Licenziamenti, tagli salariali e chiusura di tre stabilimenti. Una crisi epocale per Volkswagen, che mostra come le scelte sbagliate prima o poi presentino il conto.
Quella di VW degli ultimi 15 anni è una storia in cui il ripetersi di scelte strategiche sbagliate ha portato a una débacle di cui non si vede ancora la fine.
Agli inizi degli anni 2010 il gruppo decide di espandersi negli Usa e per farlo sceglie il grimaldello dei motori Diesel, settore nel quale è leader. Oltreatlantico si usa il gasolio solo per i truck; c'è dunque ampio spazio di colonizzazione poiché la maggior percorrenza assicurata dai Diesel è un forte atout in un mercato dove il commuting è preponderante, anche se spesso questo carburante costa più della benzina.
Nel 2015 scoppia però il Dieselgate e VW si ritrova con multe stratosferiche e una reputazione a zero; occorre un piano di uscita dalla crisi. Ed ecco che dal cappello esce il coniglio elettrico.
Già dagli anni '70 esisteva un centro di ricerca interno che aveva realizzato il Bulli T2; nel 1976 la prima Golf elettrica e nel 1981 la Golf I City-STROMer.
Il piano strategico era di creare una gamma completamente elettrica entro il primo quarto del nuovo secolo e lo spirito di conquista lo stesso dell'attacco agli Usa: cambiando completamente il sistema di propulsione si apriva anche in Europa, ma soprattutto in Cina, un mercato da colonizzare.
Per far ciò la leva politica è stata utilizzata ampiamente. L'ampia opera di lobbying ha portato l'intera nazione a fare una scelta univoca, basata su due di capisaldi, energia a basso costo grazie al gas russo e alla posizione dell'ex cancelliere Gehard Schröder a capo del consorzio NordStream e realizzazione di fabbriche in Cina per usufruire di quel mercato come fonte primaria di utili.
Ma la sottovalutazione della capacità cinese ha giocato un brutto tiro e oggi BYD vende più di VW, mentre in Europa il costo dell'energia ha messo fuori gioco molti attori.
Ed eccoci alla crisi odierna, che è dirompente nello scenario interno tedesco anche perché ha infranto il tabù dei licenziamenti; si parla di 15.000 persone; se consideriamo che in Germania la VW occupa circa 120.000 persone siamo a oltre il 10%. Così come sarà del 1o% il taglio degli stipendi, che unito al loro congelamento nel biennio 2025-26 porterà il calo complessivo al 18%. E poi tre stabilimenti su 10 a rischio chiusura, in particolare Osnabrück, e l'esternalizzazione di interi reparti a fornitori esterni o a impianti all'estero.
Un piano lacrime e sangue dunque. Beh, ora vedremo quanto e se pagherà anche chi ha fatto le scelte sbagliate o se la farà franca come sempre più spesso accade.
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