25 febbraio 2019

Dalla Sixteen alla Sixty le auto degli emiri











Il marchio Devel è associato nell'immaginario visceralmente portato all'esagerazione senza senso tipico degli emirati arabi alla Sixteen, mostruosa hypercar da 5.000 CV la cui produzione è in bilico, tra il ritiro della Manifattura Automobili Torino dal progetto e un ridimensionamento alla versione da appena 2.000 CV per non perdere completamente la fiducia degli investitori. Sembra anche gli ingegneri debbano gestire un  problema di surriscaldamento dell'unità a 16 cilindri da 12.300 cm3 quando la vettura si trovi nel traffico. Ma la Devel ha un'altra freccia al suo arco. Si tratta della Sixty, un veicolo che più diverso dalla Sixteen non potrebbe essere. E'infatti una poderosa Suv a 6 ruote, con un look a metà tra i militare e il veicolo da esplorazione per Marte. La scelta per il propulsore è diametrale rispetto alla supercar: qui si impiega infatti un V8 turbodiesel dal 6,7 litri che eroga 700 CV. La velocità massima è limitata a 160 km/h, ma i 100 si raggiungono in 5,8 secondi, mentre la trazione è 6x6 a specifiche militari, con assali a portale, controllo della pressione degli pneumatici e sospensioni indipendenti. All'interno c'è posto per 6 o 7 e ogni comfort visto che l'allestimento è a richiesta del cliente; per rendere poi inarrestabile la Sixty ci sono due display night vision, anteriore e posteriore e due verricelli, mentre è previsto un sistema con chiamata satellitare per il recupero d'emergenza che secondo il costruttore non ha limiti territoriali. Nessun accenno al prezzo aggiornato (prima era di 450.000 $) né ai costi dell'abbonamento al servizio di recupero, che deve costare come un appartamento a Manhattan. Ma c'è chi può, no?

Anche elettrica la Peugeot 208

































La nuova Peugeot 208 debutta ufficialmente al salone di Ginevra con
la piattaforma modulare CMP riservata alle vetture di segmento B e C,
definita multi-energia perché permette la scelta tra motorizzazione
termica o elettrica: sono previste infatti le versioni PureTech 75 S&S, 100 S&S e 130 S&S a benzina, la BlueHDi 100 S&S turbodiesel e la e-208 a batteria. Tutte condividono l'alleggerimento della scocca di 30 kg e il miglioramenti di aerodinamica e rendimento meccanico, ma la vera novità è ovviamente la versione elettrica. Dotata di un motore da 100 kW con coppia allo spunto di 260 Nm, ha un'autonomia fino a 340 km grazie al pacco di accumulatori al litio da 50 kWh garantito 8 anni a 160.000 km, la cui ricarica è gestita dal sistema di raffreddamento della vettura per garantire la stabilità dei parametri di funzionamento; con ua centralina da 100 kW si ottiene l'80% della carica in 30 minuti. Il recupero energetico in rallentamento è regolabile, mentre particolare attenzione è stata posta alla climatizzaioine, tipico tallone d'Achille delle elettriche: sono presenti infatti una resistenza da 5 kW per il riscaldamento che agisce con una pompa di calore e i sedili riscaldabili, mentre l'intero sistema è azionabile da remoto con l'app MyPeugeot. Dal vivo presto.

Un po' meno stellari i costi delle gare Usa





I costi delle competizioni motoristiche sono altissimi, segno di un business che si è evoluto sulla base di speculazioni sempre più forti che hanno portato l'intero ambiente a fronteggiare cifre da capogiro. Esulando dal prezzo del veicolo, un piccolo di 7 anni che vuole iniziare con il kart deve (la sua famiglia ovviamente) mettere in conto per la prima stagione una trentina di migliaia di euro, che andranno a crescere fino a 40-45.000 nei due anni successivi se si mostra competitivo. Gli sponsor arrivano solo dopo che hai mostrato di valere qualcosa, quindi all'inizio sono tutti costi vivi. Ma salendo via via fino alla F1 i prezzi diventano stellari. Liberty Media ha stabilito una entry fee minima di 546.133 $ per la stagione 2019, cui sommare 5.459 $ per punto acquisito nella stagione precedente, tranne Mercedes che deve pagare 6.553 $ a punto. Così quest'ultima sgancia quest'anno 4,8 milioni di dollari, Ferrari 3,6, Red Bull 2,8 e giù fino a  alla Williams, che se la cava con 584.000 $. Tutto ciò solo per partecipare, poi ci sono i costi di sviluppo dell'auto (un conto a parte) e quelli relativi alle gare e al carburante, che arrivano a 300 milioni, di euro, non di dollari. Il carburante. Già, perché non è proprio lo stesso che si acquista alla pompa sotto casa, tanto che il totale, tra benzina e materiali di consumo arriva a 4 milioni l'anno. Un litro di benza F1 costa tra 15 e 21 euro al litro, ma i costi se li assume lo sponsor. E' interessante però guardare anche Oltratlantico per vedere se se cose vanno così anche dalle loro parti. Beh, sui costi vivi probabilmente sì, ma sul carburante la differenza è notevole. Un gallone di IMSA E 100 che si usa per le touring car sta a 12.90 $/gallone, che fanno 3,41 al litro, 3 €/litro. Un gallone di IMSA E20, usata dai DPI, i Daytona Prototipe, praticamente delle LMP2 secondo la classificazione Le Mans, 14.60 $/gallone, 3,86 $/litro pari a 3,39 €/litro. Considerato che in strada la benzina costa 3 $/gallone, 0,79 $/litro, 0,69 €/litro (un filo più del gpl, ma tanto noi abbiamo le elettriche, no?) è parecchio di più ma nulla rispetto ai costi europei. Quindi in Usa correre è alla portata di tutti? No, certo, ma si può fare, mentre qui 90 su 100 anche se sei un talento sei out. A meno che non siano quelli della parabola...

22 febbraio 2019

Polestar 2 in arrivo next week

























Seguendo l'esempio di altri costruttori, nel 2017, Volvo ha separato
nettamente la gestione della sua divisione prestazionale Polestar, che
nata nel 1966 come scuderia è ultimamente evoluta come brand
realizzatore di prestazionali vetture elettriche. La prossima settimana
verrà presentato il secondo modello, Polestar 2, e un sito dedicato (https://www.polestar.com/cars/polestar-2) fa il conto alla rovescia fino al 27 febbrario per dedicarsi successivamente alle specifiche della nuova auo. Si tratta di un'auto di media taglia che si rapporta al segmento della Tesla Model 3, che dispone di un motore della potenza di 400 CV e che promette un'autonomia attorno a 480 km; ulteriori dati tecnici da acquisire più avanti, speriamo. Il range di prezzo di questa nuova vettura dovrebbe collocarsi più in basso rispetto alla Polestar 1 da 155.000 $ e gravitare quindi attorno ai 40.000, circa 35.000 €. Seguendo poi una politica alla Musk, l'auto dovrebbe essere presto prenotabile online versando una caparra, a fronte di una produzione che inizierà nella seconda metà dell'anno in corso. Come ogni elettrica che ambisca alla fascia alta del mercato, la Polestar 2 strilla qualche novità in ambito infotainment: nel caso la prima applicazione di un nuovo sistema di gestione firmato Android, che farà qui il suo debutto.

Kia vuole spakkare in elettrico





Kia si è sempre distinta dalla owner Hyundai per lo stile, forte di un centro di design a Francoforte che ha dato un'impronta personale e d'impatto alle proprie vetture. Al salone di Ginevra che si apre la prossima settimana intende trasferire questo concetto anche nella new age dell'automobile, quella elettrica, con una concept a batterie che produca un effetto simile a quello che la Stinger ebbe sul segmento più tradizionale. Per ora abbiamo solo un teaser, ma le premesse sono di un design che colpisca il lato più emozionale e susciti un'idea dinamica della guida. Dal vivo next week.

La California leva il guinzaglio





La California è famosa per le prese di posizione nette e decise sul fronte ambientale e in genere su una visione avanzata dei trasporti; questa volta però il nume ispiratore della nuova proposta di legge potrebbe essere semplicemente la libertà. Libertà di godersi un'automobile e libertà di lanciarla come si deve, visto che si tratta di abolire il limite di velocità su due autostrade, la Interstate 5 e la State Route 9. La cosa, come sempre, è più complessa di quanto sembri a prima vista. E' stata introdotta infatti una nuova tassa sulla circolazione per finanziare la costruzione di due corsie addizionali sulle highway citate, con il proposito di ridurre le emissioni di gas serra dovute alla concentrazione nelle areea urbane causata dagli ingorghi che le affliggono giornalmente. Sulle due corsie addizionali il limite di velocità sarebbe abolito mentre rimarrebbe in vigore a 65 mph sulle altre; in questo modo la maggiore velocità renderebbe più veloce il transito con minori concentrazioni locali di inquinanti. Un assunto all'opposto di quanto i geni della viabilità locale italiana ritengano; assistiamo infatti periodicamente a riduzioni della capacità degli assi di transito urbani e suburbani in virtù dell'assioma bassa velocità= meno emissioni; peraltro tutto da dimostrare quando le code sono stanziali. Si tratta di una proposta, non ancora di una direttiva, ma sarebbe interessante vederne gli effetti pratici, soprattutto in uno stato sinora decisamente repressivo nei confronti dello speeding. Anche perché finalmente si potrebbe fare il paragone anche con un altro ambito autostradale oltre a quello abituale (e felice) della Germania.

21 febbraio 2019

Musk e le contraddizioni della tecnologia



Che scienza e tecnica siano piene di contraddizioni è un fatto acclarato. Se hai tanto di questo in genere hai poco di quell'altro, non esiste una soluzione aurea e vale in tutti i campi. Anche in quello elettrico e in particolare nel settore dei sistemi di accumulo, problematica con la quale il tycoon dell'auto elettrica Elon Musk si sta fronteggiando di questi tempi. Musk è abituato a cavalcare la tigre ma ultimamente una serie di nodi sta andando al pettine: non riesce a costruire abbastanza Model 3 da ripianare i conti, non riesce nemmeno a entrare nel segmento delle auto di grande diffusione perché i prezzi della suddetta non scendono. E le grandi Case stanno arrivando, pronte a sottrargli quel mercato che finora la sua esclusività gli ha garantito. Con la sua naturale tendenza al rilancio per evitare il presente, il nostro ha quindi rivolto l'attenzione a nuovi modi di accumulare energia e in particolare ai supercondensatori. Su questo argomento periodicamente si scrive descrivendo i device come la soluzione finale per l'auto elettrica, ma le cose non stanno proprio così. Innanzitutto la densità energetica di un supercodensatore, o meglio di un ultracondensatore, la tipologia più nuova e avanzata, non è ancora paragonabile a quella di una batteria  al litio. Poi occorre gestire l'intrinseca tendenza di un condensatore a scaricare di colpo tutta la sua carica, producendo nel caso specifico un arrosto di auto e occupanti. Per contro si ricarica in un attimo, accetta tensioni altissime, data la sua bassa resistenza interna, e costa pure meno di una batteria. Di qui il dilemma del capo di Tesla (gabole a parte è ancora lui): è il caso di investire pesantemente nei condensatori a scapito degli accumulatori al litio per ottenere un netto vantaggio sui suoi competitor? Da un lato un sistema orami ben noto il cui (lento) sviluppo è tracciato; dall'altro un nuovo corso che potrebbe dare una svolta al settore e fare la differenza, ma con molteplici incognite, compreso un possibile fallimento su larga scala. Nel dubbio Musk si è comprato la Maxwell, storica azienda del settore; un'idea, quindi, se l'è già fatta.

20 febbraio 2019

Anche Honda lascia la UK





Si conferma il trend a mollare il colpo in Gran Bretagna. Dopo Nissan, che ha spostato in Giappone la linea della X-Trail, anche Honda annuncia una pesante ristrutturazione dell'impianto di Swindon, che attualmente realizza le Civic e le Type R con una cadenza di 150.000 vetture l'anno. Nel 2021, anno di fine evoluzione del modello attualmente il listino, la linea verrà spostata, dove ancora non si sa, anche se rumors parlano di una ricollocazione in America, con le opzioni dello stabilimento di Alliston, Ontario, Canada, oppure Greensburg, Indiana, Usa, già operativi con altri modelli del marchio. Ma c'è anche la possibilità di un trasferimento in Messico, ove Honda ha all'attivo due impianti. Secondo la dichiarazione ufficiale, comunque, lo spostamento non ha nulla a che fare con la Brexit, anche se il timing è oggettivamente sospetto. C'è però da registrare che per la stessa data è prevista anche la chiusura dell'unità produttiva sita in Turchia, che produce le Civic berlina. La chiusura di Swindon cancellerà 3.500 posti di lavoro.

19 febbraio 2019

Pedoni sempre più a rischio





La recente proposta da parte della Commissione Economica per l'Europa delle Nazioni Unite (cui finora hanno aderito 40 Nazioni) di far sì che tutte le auto immatricolate dal 2020 siano fornite di un sistema di frenatura automatica fa riscontro a un netto aumento degli incidenti coinvolgenti i pedoni negli ultimi 10 anni. Auto elettriche e a guida autonoma non sembra giovino alla sicurezza di chi cammina e dall'altra parte dell'Atlantico se ne sono già accorti, vista la pubblicazione di Dangerous by Design 2019, un rapporto sulla sicurezza globale delle strade stilato dalla National Complete Streets Coalition. Dal 2008 al 2017 le fatalità riguardanti i pedoni sono cresciute del 35,4% un aumento netto che è causato da una serie di cambiamenti nel modo di muoversi e nelle abitudini personali. La distrazione alla guida causata dagli smartphone, così come quella indotta dagli stessi nelle mani di chi cammina è al primo posto tra le cause di rischio, ma anche la diffusione dei Suv a scapito delle auto di minori dimensioni ha reso gli impatti più micidiali. Anche l'immigrazione è un fattore di rischio, perché chi vive in
condizioni di indigenza ai limiti dei centri urbani ha la necessità di muoversi anche sui bordi delle strade a grande
scorrimento, in gravi condizioni di rischio. Le soluzioni proposte per invertire la preoccupante tendenza sono di segnalare meglio gli attraversamenti pedonali e di prevedere percorsi dedicati nei piani urbani ed extraurbani di rinnovo stradale, oltre a mettere in atto campagne di informazione che spingano chi si muove a piedi a usarli, evitando attraversamenti randomici che costringono chi guida a tenere d'occhio diverse direttrici con il rischio di perderne di vista qualcuna proprio nel momento peggiore.

Dal distributore di carburante a quello di auto











Citroën torna alle origini. Niente nostalgia, ma una riscrittura in ottica da terzo millennio del concetto di auto popolare. E se negli anni '50 la 2CV era indirizzata al pubblico rurale, oggi la Ami One Concept guarda ai cittadini. Al prossimo salone di Ginevra debutta così una vetturetta elettrica urbana che si guida senza patente ed è disponibile secondo una formula d'uso che comprende tanto l'acquisto quanto il noleggio e il car sharing. Le Ami One, infatti, sempre connesse e legate a una app specifica, saranno disponibili da 5 minuti a 5 ore con la struttura Free2Move di Citroën, che prevede l'apertura nei centri urbani dei Comptoirs Ami One, distributori automatici delle vetture utilizzabili anche per un test drive. Ma per chi vuole l'uso personalizzato c'è il noleggio breve di 5 giorni, uno di 5 mesi o uno a lungo termine di 5 anni, che comprende batteria, manutenzione e parcheggi compresi nel canone mensile. Realizzata per l'utilizzo prevalentemente urbano, Ami One è lunga solo 2,5 m e larga e alta 1,5, pesa 425 kg ed è dotata di batterie al litio che si ricaricano in 2 ore con un'autonomia di 100 km; raggiunge una V max di 45 km/h, dato che formalmente è un ciclomotore. In ottemperanza alla normativa in vigore dallo scorso 1° gennaio, Ami One produce un suono che è una sorta di chiacchiericcio maschile e femminile per far sì che se ne avverta la presenza. Le sue linee squadrate destinate a massimizzare lo spazio nell'abitacolo prevedono Airbump a protezione dei piccoli urti; in più l'auto ha il tetto apribile ed è stata realizzata una linea di accessori dedicati che vanno dalle borse di varie dimensioni a capi d'abbigliamento e gadget specifici. Dal vivo al salone.

18 febbraio 2019

Macan S, aggiornamento soft













La nuova Macan S mantiene gli stilemi e la politica di rinnovo nella tradizione Porsche, con l’aggiunta di luci a led (anche adattive a matrice in opzione) e di una striscia luminosa tridimensionale nella coda, oltre ai cerchi ora disponibili anche da 21 pollici con gli anteriori da 245/55 e i posteriori da 305/40. All’interno tutte le funzioni di infotainment del Porsche Communication Management sono gestite tramite lo schermo touch da 10,9 pollici; il sistema è connesso permanentemente al web, così la navigazione e le info sul traffico sono sempre in tempo reale. La Macan non adotta però il nuovo layout della 911 per i comandi e
mostra ancora una pletora di tasti sulla consolle centrale, soluzione
che richiede un minimo di apprendistato per non confondersi. I sistemi di assistenza sono stati aggiornati con l’introduzione del nuovo Traffic Jam Assist che aiuta a evitare gli ingorghi, mentre le ormai tradizionali assistenze alla traiettoria e gli avvisi anticollisione sono tutti implementati.



All’interno spiccano la cura dell’abitacolo, con i sedili ampiamente regolabili, e il volante sportivo GT uguale a quello della 911 (optional), con il selettore rotante della modalità di guida che fa parte del pacchetto a richiesta Sport Chrono. Lo spazio è buono davanti, ma assai meno dietro, specie in senso longitudinale; il comfort adatto anche a lunghi viaggi con il selettore su Normal, altrimenti le sospensioni si irrigidiscono.



Salgo sulla mia Macan S verde coleottero, uno dei quattro nuovi colori in gamma, e accendo il V6 da 354 CV e 480 Nm, che si sente appena. Il V6 turbo da 3 litri adotta la configurazione Central Turbo Layout,che prevede la sua collocazione al centro della V dei cilindri. Ciò riduce il percorso dei gas di scarico dai cilindri alla turbina e rende più immediata l’erogazione di potenza alla pressione dell’acceleratore. Sempre allo stesso scopo è stata adottata la struttura twin scroll, che sdoppia i condotti di adduzione alla chiocciola per accordarli agli scoppi delle bancate, sfruttando così anche le onde di pressione oltre al flusso dei gas di scarico per accelerare la girante. La potenza specifica è cresciuta da da 113 a 118 CV/litro.



La Macan è disponibile anche con un motore a quattro cilindri di 2
litri, che eroga 245 CV ed evita quindi l’applicazione del superbollo;
ha una coppia massima di 370 Nm e raggiunge i 225 km/h con un uno 0-100
in 6,5 secondi. La dotazione può essere equivalente a quella della
sorella maggiore ma il costo di gestione è assai più basso, anche se per
il peso della vettura il motore si mostra un po’ al limite; sarebbe
stato meglio adottare l’unità da 300 CV della Golf R, trattandosi di
disponibilità “in casa”. Ma immagino che poi il salto di meno 60 CV con
la S sarebbe stato troppo limitato. Tutto va comunque parametrato sui
criteri Porsche: se il paragone con il 3 litri è stridente, quello con
altre vetture di analoga cubatura e stile risulta invece del tutto
adeguato e più prestazionale, dato che anche con la “normale” Macan si
finisce per tenere con naturalezza in autostrada andature sopra i 180. 



Il percorso di prova si snoda attorno a Lisbona , in Portogallo, ma il traffico si dirada subito e presto si può spingere. Il 6 cilindri ha un’erogazione di coppia da Diesel, dato che la coppia massima è costante da 1.360 a 4.800 giri. E’ accoppiato al PDK a doppia frizione a 7 rapporti, che si aziona anche manualmente tramite le palette al volante; i passaggi di rapporto sono veloci ma non velocissimi e si evidenza presto un eccessivo salto di regime tra la seconda e la terza, così se vuoi andare forte in un bel misto (come viene naturale con una Porsche) ti trovi impiccato in alto oppure troppo basso di giri. Il motore è sì potente, ma non “cattivo” come ti aspetteresti da un’unità di Stoccarda e per ottenere il meglio è inutile spingere agli alti, meglio tenersi tra 4 e 5.000 giri. In Sport Plus il regime viene tenuto sempre tendenzialmente elevato, forse troppo per le caratteristiche del propulsore, che comunque non delude a forte andatura, anche se per raggiungere i 254 km/h indicati come velocità massima (che si toccano in quinta) occorre un lungo lancio. L’accelerazione è comunque notevole: i 100 orari si toccano in 5,1 secondi, ma solo con il pacchetto Sport Chrono.



L’auto è molto reattiva nei percorsi misti grazie all’ottimo comportamento delle sospensioni pneumatiche a controllo elettronico e si guida con naturalezza anche escludendo completamente il controllo di stabilità, con un comportamento prevedibile e sicuro. La ripartizione della trazione integrale varia con continuità, come si osserva dalla schermata selezionabile nel cruscotto, e collabora a mantenere sempre efficaci trazione e stabilità di marcia. Trattandosi di una Porsche, si finisce però per tenere con naturalezza medie molto elevate, ben coadiuvati dai freni perfettamente dosabili con il pedale duro e sensibile grazie al nuovo cinematismo di azionamento, ma pericolose… per la patente. Occhio quindi ai limiti, che si infrangono quasi senza volerlo. A voler fare i pignoli la tonalità del V6 è poco coinvolgente e fin troppo educata rispetto ad altri modelli del marchio, ma in compenso con la Macan S si può affrontare un moderato fuoristrada in tutta tranquillità, grazie alla modalità Off Road che adatta le caratteristiche della vettura allo scopo. Anche se il meglio si ottiene sull'asfalto.


12 febbraio 2019

L'India elettrica parte dal pubblico





Ci sono Paesi dei quali qui in Europa si percepiscono tradizioni e conservativismo, ma sfugge invece la spinta al cambiamento. E' il caso dell'India, che se da un lato è indubbiamente uno degli stati a più alta diffusione di motori a gasolio privi di dispositivi anti-inquinamento (scelti per il basso consumo), dall'altro prosegue sulla strada dell'elettrificazione, che per ora si concentra sul trasporto pubblico. In almeno quattro grandi città infatti, Delhi, Hyderabad, Sabarimala e Luknow sono stati inaugurati servizi di autobus a trazione elettrica. Il più recente è proprio quello di Luknow, che è ora dotata di 40 mezzi realizzata dalla Tata e di una stazione di ricarica veloce installata nel deposito. Gli autobus, denominati Ultra 9m AC Electric, hanno un'autonomia di 150 km e sono dotati di un pacco batterie litio-ione che prevede un sistema di raffreddamento a liquido capace di mantenerlo entro l'ottimale range di tempertura di funzionamento anche in clima tropicale. I veicoli sono dotati di climatizzazione e sospensioni ad aria e dispongono di un singolo motore elettrico capace di una potenza di picco di 333 CV e continua di 197. Tata ha già all'attivo contratti di fornitura per 255 autobus elettrici con sei compagnie di trasporto pubblico e sta sviluppando un minibus adatto al trasporto interurbano.

11 febbraio 2019

Ah, les français!





Una volta si diceva che quello che distingue l'uomo dagli animali è l'intelligenza. Una volta, perché oggi si può dire manchino i presupposti per una verifica sul campo. Traslando l'argomento nel nostro campo, quello delle quattro ruote, potremmo almeno tracciare una linea tra chi fa una castroneria colossale ma a seguito di verifiche e prove scientifiche si ravvede e chi invece prosegue sulla sua strada inossidabile a ogni critica, incurante di provocare disastri che peseranno per anni su economia e capacità produttiva. E se gli enti locali italiettani stanno sicuramente nella seconda categoria, i nostri nemici francesi (almeno secondo alcuni) hanno mostrato invece di appartenere al novero di chi usa il cervello e, se sbaglia, ci ripensa. Ecco dunque la marcia indietro di Parigi sul divieto di circolazione ai motori a gasolio, quantomeno per i più recenti Euro 6D TEMP, che il ministero dell'economia sta cercando addirittura di far classificare con il bollino viola, quello che secondo il Crit'Air, la recente normativa anti-inquinamento d'Oltralpe,  individua i veicoli meno inquinanti in assoluto dopo quelli elettrici. Una scelta dettata sia dall'evidenza scientifica dei fatti quanto dalla necessità di evitare tracolli a un'industria che coinvolge centinaia di migliaia di lavoratori, ma soprattutto guardando al futuro, dato che il motore Diesel è quello che produce meno CO2. Che dite, speriamo nel contagio transalpino?

La VW ID è in dirittura d'arrivo









VW va avanti con il rinnovo sostanziale della sua gamma e i primi modelli della nuova serie ID sono stati ufficialmente ripresi nel corso dei test stradali in corso in Sudafrica. Lo stile è quello della concept ID Neo del 2016 e la produzione dovrebbe iniziare nel corso del 2019. L'auto è più convenzionale del prototipo nelle scelte produttive, come confermato da specchietti e porte tradizionali, mentre le dimensioni sono grosso modo quelle di una Golf, ma con un'abitabilità maggiore dato il minor ingombro dell'unità motrice posta al retrotreno. VW prevede che il prezzo di mercato della ID sarà paragonabile a quello di una Golf  Diesel con equipaggiamento ricco, quindi attorno ai 33-35.000 euro.

Prima l'upgrade della standard



























Alla Toyota sono strani. Prima ci mettono anni per far debuttare un'auto sulla quale c'è attesa poi, praticamente prima che il modello sia in vendita, ne presentano l'upgrade. Parlo della Supra, della quale sono già in circolo le foto della versione TRD, la sigla del preparatore semi-ufficiale Usa che attualmente sta andando forte e lavora addirittura con Gazoo Racing, visto che è stata presentata una GR Supra Performance Line concept TRD. Le modifiche riguardano però soltanto aerodinamica e parti esterne, come si vede dall'ultima foto, mentre sul motore, quello BMW, non c'è nulla di diverso. Con ogni probabilità la Casa di Monaco non ha dato il permesso per le modifiche su una sua unità e soprattutto non intende concedere alla sorella in jont venture della Z4 la primogenitura che spetta alle M. Il risultato estetico della TRD comunque non è male; aspettiamo di vedere se questo modello arriverà anche in Europa, magari insieme alla vettura standard.

08 febbraio 2019

La prima volta di Seat





Poteva VW venir meno alla secolare politica di share dei modelli tra i diversi brand? Domanda retorica, perché anche nel passaggio alla mobilità elettrica la tradizionale politica commerciale teutone sarà mantenuta. Ne è prova la ventura auto elettrica di Seat, che debutterà prima del salone di Ginevra, reralizzata sulla scocca modulare MEB che in pratica è il clone spagnolo della ID Hatch di VW. Il range sarà di 500 km, lo stesso della/e sorella/e, e la vettura sembra precederà nel lancio la Mii elettrica che sinora pareva destinata a celebrare il battesimo a batteria di Seat. Seguirà in sequenza una Suv elettrica a dare maggior corpo alla nuova gamma del marchio.

Il rinnovo Subaru parte da Chicago

























Subaru lancia al salone di Chicago la nuova Legacy in versione berlina, che prelude alla Outback prossima ventura. Giunta alla settima generazione, la solida auto giapponese è costruita sulla recente piattaforma modulare sviluppata dalla Casa e gode negli States del successo per le doti di robustezza e affidabilità che in Europa è latente. Non ha certo un look che spakka, ma l'andamento delle linee è armonico e la lunghezza è aumentata, come l'abitabilità. Le maggiori novità sono però nell'abitacolo, con la plancia completamente ridisegnata con un monitor centrale touch da 11,6 pollici (opzionale, quello standard è da 7") posto in posizione verticale che riassume moltissime funzioni della vettura, tanto che patrecchi comandi sono di fatto spariti dalla plancia. Piena compatibilità con Apple CarPlay e Android auto, oltre alla consueta camionata di controlli e assistenze alla guida, capitanate dal sistema EyeSight a telecamere stereo, che in certe versioni include anche un riconoscimento visivo del conducente con l'automatica selezione delle sue preferenze. I motori disponibili sono due, riedizioni dell'inossidabile boxer nella versione di maggior cilindrata: un 2.5 aspirato da 185 CV a 5.800 giri e 239 Nm a 4.800 e un 2.4 turbo ottentuto riducendo la corsa del 2.5 a 86 mm che eroga 264 CV a 5.600 giri con coppia massima di 376 Nm costanti da 2.000 a 4.800 giri. Ovvia la presenza della trazione integrale, così come quella del cambio a variazione continua Lineatronic.

07 febbraio 2019

Squadra che vince non si cambia









Basta sostituire la parola auto a squadra e si ottiene il concetto alla base della rinnovata Audi TT RS, che compie 10 anni. Dal 2009 la potenza del suo 5 in linea di 2,5 litri è cresciuta da 340 agli attuali 400 CV, mentre la coppia ha raggiunto i 480 Nm. Per dovere di cronaca bisogna però dire che il tetto prestazionale è stato raggiunto già due anni fa, segno che l'evoluzione di questo propulsore è terminata. Valori comunque da V8, che determinano prestazioni da supercar: lo 0-100 si copre infatti in soli 3,7 s, mentre la velocità massima raggiunge i 280 km/h (sbloccaggio a pagamento). Audi ha aggiornato il modello con piccoli dettagli al frontale (splitter, caladra nera, fari led) e alla coda, con il nuovo alettone e l'estrattore sotto il paraurti. Un'auto bella da guidare, ma che rivela ormai tutta l'età di un progetto che, pur brillante, ha fatto il suo tempo. Speriamo che la sostituta, che prima o poi prenderà il suo posto, non sia l'ennesima elettrica più bella e più superba che pria.

Off road duro con le Sequoia TRD Pro









Che Toyota se la cavi bene con le fuoristrada è risaputo, in Africa è pieno di Land Cruiser ultradecennali che vanno ancora strabene. Dalle nostre parti le vere off road hanno perlopiù ceduto il passo a svariate tipologie di Suv che, rifinite elegantemente e piene di accessori costosi e delicati, non affronteranno mai un percorso meno che stradale. Negli Usa, invece, i grandi spazi chiedono ancora mezzi adatti a sentieri e piste e Toyota ha deciso di produrre versioni TRD Pro dei propri mezzi, adattate specificamente all'heavy duty. Così, dopo la Tundra, pickup molto apprezzato dagli yankee per la sua robustezza, al salone di Chicago debutta la Sequoia, grande fuoristrada con spazio per 7 a bordo. La chiave della trasformazione sta nelle sospensioni, dotate di ammorizzatori Fox che si induriscono proporzionalmente alle sollecitazioni, oltre a una serie di protezioni nel sottoscocca e nei punti soggetti a contatto con gli ostacoli. La sigla TRD non deve indurre a credere che sotto il cofano ci sia un Diesel (sta infatti per Toyota Racing Development): il motore è infatti il noto V8 a benzina da 5,7 litri con 386 CV e 544 Nm che agisce su un cambio automatico a 6 marce con trazione integrale, differenziale Torsen centrale e ridotte. La TRD è una sorta di Gazoo Racing a stelle e strisce che prepara sia fuoristrada sia auto da pista; forse ci sarebbe spazio anche in Europa per le sue elaborazioni.

06 febbraio 2019

Se fa freddo nella Model 3 non ci entri





Che le auto elettriche non amino il freddo è risaputo. Il problema riguarda più che altro gli accumulatori, le cui reazioni chimiche sono rallentate a bassa temperatura con la conseguente limitazione nella corrente erogata. Ma la recente ondata gelida nel Midwest statunitense ha messo in luce anche altri problemi sulle Tesla, in particolare sulla Model 3, questa volta però maggiormente legati ai meccanismi impiegati per azionare le diverse parti della vettura. E' il caso delle maniglie, che con il ghiaccio si bloccano e non rendono possibile l'accesso all'abitacolo. Il sistema richiede infatti la pressione su un lato dell'astina metallica per farla fuoriuscire ed esercitare così la forza necessaria all'apertura. Purtroppo il gelo blocca il meccanismo e parecchi possessori di Model 3 hanno twittato la loro frustrazione per un problema così banale ma sufficiente a impedire l'uso dell'auto. Ricordo poi che con il freddo intenso anche la carica si riduce di parecchio e quindi parimenti le autonomie, quindi le ricariche devono essere più frequenti ma, se effettuate all'aperto, meglio non del tipo ad alta intensità; quindi ulteriore problema per il maggior tempo richiesto. Certo fa pensare che in Norvegia, con un clima tutt'altro che amichevole, la mobilità sia sempre più elettrica. Certo però che dalle loro parti la corrente è fornita praticamente gratis e le auto sono preriscaldate mentre sono connesse. Con una popolazione di poco più di 5 milioni di abitanti, poi, le ricariche sono praticamente effettuate sempre dalle colonnine pubbliche, perché è piuttosto facile trovarne una libera. Cosa invece piuttosto difficile dalle nostre parti, dove bisogna fare i conti anche con le soste abusive da parte di auto normali.

La seconda Lagonda





A Ginevra il rinato marchio Lagonda, owned by Aston Martin, presenta il suo secondo modello: dopo la Vision dell'anno scorso ecco ora una Suv di segmento elevato che intende porsi a confronto con la Rolls Royce Cullinan. La struttura della nuova auto è strettamente collegata a quella della precedente berlina, che sfoggiava il massimo della tecnologia elettrica con ricarica ultrarapida wireless in soli 15 minuti (siii, cerrrto...) e autonomia di 644 km. L'auto avrà anche la possibilità di guida automatica a livello 4, mentre la potenza del motore non è stata divulgata. Dall'oscuro teaser si percepisce una certa aggressività stilistica con un look basso e acquattato per una all terrain, oltre alla presenza di telecamere al posto dei retrovisori esterni. Tra un mesetto dal vivo.

05 febbraio 2019

As time goes by...



















Ve lo ricordate lo Chevrolet Blazer? Era uno dei Suv più rappresentativi di quello stile americano tosto e massiccio, un veicolone che dava già nell'impatto visivo l'idea della sua inarrestabilità. Ma i tempi cambiano e, pare, anche i gusti degli automobilisti Usa. Così il Blazer 2019 è assolutamente irriconoscibile, sembra un qualunque Suv giapponese o coreano. Sì, certo, l'attitudine off road è stata parecchio calmierata nel corso degli anni a favore di comfort e spazio a bordo, ma a guardarlo sembra davvero che GM abbia perso lo spirito yankee senza trovare un rimpiazzo adeguato. Mutazioni epocali che lasciano solo presagire quello che sarà la GM dei prossimi anni, nel filone di quei cambiamenti ispirati da Mary Barra che tanto infastidiscono the donald.

Fatevi un giro sulla BT62







Che David Brabham abbia doti di costruttore che si rifanno al Dna del padre Jack era già assodato. La BT62 presentata l'anno scorso e omologata soltanto per l'uso su pista è infatti splendida e con tutti i numeri giusti per gratificare adeguatamente i 70 fortunati acquirenti che hanno sborsato (e sborseranno, visto che il target costruttivo non è ancora stato raggiunto) il milione e 300mila dollari (americani, non australiani) richiesti per l'acquisto. Ora però David ha ripensato alla scelta iniziale e omologato un kit che per 160.000 $ consente anche l'uso stradale della BT62, senza alcuna penalizzazione prestazionale. E per riaccendere i riflettori sulla sua ultrasportiva (che a dire il vero ha un frontale un po' Lambo, no?) ha chiesto a Luke Youlden, pilota del campionato Aussie Endurance, di fare un giretto sul circuito Mount Panorama a di Bathurst, New South Wales, Australia. Risultato, un tempo non ufficiale di 1:58:69, mica male se pensate che il record della pista è detenuto con 1:48:88 dalla McLaren MP3-23 di F1 del 2011. Beh il video è notevole e anche se c'è una lieve perdita di potenza dell'auto all'inizio la sensazione complessiva è decisamente racing. Come decisamente invidio i proprietari.

04 febbraio 2019

L'X-Trail lascia Sunderland





Il 29 marzo di avvicina e non sembra ci siano all'orizzonte soluzioni condivise per l'abbandono della UE da parte della Gran Bretagna. Allo stato l'alternativa è tra hard brexit e no deal brexit, a seconda di quale delle due parti farà la mossa più decisa verso il distacco; in entrambi i casi le ripercussioni saranno comunque pesanti, tanto da essere causa potenziale di fallimento per numerose società basate sull'isola. E' il caso di easyJet, che senza un accordo non potrebbe più volare sull'Europa, ma d'altro canto anche di tutte le compagnie continentali, che in assenza di accordi commerciali singoli (che richiedono comunque mesi di trattative) non potrebbero più operare. I primi concreti contraccolpi arrivano però dal mondo auto. Nissan ha deciso di riportare in Giappone la costruzione della X-Trail. Certo, un modello che vende meno di Juke, Qashqai e Leaf ancora prodotte a Sunderland, ma un segnale preciso per i governanti brit, che se non si danno una mossa rischieranno una migrazione tanto rapida quanto di massa delle diverse Case, unanimemente preoccupate per i quasi certi dazi e per le lungaggini doganali che diventerebbro di colpo quelle applicate ai paesi extracomunitari privi di accordi commerciali. C'è chi dice che il contraccolpo sarebbe pesante anche per la UE. Certo è possibile che singole aziende si trovino in serie difficoltà, ma nel numero e nella distribuzione delle stesse sul territorio europeo c'è anche la possibilità di trovare risorse alternative, cosa ovviamente impossibile per Albione, che se sperava in un sostegno Usa ha fatto un altro passo falso. Il 2019 inizia con grandi cambiamenti, ma speriamo che le frontiere restino aperte.

Per la TVR la Brexit sarebbe un bene





Costruire auto non è cosa da tutti, soprattutto guadagnandoci. Le stringenti regole che vincolano le Case sono infatti piuttostosto onerose, in particolare quelle stabilite dalla UE per le aziende partecipate dallo stato. A fine novembre TVR, il mitico marchio brit rinato a cura del magnate dei videogiochi Les Edgar dopo la chiusura del 2006, aveva annunciato un ritardo nell'allestimento della sede produttiva gallese, promettendo comunque (ipotizzando forse è più adatto) una startup a marzo 2019. La Brexit gioverebbe all'azienda, perché le regole interne della Gran Bretagna relative alla costruzione di auto sono piuttosto flessibili. Al contrario lo sono assai meno quelle della UE, tali da implicare una mole di documentazioni e omologazioni costose e difficili da ottenere, specie, come dicevo se le società sono partecipate. Nel caso specifico, il governo gallese, per incrementare lo sviluppo e l'occupazione ha acquisito una quota di TVR pari al 3% del capitale, con un esborso di circa 530.000 sterline. Ciò fa però formalmente della rinata azienda una società a partecipazione statale. E ha provocato un notevole ritardo nell'allestimento della produzione, che dev'essere prima autorizzata seguendo le regole UE. Attualmente le pratiche sono in corso e il mercato dovrà ancora attendere per gustarsi le prime Griffith, fermo restando il target di produzione attorno alle 2.000 auto all'anno. Ricordo che la Griffith è la prima auto realizzata in (piccola) serie secondo il sistema produttivo iStream in carbonio di Gordon Murray, sinora applicato solo a un prototipo Yamaha. Il peso poco sopra i 1.200 kg e il motore Ford V8 di 5 litri elaborato dalla Cosworth con potenza attorno ai 500 CV dovrebbero garantirle prestazioni adeguate alla fama del marchio.

01 febbraio 2019

Fiat lascia l'India





I nodi di FCA cominciano ad arrivare al pettine e il destino dei marchi del gruppo sui diversi mercati è oggetto di profonda revisione. E' il caso dell'India, sulla cui piazza il brand Fiat è presente con modelli derivati da Grande Punto e Linea, dove presto il marchio sarà ritirato in favore di quello Jeep. Le sei auto del brand ex-italiano attualmente in listino infatti hanno fatto registrare l'anno scorso i peggiori dati di vendita del mercato, mentre al contrario l'interesse per la Jeep Compass è in crescita. L'evoluzione delle norme anti-inquinamento è poi inesorabile anche nel Subcontinente e per adeguarsi a esse Fiat dovrebbe investire una cifra attorno a Rs 43.000 crore, pari a oltre 5 miliardi di euro, decisamente astronomica e non motivata dall'andamento economico attuale. Altro capitolo di entrate che va a esaurirsi riguarda la fornitura dei motori 1.3 Multijet a Maruti e Tata, che presto avrà termine sempre a causa delle nuove norme sull'ambiente, mentre esiste pure la necessità di disfarsi rapidamente dello stock di modelli privi di ABS, dato che dal prossimo 1° aprile anche in India ogni vettura che ne sia priva non potrà più essere immatricolata.

Il futuro delle Toyobaru









L'alleanza produttiva di Toyota e Subaru si estrinseca in un unico prodotto, quella GT86/BRZ che rappresenta per la prima una sportiva di media gamma e per la seconda l'unica coupé in listino. Il lancio della nuova Supra, però, prevista (per ora solo sul mercato giapponese) anche con un motore 2 litri, potrebbe far cambiare idea a Toyota, che secondo alcuni rumors, avrebbe in canna anche la riedizione di un'altro modello storico, la MR2. D'altro canto anche per Subaru si è parlato di una nuova sportiva a motore centrale, architettura che pensionerebbe di fatto scocca e sistema di trazione della BRZ. Il fatto che Toyota possieda l'8,7% del capitale azionario del marchio delle Pleiadi non ha comunque influenza sulle scelte tecnica della seconda, che si trova però nella condizione di dover rinnovare profondamente la propria gamma per ottemperare alle più recenti normative anti-inquinamento, introducendo unità motrici di nuova progettazione al posto delle attuali assai vetuste. Il paragone tra i due gruppi è d'altronde stridente, perché se il gigante jap è in grado di affrontare i grandi investimenti necessari alla messa in produzione di una nuova unità, Subaru, nonostante i buoni risultati sul mercato Usa, avrebbe certo maggiori difficoltà. La coupé duale resta quindi sul mercato solo e soltanto nell'attuale duplice ottica produttiva; se uno dei due molla anche l'altro dovrà chiudere la linea. Ne consegue che l'esistenza della vettura sia in bilico e il suo futuro dipenderà dalle scelte strategiche di questo inizio d'anno, anche perché i dati di vendita sono ben al di sotto della profittabilità per entrambi i marchi, comprendendo anche quello Usa Scion. In un mercato in generale contrazione, i modelli di nicchia vanno calibrati con attenzione evitando sovrapposizioni; il 2019 potrebbe segnare perciò il de profundis per una joint venture che non è mai andata oltre l'afflato iniziale. 

Solo inutili o anche pericolose?

I test di guida autonoma proseguono tra difficoltà tecniche, indagini, e trascurabile impatto economico. C'è da domandarsi se si tratti ...