Nata nel 1970 con motore bicilindrico a 2 tempi di 360 cm3 da 25 cavalli, la LJ10, antesignana della stirpe, poteva portare i suoi 3 passeggeri ovunque, perché a quel tempo i Suv non esistevano e la piccola Suzuki era stata sviluppata come mezzo professionale, capace di affrontare ogni insidia dell’off road. Quarantotto anni dopo la nuova Jimny rinnova il concetto dell’intramontabile Suzukina, mantenendo intatte le caratteristiche che l’hanno resa famosa nel mondo e con uno stile che richiama proprio la LJ delle origini, particolarmente nel disegno del frontale.
I gruppi ottici circolari con gli indicatori di direzione separati, tutti collocati nella mascherina nera con le cinque barre, sono infatti una sorta di ritorno alle origini e la forma squadrata la rende simpatica e originale nella sua essenzialità. Disegnata in Giappone, la nuova Jimny ha un look che si rifà al suo Dna, la forma che segue la funzione. E’ quindi ancora una fuoristrada tosta, vera, ma piccola, la più piccola del mercato, senza compromessi, senza concorrenti. Essenziale non significa banale. I passaruota allargati e profondi, i paraurti neri resistenti alle abrasioni, le ampie porte squadrate (2 come sempre) e la ruota di scorta montata all’esterno sul portellone che si apre lateralmente le danno una connotazione unica e fuori tempo ma decisamente cool, un’auto che spakka anche (e forse soprattutto) per chi non ha alcuna intenzione di utilizzarla come 4x4 da lavoro.
Essenziale non vuol dire nemmeno povera: la dotazione di serie è quanto mai completa, la Jimny sarà venduta in una sola versione, la 1.5L AWD ALLGRIP GLX full optional a 22.500 €, con gli unici accessori a richiesta della trasmissione automatica, 1.500 € e della verniciatura bicolore, 400 €. Sono di serie le ruote in lega brunite da 15 pollici (molto belle), i cristalli posteriori oscurati, il climatizzatore automatico, il display in plancia da 7” per il sistema multimediale che comprende pure il navigatore e tutta la serie dei dispositivi di sicurezza techno delle vetture più moderne, dalla frenata anticollisione automatica al riconoscimento dei segnali stradali e agli abbaglianti automatici, dai sistemi di assistenza alla guida, ai dispositivi più utili su una off road come lo hill holder e lo hill descent, il primo che blocca l'auto per 7 secondi in salita e il secondo che limita la velocità di discesa a 10 km in 4WD high e a 5 km/h in 4WD low.
Il numero di posti a bordo, quattro, non è cambiato, così come il
faticoso accesso al divanetto posteriore, che avviene dal lato
passeggero con il sedile che si reclina e avanza, mentre dal lato
guidatore si ribalta solo lo schienale. Una volta seduti si sta
abbastanza comodi, ma a ridosso del lunotto. Il che, ça va sans dire,
corrisponde a un’altra delle storiche “mancanze” della Jimny: quella del
bagagliaio, il cui 85 litri sono sfruttabili solo nella parte bassa.
Sotto il cofano un 4 cilindri di 1.462 cm3 che eroga 102 Cv a 6.000 giri, con una coppia massima di 130 Nm a 4.000, non moltissimi sulla carta ma sufficienti a muovere agilmente la Jimny su strada, dove raggiunge i 145 km/h e fuori, dove la struttura meccanica a ponti rigidi la rende granitica e inarrestabile. La struttura, dicevo prima è tosta,: sotto la carrozzeria c’è ancora un telaio, che è stato irrobustito rispetto alla precedente versione con un rinforzo a X e due barre trasversali. Il motore è alloggiato longitudinalmente nel vano e fa uno strano effetto vederlo lì, un po’ nudo a fronte della “trasversalità” imperante nel mondo automotive. Ma così la trasmissione è tutta in linea e l’efficienza migliore, a partire dalla scatola di rinvio per la trazione anteriore inseribile azionata con una corta leva dietro quella del cambio a 5 marce. Fino a 100 km/h si può passare fluidamente da 2WD a 4WD; per inserire le ridotte occorre invece fermarsi a ruote diritte. Non ci sono blocchi dei differenziali, ma il controllo di trazione ne fa un po’ le veci, frenando la ruota che slitta per trasferire la coppia sull’altra.
Grazie agli angoli caratteristici molto favorevoli, quello di attacco è di 37°, quello di dosso di 28° e quello di uscita addirittura di 49°, La Jimny non teme nessun ostacolo e i ponti garantiscono la trazione anche sui passaggi più ostici, guadi compresi. Le sospensioni, inoltre, filtrano bene gli impatti tanto fuori che su strada, mentre lo sterzo dotato di ammortizzatore è stabile e ragionevolmente preciso, per la sua struttura a circolazione di sfere. Certo la Suzukina non è un mezzo da sparo ai semafori né da curve a manetta: le inevitabili oscillazioni causate dai ponti rigidi e il loro limitato controllo con il volante consigliano andature da buon padre di famiglia, ma la rumorosità contenuta e il buon comfort dei sedili consentono spostamenti ragionevolmente comodi.
Il posto guida è ben realizzato, con il volante centrale rispetto agli scuotimenti laterali in off road (si regola però solo in altezza) e il parabrezza tendenzialmente verticale che limita il passaggio diretto della luce solare. L'ergonomia è OK e posizione del volante e del cambio fanno un po' camioncino, ma molto cool, un'altro dei plus della Jimny, che non è fatta tanto per andare forte quanto per durare nel tempo. Si guida bene ma con calma, perché baricentro alto, ponti rigidi e i 195/80 sulle strade tortuose non sono il massimo quanto a precisione nelle traiettorie. In fuoristrada invece viene fuori il megli della Jimny, che grazie al passo corto, all'ottima motricità e alle ridotte affronta ogni asperità senza colpo ferire. Esattamente quello che ci si aspetta da un'auto destinata alle sfilate modaiole, no?
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