La ricarica è il problema principale delle Bev e il rapporto con la rete elettrica un ulteriore alea in prospettiva; uno sguardo agli Usa.
La ricarica a casa delle Bev è in Europa ancora poco diffusa per strutture urbanistiche, costi e difficoltà di connessione, mentre quella pubblica obbliga spesso a servitù imprevedibili che allungano a dismisura i tempi; non c’è poi una situazione omogenea nei vari Stati europei.
Vediamo allora come vanno le cose negli Usa, dove la pianificazione sul territorio ha usufruito di un sostegno di ben 7,5 miliardi di dollari.
Gli yankee sono gente pratica, quindi l’analisi parte dai costi. La rete elettrica Usa è a 120 V, ma con due fasi, quindi è disponibile per ogni punto di prelievo anche un’alimentazione a 240 V, impiegata in genere per condizionatori e asciugatrici. Anche là per ricaricare le batterie di un’auto occorre una wallbox, il cui costo va da 1.150 a 2.750 dollari, da 350 a 750 per il caricatore e da 800 a 2.000 per l’installazione. Alcuni potrebbero però ricevere un preventivo molto superiore nel caso di abitazioni vecchie con quadro elettrico obsoleto o da sostituire oppure se i cavi di servizio non sopportano l’amperaggio necessario, soprattutto se le linee sono interrate. Sostituire questi cavi potrebbe anche allungare la tempistica del progetto di diversi mesi e portare l’esborso fino a 10.000 $. Anche negli States alcune Case offrono una wallbox gratuita, ma la burocrazia esiste pure là e occorre attendere che la documentazione venga firmata per avviare il processo, oltre alla verifica che Stato, città o fornitore di energia offrano sconti, incentivi o crediti d'imposta.
Gli americani pagano la corrente meno di noi in rapporto alle loro entrate, quindi una fornitura da 9,6 kW è abbastanza comune (da noi è industriale), ma 11,5 kW sarebbero l’optimum, mentre il minimo è 7,2 kW. Con queste potenze installate si aggiungono circa 47 km di percorrenza all’ora per una crossover di medie dimensioni, o circa 29 km per una full size. Se il veicolo è regolarmente parcheggiato per otto o dodici ore in genere la ricarica è completa, anche perché raramente si carica da vuoto a pieno.
Ovviamente ci sono le colonnine pubbliche ad alta intensità (quando funzionano ed erogano davvero la potenza massima, problema comune anche negli Usa) e usare caricabatterie rapidi CC riduce i tempi di inattività; ma può costare tre volte più della ricarica domestica e non fa bene alla salute a lungo termine della batteria.
Oppure si può optare per l’installazione di un sistema autonomo a pannelli solari, ma il costo varia da 15.000 a 40.000 $. La ricarica casalinga di una Bev avviene principalmente di notte, quindi occorre necessariamente un sistema di accumulo, che sposta il costo verso l’estremo più alto.
Insomma anche negli Usa la ricarica è un problema ancora da risolvere, ma per una sorta di conformità generalizzata, molti della middle class hanno acquistato una Bev, alla quale abbinano comunque una vettura tradizionale per i viaggi. Più in generale, però, il fatto che Hertz abbia deciso di vendere suo parco auto Bev per tornare alle termiche la dice lunga.
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