggiunte al sistema di alimentazione del motore, che ne aumentano complessità e costo.







L'ideale sarebbe quindi compattare nel turbo stesso tutto quanto, quello che Garrett propone oggi con l'e-turbo. Si tratta in pratica del lancio sul mercato della stessa soluzione adottata in F1: un turbocompressore che incorpora un motore elettrico che accelera la girante a basso regime eliminando così il lag e permettendo l'uso di una girante di maggior diametro che eroghi una altrettanto maggiore pressione. Quindi più rendimento e meno ritardo, l'uovo di Colombo. Inoltre l'avvolgimento può anche recuperare energia nelle fasi di rilascio, integrandosi così nel sistema ibrido che diventerà di default sulle prossime auto..







Il lancio è previsto nel 2021, sempre che per allora la benzina sia ancora disponibile. Con i colpi di testa danesi non si sa mai... 

18 ottobre 2019

Tesla e la planned obsolescence





Costruire con la tecnologia dei computer le auto porta inevitabilmente agli stessi problemi di failure e blocchi cui vanno soggetti questi ultimi. E' quello di cui si sta accorgendo Tesla, le cui vetture sono sempre più soggette a malfunzionamenti relativi ad hardware e software come nei PC. Il fatto che l'azienda di Musk debba correre a un ritmo produttivo infernale per tenere in piedi la baracca, costantemente a rischio di chapter eleven, fa sì che su tutta una serie di problemi tecnici si sorvoli allegramente, lasciando ai clienti l'onere dei fermi auto. Se infatti un'auto elettrica ha bisogno solo raramente di interventi meccanici nel corso della vsua vita, non è altrettanto lifetime la durata dell'hardware, specie se viene sollecitata oltremisura da software scritti di gran carriera.







Il problema recente riscontrato da molti Tesla owner è quello di display che diventano neri e dell'inaccessibilità di una serie di accessori a comando touch. Ma gli Usa sono pieni di gente che si dà da fare e così un esperto di riparazione di computer ha scritto alla Casa facendo notare che le memorie flash utilizzate non sono all'altezza del numero di log che il software gli infligge. L'eccessiva scrittura dei file di registro provoca infatti la prematura usura del dispositivo, generalmente progettato solo per alcune decine di migliaia di cicli di scrittura. La memoria flash inizia quindi a non funzionare più e quando le scritture non possono più essere completate anche alcune parti del firmware potrebbero diventare illeggibili, portando a un cattivo funzionamento o al completo guasto dell'unità di controllo, a un blocco dell'auto, in soldoni.







A seguito del tweet dell'esperto, Musk ha risposto in prima persona che le cose dovrebbero andare meglio ora, ma la replica è stata l'individuazione dello stesso problema su auto con due settimane di vita. Il fatto è che il problema in genere si manifesta proprio a fine garanzia, scaricando così il costo della sostituzione (che può arrivare a quasi 4.000 $) sui clienti. Ma le sette hanno i loro costi, no?

Anche quello dell'obsolescenza programmata, baby.

17 ottobre 2019

AMG fa fuori i V8





Uno scandalo, roba da stracciarsi le vesti. Rumors molto concreti parlano per la prossima C63 AMG dell'uscita di produzione dei motori V8 a vantaggio di un'unità ibrida a 4 cilindri. Non ho parole. La decisione segue con ogni probabilità l'intento di Mercedes di rientrare nei limiti di emissione di gamma ma, anche se i V8 resteranno in produzione per altri modelli, è di fatto la fine di un'epoca, quella di una delle berline sportive più gratificanti. Non venite a parlarmi di riduzione di peso (il 4 cilindri pesa 48,5 kg meno dell'otto) e di incremento di coppia (fino a 750 Nm). Sappiamo tutti che quest'ultima con le ibride è ballerina, dipende dallo stato di carica delle batterie e se ti fai un bel misto veloce a manetta dopo pochissimo addirittura si riduce perché devi ricaricarle. E se il peso è così importante come la mettiamo con i carri armati elettrici?







No, non sono d'accordo; il vizietto del 4 cilindri Mercedes non l'ha mai perso, se ricordate le Serie S di cinque anni fa con il 2.2 da 204 CV. Ma qui non si tratta solo di efficienza, c'è di mezzo la passione. Non so voi, ma se comprassi una AMG lo farei anche per la sua straordinaria voce, quel tuono che ti risuona nello stomaco che è ormai una leggenda. Nessun 4 in linea può reggere il confronto. E pur se ingegneristicamente un 2 litri da 420 CV e 500 Nm con l'aggiunta di una struttura ibrida leggera è un bel progetto, non è nemmeno lontanamente paragonabile alla possanza di un V8. Un altro chiodo sulla bara delle auto come le conosciamo? Probabilmente sì, non ci resta che piangere.

15 ottobre 2019

Manovre a rischio con la I-Pace









Vi ricordate il test dell'alce? Sì, quello che nel 1997 mise in crisi nera la Mercedes con Classe A e smart, in pratica la prova di evitamento di un'ostacolo improvviso, che fuori dalla Scandinavia e meno aulicamente potrebbe essere semplicemente un pedone che attraversa la strada all'improvviso. Beh, a volte ritornano. Un sito spagnolo km 77, ha organizzato il test su un circuito di prova con la Jaguar I-Pace e il risultato, ben lungi comunque dal giungere al ribaltamento come nel caso citato, non è ottimale quanto a sicurezza. Qui il problema nasce dall'ESP, proprio quello che invece risolse il problema per la Classe A. In seguito alla manovra improvvisa, infatti, il controllo di stabilità interviene agendo con forza sulla ruota anteriore esterna alla prima curva percorsa dall'auto, quella di evitamento dell'ostacolo, bloccandola per qualche metro. Ciò determina però un sottosterzo che riduce l'efficacia della successiva sterzata, quella di rientro in corsia, con il rischio di un frontale, seppur offset, con chi proviene in senso contrario. Un risultato non ottimale, quindi, anche se la massa delle batterie nel pianale conferisce una notevole stabilità complessiva alla scocca, che non mostra rollio né perde aderenza al retrotreno. In effetti è proprio il peso elevato, 2.208 kg, il problema: gli pneumatici devono contrastare una notevole inerzia e le azioni dell'Esp devono essere molto incisive per determinare i momenti voluti dalla centralina di controllo. Non è quindi soltanto una questione di tarature, ma di masse in gioco. Un problema da tenere in debito conto con il salire delle prestazioni; a questo proposito sarebbe interessante esaminare i risultati del test su Tesla e Porsche.

14 ottobre 2019

E' anglo-svedese l'elettrica low cost





















La Svezia è un grande Paese con pochi abitanti ma un consolidato know how in campo auto e una naturale vicinanza allo UK. Non c'è da stupirsi quindi che progetti di automobili innovative come la Uniti One nascano in Scandinavia ma vengano realizzati in Inghilterra; nel caso specifico le sedi sono Lund e lo stabilimento di Silverstone Park, quella del GP. La Uniti One apre la strada dell'elettrico low cost dato che nel Regno Unito ne è prevista la vendita a poco più di 15.000 sterline, circa 17.000 euro al cambio odierno (comprendendo però la sovvenzione governativa). Della Uniti One sono previsti diversi livelli di allestimento: le entry-level da 12kWh hanno un'autonomia di 155 km, che salgono a 300 con l'opzione da 24kWh. La
batteria più grande può essere caricata dal 20% all'80% in 17 minuti con una colonnina da 50 kW; ne occorrono solo 9 con l'accumulatore più piccolo. La trazione viene da un motore da 68 CV che agisce sulle ruote posteriori e la vettura raggiunge i 120 km/h, mentre copre lo 0-100 in 9,9 s e lo 0-50 in 3,3; il peso è di 600 kg e lo spazio per i bagagli di 155 litri, che salgono a 760 ribaltando i sedili dietro. L'abitacolo
(che ricorda il taxi di Total Recall) accoglie tre persone con il guidatore in posizione centrale; il volante è affiancato da due touchscreen gestiti da AndroidAuto e controllano la maggior parte
delle funzioni. La direzione di marcia si
seleziona con singoli pulsanti sul cruscotto. Niente
chiave, si usa un'app sullo
smartphone. La società ha già all'attivo 3.000 ordini, bloccati con una caparra di 149 sterline, meno di 170 euro. Consegne dall'anno prossimo; speriamo non faccia la fine della Dyson car.

Solo inutili o anche pericolose?

I test di guida autonoma proseguono tra difficoltà tecniche, indagini, e trascurabile impatto economico. C'è da domandarsi se si tratti ...